Pregled bibliografske jedinice broj: 990107
Il mito dell'infanzia nel romanzo "Le redini bianche" di Pier Antonio Quarantotti Gambini
Il mito dell'infanzia nel romanzo "Le redini bianche" di Pier Antonio Quarantotti Gambini // Pier Antonio Quarantotti Gambini / Tremul, Maurizio ; Bertok, Andrej ; Costamagna, Barbara ; Vincoletto, Roberta (ur.).
Koper: Unione Italiana-Italijanska Unija, 2008. str. 23-36 (predavanje, međunarodna recenzija, cjeloviti rad (in extenso), znanstveni)
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Naslov
Il mito dell'infanzia nel romanzo "Le redini bianche" di Pier Antonio Quarantotti Gambini
(The myth of childhood in the novel "Le redini bianche" by Pier Antonio Quarantotti Gambini)
Autori
Deghenghi Olujić, Elis
Vrsta, podvrsta i kategorija rada
Radovi u zbornicima skupova, cjeloviti rad (in extenso), znanstveni
Izvornik
Pier Antonio Quarantotti Gambini
/ Tremul, Maurizio ; Bertok, Andrej ; Costamagna, Barbara ; Vincoletto, Roberta - Koper : Unione Italiana-Italijanska Unija, 2008, 23-36
ISBN
978-961-91318-3-1
Skup
Pier Antonio Quarantotti Gambini
Mjesto i datum
Koper, Slovenija, 22.02.2007
Vrsta sudjelovanja
Predavanje
Vrsta recenzije
Međunarodna recenzija
Ključne riječi
Pier Antonio Quarantotti Gambini, infanzia, romanzo, Capodistria
(Pier Antonio Quarantotti Gambini, childhood, novel, Koper)
Sažetak
L'infanzia è ad un tempo ciò che abbiamo di più personale e di più universale, di più infossato nella profondità dell'essere, eppure, in potenza, di più comunicabile. Di più personale, in base al luogo in cui si è cresciuti che non assomiglia a nessun altro, in base alla idiosincrasia che ci rivela la memoria involontaria, ai segreti della famiglia raccolti da un orecchio ancora innocente e decifrati solo più tardi. Di più universale perché, come sosteneva Giovanni Pascoli nella teoria del fanciullino, "[…] la sostanza psichica è uguale nei fanciulli di tutti i popoli. Un fanciullo è fanciullo allo stesso modo da per tutto" (Pensieri e discorsi). L'infanzia vissuta e ripensata è, al tempo stesso, conoscenza e nascita al mondo, chiave del destino e fonte di gioia e di estasi. Non stupisce pertanto che essa sia diventata nel tempo la principale fonte d'ispirazione di tanti narratori. Nella letteratura novecentesca italiana la visione dell'infanzia come stupore e sorpresa, sogno o delirio, fantasia o magia, ha ispirato poetiche varie ed originali come, ad esempio, il surrealismo onirico di Savinio o il realismo magico di Bontempelli, o ancora il crepuscolarismo e futurismo di Palazzeschi. Per Alvaro, Pavese e Vittorini il ricordo dell'infanzia fonda la nostra conoscenza del passato e dell'avvenire, procurandoci in ogni caso hic et nunc un incommensurabile momento di felicità e l'emozione di trascendere il tempo. Con il ciclo de Gli anni ciechi Pier Antonio Quarantotti Gambini ha dato un significativo contributo alla elaborazione letteraria del mito dell'infanzia, celebrata dall'autore istriano per il suo valore poetico e gnoseologico e per le sue risorse etiche. Nel ciclo lo scrittore pisinese ha evidenziato due aspetti fondamentali della sua arte: il cronotopo della città (Capodistria) e della terra delle sue origini (Istria) e il mito dell'infanzia, età aurea fondata sulla freschezza virginale delle prime scoperte del mondo, sulla facoltà di incantamento e meraviglia, sullo spirito d'avventura. Nei romanzi che costituiscono il ciclo lo scrittore adotta il punto di vista euristico. Il racconto è generalmente in terza persona perché il bambino protagonista, tenuto conto della sua giovane età, non può assumere la narrazione di tutta la storia. Gli si dà la parola, sia lapidariamente per alcune parole di bambino che possono essere meravigliose o terribili, poetiche o tragiche, sia in un monologo interiore che ci fa prender parte alle sue fantasticherie o alle sue "fantasie". Il narratore si sforza di riferire con un linguaggio adulto i gesti, i sentimenti, i pensieri del bambino. Nel contributo si pone particolarmente in evidenza come l'opera di Quarantotti Gambini sia testimonianza di quanto nella letteratura italiana il culto dell'infanzia sia stato, almeno fino alla fine degli anni Sessanta dello scorso secolo, una sorta di religione e che le poetiche fondate sul poeta et puer e sull'infanzia, ricordata o ripensata, ci abbiano donato dei veri capolavori.
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