ࡱ> bjbjAA.#y#yk %..RS<8o<7B"6666666,8{;L6u6"4A7"4"4"4:6"46"4"4"4p;f-@"46W707"4="4="4"4"4h66"47=. :   Cenni sulla produzione poetica istriota delle origini Nel lavoro vengono analizzate alcune composizioni poetiche (tre sonetti e due poemetti) in dialetto istrioto delle localit istriane di Dignano e Rovigno, risalenti alla seconda met del XIX secolo. Accanto alla traduzione dei testi, viene presentata unanalisi tematico-stilistica dei componimenti esaminati, con particolare attenzione allindagine intertestuale e allapproccio comparativo dei testi con la tradizione poetica italiana. Vengono messi in evidenza i nuclei ed i motivi tematici peculiari di tale produzione poetica, le scelte linguistiche operate dallautore, nonch i tratti stilistico-formali entro cui si danno le realizzazioni semantiche del testo considerato. Parole chiave: poesia, istrioto, analisi, sonetto, poemetto, religioso, burlesco. Lidioma istrioto era parlato un tempo sul territorio interessato dalla centuriazione dellex agro romano di Pola, che si estendeva dal Canal di Leme allArsa, e traeva direttamente origine, nel lessico e nella sintassi, dal latino volgare. Le prime testimonianze scritte e scientificamente documentate delle parlate istriote risalgono per solo al 1835, allorquando lerudito piemontese Giovenale Vegezzi-Ruscalla (1799-1885), grazie alla felice collaborazione del canonico di Barbana, Pietro Stancovich, raccolse le versioni della Parabola del Figliuol prodigo anche nelle versioni dialettali istriane, ovvero () in italiano volgare veneziano dellIstria meridionale, in dignanese, in vallese e rovignese () con lintenzione di pubblicare il materiale raccolto e contribuire cos allo sviluppo della dialettologia e della filologia italiana. Tralasciando in questa sede lanalisi delle trascrizioni della Parabola, prenderemo invece in esame tre sonetti che il nobile dignanese Giovanni Andrea dalla Zonca (1792-1857), collaboratore dello Stancovich, invi a questultimo assieme alla versione dignanese della Parabola nel 1835. Il primo sonetto di autore ignoto dal titolo Nel mentre, che v v de al nostro predicadr per z al so convento in Venezia ghe fem sto sonitto (Al nostro predicatore, nel giorno in cui si congeda da noi per far ritorno al suo convento a Venezia, dedichiamo questo sonetto) svolge il tema del ringraziamento dei dignanesi nei confronti del loro parroco in occasione della sua partenza da Dignano, che mand dal Signur / S sfadig per convertinde dutti / Dal pecc, che nd aveva fatti brutti (mandato dal Signore / Si impegnato a convertirci tutti / Dal peccato che ci aveva abbruttiti). Il sonetto rientra pertanto nellampio filone della poesia didattico-religiosa, ma qui da notare pure linteressante accenno al nostro parl del verso 6, dal quale possiamo leggere linteressamento dei Dignagnisi, ovvero dellautore del sonetto, per la parlata istriota di Dignano. Il componimento si struttura cos in due parti ben distinte: una prima, in cui attraverso le due quartine viene messa in rilevanza lespressione dialettale, nonch la volont esplicita dellautore di esprimere, proprio attraverso quella, il ringraziamento di tutti i suoi concittadini al Predicatore congedante; ed una seconda, che attraverso le quattro terzine svolge la lode del religioso. Possiamo rilevare inoltre la personificazione del diavolo al verso 18, rimasto a lavri sutti (a labbra asciutte) grazie alla benefica favella del sacerdote. Sul piano semantico il sonetto si realizza cos interamente nella contrapposizione tra il Bene e il Male, Signur / Djvo, conformemente ai canoni tematici della poesia religiosa, e della laude in particolare. A livello morfosintattico, poi, riscontriamo contaminazioni con la lingua letteraria, soprattutto nel caso delle geminate, che nei dialetti istrioti non trovano mai realizzazione, mentre abbondano nel Sonitto, segno, questo, che dietro la dicitura in calce I Dignanisi sia invece da intendersi il nome del nobile e dotto Giovanni Andrea dalla Zonca, o altri che come lui non fosse estraneo alla pratica delle lettere e alla composizione in versi. A ci rinvierebbe pure lorganizzazione metrico-formale del sonetto, composto da sei strofe, di cui due quartine e quattro terzine, e da versi endecasillabi e settenari, il che lavvicina, in ultima analisi, alla struttura della stanza di canzone. Nel mentre che v v de al nostro Predicadr per z al so Convento in Venezia ghe fem sto Sonitto Padre Predicadr nui vem sav Che a nom de doutti i vo port un libritto, E zura za savem quil che x scritto, Perch la spiegazion i vem sent. Ma la gran bella crianzia che i o b In dal nostro parl gniente i vo ditto, Proprio sta roba i la chiolm a pitto, E ve volem laud dal nostro mu. No seja per repuci, la vostra bs La nd tuc da bon, ma purass, Che dalla scur, la nd mand alla lus. Con quisto i ve fem donca un altro onur, Dal piun grando al mezn, fintal mor Zigando, evviva al bon Predicadur! Che mand dal Signur S sfadig per convertinde dutti Dal pecc, che nd aveva fatti brutti, E l Djvo a lavri sutti Xi rest, gran merc la so favella, Che nd misso in la cal piun dritta e bella. In santificato damur e reverenzia I DIGNAGNISI. Gli altri due sonetti, il Sonnitto sura un dagno de campagna (Sonetto su un danno di campagna), e In lauda de un Predicadur che jo fatto una Prediga sura al picc. Sonitto del Calonego (In lode di un predicatore che ha fatto unorazione sul peccato. Sonetto del Canonico) sono stati attribuiti entrambi a Martino Fioranti (1795-1856), dignanese, e f.f. di podest nel periodo compreso tra il 12 ottobre 1853 e il 21 giugno 1855. Nel primo dei due sonetti il discorso poetico si realizza attraverso un rapido e brioso dialogo tra lio narrante, il suo allocutore e i due protagonisti del dagno: Bara Mom e Bara Cul. Questultimo accusa lio narrante di falsa testimonianza in quanto avrebbe riferito al Mom di aver visto gli asini e le mucche del Cul arrecare danni nella sua (del Mom) campagna. Rispetto al tema encomiastico ed elevato del primo sonetto, qui lautore sviluppa quello del piccolo contenzioso tra contadini per un dagno de campagna, che si risolve, attraverso un crescendo ritmico e lessicale via via pi mosso e variopinto, in uningenua canzonatura, in un modo cio di raccontare in forma comico-burlesca e con protagonisti-macchiette il vissuto semplice e quotidiano di un mondo diverso, sentito quasi ai margini della vita sociale, quale poteva essere quello contadino del tempo. Ma il sonetto altres interessante in quanto la seconda quartina, ad una prima lettura, si presenta come un vero e proprio indovinello: In dialetto di Dignano del Sig. Martino Fioranti Sonnitto Sura un dagno de campagna Ven a, ven a, che te favelli un po, Zura de quil, che ti no se, de jeri: Donca mi zivi a pascol i sameri, E me vidi vign Bara Cul. Corpo de Bejo! el me dis: Bara Mom, Che j incontr a sun dei mei porteri, M deitto, che tei visto i me puleri Colle me vacche a dagniz in tel s. Vulla? Com? Mei no te cridi un djavo, Che lou coussei se servi del me non, E per sta roba no me rompi el cavo. Te lo far mantegnei, no soin buffon. Magari! magari pur! Te stimi bravo, Che l sentir da mei bella canzion. Per capire per, subito dopo, che il danneggiato sarebbe bara Mom, il delatore lautore del sonetto, mentre ad arrecare il danno sarebbe stato bara Cul, lasciando irresponsabilmente incustoditi gli animali durante il pascolo. Inoltre, diversamente dal primo sonetto che potremmo definire corale, qui lautore d voce di volta in volta ad uno dei personaggi, cambiando repentinamente la focalizzazione e presentando nella forma classica del sonetto un fatto ironico ed estemporaneo come quello del presunto danno delluno nei confronti dellaltro protagonista. Ancora: la perfetta realizzazione metrica, ABBA ABBA CDC DCD, suggerisce una preparazione in materia non marginale per cui, pur non disponendo che di pochi sonetti lasciatici dal Fioranti, potremmo dire che il bumbaro rappresenti una tra le voci pi autentiche nel quadro poetico istrioto delle origini, da collocare quindi intorno alla seconda met del XIX secolo. Nel secondo sonetto, In lauda de un predicadur, ritroviamo nuovamente largomento religioso, qui per tratteggiato con toni pi foschi e timorosi, a tratti quasi angoscianti: difatti, mentre nel primo sonetto prevaleva un tono di serena e pacata tranquillit, attraverso i versi di questa Lauda il poeta d invece voce ad un senso di cupa e affannosa inquietudine che esprime attingendo a termini che rinviano al campo semantico del male: pagura (paura), Djavo (Diavolo), rabbia (rabbia), brus (bruciare), infierno (inferno). In lauda de un Predicadur che jo fatto una Prediga sura al picc Sonitto del Calonego Compar Predigadr mi v seint Sura i piccadi ancui a predig, E cussi granda pagura i j chiap, Che l cur me batto in pitto che mai n pi. El Djavo four de Jesia i j occhi, Che stavo in sculto per sav de l Qui che disi, e rabbia an de jo b Tanta che un so pastir i go casc. Impena, che mei turni a casa meja, Curri butaimi a pei del confessour, E svoi el sacco, santula marja! E main pin voi picc, perch in etierno Delle robe del moundo per amour, I no vuoi z brusmi in dallinfierno. Il sonetto si iscrive cos, come gi quello della prima lauda, nel filone della produzione didattico-religiosa dambientazione popolare, caratterizzato da un registro stilistico basso, a tratti quasi spregiudicatamente ingenuo, con unelaborazione elementare dei nuclei tematici trattati, ma al contempo non priva di una nota ironico-giocosa dei concetti esposti (si veda, in particolare, la seconda quartina). Permane inoltre anche qui, quasi un controcanto a quella, una cura e unattenzione minuziosa allelaborazione metrico-formale del sonetto: la cadenza perfetta della rima, il ritmo austero dellendecasillabo cui si accompagna, lenjambement tra il settimo e lottavo verso. Ci conferma ancora una volta una perizia poetica non superficiale, ma maturata su una lettura e un colloquio con la poesia coltivati con interesse e gusto sincero per il verso scritto, per la sua sentita possibilit di farsi elegia, quasi, della quotidianit e del suo vissuto, anche di quello pi ambiguo e sfuggente, come lultramondano, qui felicemente riportato attraverso un gustoso alternarsi tra il serio e il faceto. E forte leco del De Babilonia civitate infernali di Giacomino da Verona, frate dellOrdine dei Minori, vissuto nel XIV secolo, e della sua turpitudine nella quale descrive quali e quante siano le pene peccatores puniantur incessanter. La citt scaligera, ma soprattutto Venezia e Padova ebbero nel corso del medioevo, e in seguito, continui e frequenti rapporti con lIstria. Rapporti proficui e stabili vi furono soprattutto in ambito ecclesiastico (accanto a quello economico, commerciale, culturale), con visite e permanenze, pi o meno lunghe, di religiosi, tra le varie abbazie e confraternite delluna e laltra sponda dellAdriatico. Particolarmente ben accolte furono, a Dignano, le visite dei frati cappuccini di Venezia, per cui, forse, il Predicadur dei sonetti potrebbe essere stato proprio un frate arrivato e fermatosi per un periodo a Dignano, come attestato, tra laltro, dal titolo stesso del primo sonetto. Come gi il primo sonetto, anche questo una lauda, ma mentre quello aveva un respiro corale (noi), qui lautore focalizza il discorso poetico su se stesso. A emergere lio turbato del poeta, angosciato dopo la rivelazione avuta dal predicatore sulla natura e i tormenti dellinferno. E come gi nelle laudi medievali e negli exempla, anche qui il predicatore per indurre il credente a fuggire il peccato non esita a dipingergli linferno in termini tali da suscitare in quello raccapriccio e un senso di profondo rammarico e pentimento, unito ad un fermo proposito di non peccare pi, per non finire bruciato in dallinfierno. Scriveva a proposito, per esempio, Giacomino da Verona: Staganto en quel tormento, sovra ge ven un cogo, o Balab, de li peor del logo, ke lo meto a rostir, comun bel porco, al fogo, en un gran spe de fer per farlo tosto cosro. Da una prospettiva psicanalitica potremmo dire che il prete ha riportato in superficie linconscio rimosso dellio poetico, le paure, le ossessioni, i sensi di colpa, tant che subito dopo la sofferenza: () cussi granda pagura i j chiap / che l cur me batto in pitto che mai n pi ( () una tale paura mi son preso, / che il cuore mi batte in petto come mai prima) subentra la necessit di espiazione: Impena, che mai turni a casa meja, / curri butaimi a pei del confessour () // E mai piun voi picc, perch in etierno / () i no vuoi z brusmi in dallinfierno (Appena ritorno a casa mia, / corro a gettarmi ai piedi del confessore () // E mai pi voglio peccare, perch in eterno / () non voglio bruciare allinferno). Possiamo pertanto notare, anche da questi pochi versi considerati, la vicinanza tematica tra il Nostro e la poesia italiana delle origini, in particolare con la tradizione didattico-religiosa dellItalia settentrionale. Nel 1846 Pietro Kandler pubblicava, sulla rivista lIstria, un poemetto in ottava rima dal suggestivo titolo Il mendicante damore. Scritto nel 1843 da autore ignoto ma che si cela forse dietro lo pseudonimo col quale si presenta nel poemetto, cio Andria Uorgani, narra lo struggimento e le pene damore del poeta-mendicante nei confronti della bella Gudenscia, () Parch x tanta la s gran baljssa / Che la f namur i piani e i monti () ( () Perch tanta la sua gran bellezza / Che fa innamorare i piani e i monti () ), ma che, in modo non dissimile dalla donna crudele delle rime petrose di Dante, si dimostra invece spietata: () cateiva cn meio chi nn puoi dei / La me v cunsumando douto quanto / Nchin che gninte de meio nn restar () ( () cattiva con me da non poterlo dire / Mi va consumando tutto quanto / Fintanto che niente rester di me () ), nonch insensibile alla sofferenza dellamante: () Nn essi pin cun meio cousseio spiatda, / Nn me fa veivi pin n malincuneia () Nn me fa muori cousseio da despar () ( () Non esser pi con me cos spietata, / Non farmi pi vivere nella malinconia () Non farmi morire dalla disperazione () ). La narrazione poi (parziale nel Kandler) evolve in toni pi distesi e pacati, in sintonia con unelaborazione poetica pi decisamente gentile e, al contempo, pragmatica e vicina al vissuto quotidiano e popolare: () Donca fa cor: e dme un altro baz, / Vuojame ben, e meti l cor in paz () ( () Suvvia, sii gentile: e dammi un altro bacio, / Amami, e metti il cuore in pace () ), non senza rivisitare per, seppure solo fuggevolmente, uno dei motivi tipici della poesia di antica tradizione provenzale: la personificazione di un aspetto della natura, ovvero il nesso tra il fiorire della natura e lesperienza amorosa, cos ricorrente nei poeti del fin amor, da Guglielmo dAquitania a Bernart de Ventadorn, e ripresa poi da tutta la tradizione poetica italiana, da Petrarca ai lirici petrarchisti del Quattrocento e del Cinquecento, per cui la donna amata diventa il centro (il nido) - anche nel Nostro - intorno al quale convergono tutti gli innamorati: () cum i usi chi zjra inturni neidi / Cousseio nturno ta ven chi che te dra () ( () Come gli uccelli che girano intorno ai nidi / Cos intorno a te girano quelli che ti adorano () ) . Nella sua realizzazione metrica, il poemetto si compone di strofe di endecasillabi rimati secondo lo schema: ABABABCC, accostandosi cos a quel genere letterario marginale della produzione poetica popolare dello strambotto, che sar poi ripreso e rivalutato nellOttocento da Carducci e da Pascoli, e cui attingeranno, successivamente, numerosi poeti dialettali minori, affidando a quel metro e a quei toni emozioni e pulsioni universali, tradotte per in uno stile piano e lineare, di immediata ricezione ed interpretazione. Nel luglio del 1872 il rovignese Pietro Angelini componeva nella sua citt il poemetto in quartine I lamenti de Fimjta incontro a Pjiro su murus (I lamenti di Fiammetta nei confronti di Piero suo fidanzato) con il seguito, scritto dieci anni dopo, Duj anni despoj el matrimonio (Due anni dopo il matrimonio). Lopera gode di particolare importanza in quanto rappresenta la prima opera letteraria dautore (dopo la dubbia attribuzione del Mendicante damore ad Andria Uorgani) in dialetto istrioto rovignese. Nato a Rovigno il 12 novembre 1819 da Giacomo e da Anna Volpi, Pietro apparteneva allillustre famiglia degli Angelini, giunta a Rovigno da Venezia nella seconda met del Seicento e che nellarco di due secoli e mezzo diede alla citt numerosi giureconsulti, cronisti, letterati e uomini di cultura. Nel poemetto, lautore, in quartine variamente rimate, narra con linguaggio allegro e mordace per bocca di Fimjta, linnamoramento dei due giovani protagonisti, Fiammetta e Pjiro, il corteggiamento della ragazza da parte del giovane, i momenti di ingenua civetteria della ragazza per conquistarsi la simpatia di Piero, fino alla viva espressione di contentezza per limminente matrimonio con cui si chiude la prima parte del poemetto. Accanto a Fiammetta lAngelini fa parlare pure la madre della ragazza, sviluppando cos, in un lungo inciso, oltre al tema principale dellinnamoramento, pure quello memorialistico-evocativo, riportando personaggi storici e fatti realmente accaduti. Lopera rientra quindi nel filone dei poemetti comico-giocosi, dimpostazione fortemente realistica le cui origini, nella letteratura italiana, risalgono alla produzione due-trecentesca dei toscani Rustico di Filippo, Cecco Angiolieri, per proseguire poi con i cosiddetti antipetrarchisti dei secoli XV e XVI. Diversamente, per, da quanto accadeva nei sonetti dei toscani, il poemetto dellAngelini, realizzato tutto su un unico piano del discorso (a parlare prevalentemente la donna), scardina e rovescia quello che era il tpos della poesia burlesca medievale, cio linvettiva delluomo nei confronti della moglie. Qui, a lamentarsi la donna, mai per con un linguaggio ingiurioso ed improprio, il suo, al pi, un legittimo sfogo, unesternazione autentica ma sempre misurata delle angustie e delle afflizioni in cui, a causa della scelta compiuta in giovent, ora si trova costretta a vivere. per nella seconda parte de poemetto che il lettore viene di fatto a conoscenza dei lamenti di Fiammetta in seguito al matrimonio con Piero: () Ah! Femja grama, che suorto che tj b, / A maridte cun quil ruvo malvign, / Ingerm dun damognio e cor de can! () ( () Ah! Eufemia che sorte hai avuto, / Sposarti con quel torso maledetto, / Generato da un demonio e cuor di cane! () ), e della sua triste trasformazione da giovane di buona famiglia in ubriacone e perdigiorno. Con linguaggio brioso ed espressivo infatti, lAngelini dipinge un vivacissimo quadro naf di vita coniugale, non scevro per di un tono drammatico dato alla vicenda dalla tragica quanto inaspettata morte di Piero in conclusione del poemetto. Ma lopera certamente ancor pi interessante per gli spunti di pensiero che sono spia di quellideologia borghese di impronta progressista, peculiare della citt di Rovigno, e cui, possiamo supporre, non era estraneo lo stesso autore quando fa riflettere la protagonista sulla propria condizione esistenziale in termini che, rielaborati, sarebbero stati fatti propri, pi tardi, dal pensiero femminista. Ma nel poemetto dellAngelini troviamo qualcosa di ancor pi sorprendente: laccenno alla fecondazione artificiale e la speranza espressa da Fiammetta che questo davvero un giorno possa diventare realt! Infatti, lamentandosi della propria triste condizione e rivolgendosi al bambino, Fiammetta dice: Ah! si visso pussi avite b, sine mar... () cul schissito, / Empiele!...Magari se pudisso!... / // () Ma sti omi / Sinziati, nu puderao studi e truv, / de f nassi fioj sansa el marid () (Ah! se avessi potuto averti senza marito! / con la siringhetta, / Renderle pregne! Magari si potesse! / // () Ma questi uomini / Scienziati, non potrebbero studiare e scoprire, / come far nascere i figli senza maritarsi () ) . Il discorso, molto pi animato in questa seconda parte per il maggior numero di dialoghi (tra Fiammetta e Piero, questultimo e gli amici, il Commissario e Fiammetta), ricco inoltre di numerosi vocaboli istrioti che gi allepoca lautore riteneva ormai desueti, porta gradualmente il lettore, in un crescendo di azioni brevi e repentine, colorite da un linguaggio basso e colloquiale ed una sintassi irregolare e libera, fino al clou dellazione drammatica, cio laccoltellamento di Piero. Inoltre, accanto al carattere crudamente realistico e burlesco, si innesta, nella parte conclusiva della composizione (le ultime cinque quartine), una curiosa appendice gnomico-didattica dinsegnamento pratico alla vita, che possiamo leggere forse come spia di una rigorosa educazione ricevuta dal padre, l I. R. Commissario distrettuale di Rovigno, dott. Giacomo Angelini, ma anche della stessa formazione matura dellautore, vicino come fu, nel suo percorso professionale, alla carriera e alla vita militare. Riassunto Il presente lavoro rappresenta un estratto della prima parte di una pi ampia ricerca che tratter la produzione poetica in istrioto a partire dai primi rinvenimenti scritti, risalenti al 1835, per arrivare, attraverso unanalisi diacronica delle opere, alla situazione attuale di tale poesia. Larea dinteresse della ricerca comprende pertanto lIstria sud-occidentale, ovvero le sei localit dove ancora possibile sentir parlare dagli abitanti nativi una particolare variante dellantico idioma istrioto: Rovigno, Valle, Dignano, Gallesano, Fasana e Sissano. Rovigno e Dignano rappresentano i due principali centri di fioritura di poesia istriota; qui, infatti, troviamo il maggior numero di poeti che si sono espressi in questo vernacolo in passato, ed altri che continuano ancora oggi a coltivarlo quale mezzo di rivelazione poetica. Nel presente saggio sono stati presi in considerazione due poemetti, in ottave e in quartine, rispettivamente dei rovignesi, Andria Uorgani (sin.) e Pietro Angelini, nonch tre sonetti, dei dignanesi, Giovanni Andrea dalla Zonca e Martino Fioranti. Nellapproccio comparativo dellanalisi testuale, si data particolare attenzione, accanto allindagine intratestuale, alla contestualizzazione storico-culturale di ogni singolo testo, tentando di porlo in relazione e di confrontarlo con altri testi che sviluppano simili tematiche, scritti da altri autori in altre epoche (in particolare il Trecento italiano), ma anche di attualizzarlo quando il tema in esso trattato o un motivo particolare (vedi quello della fecondazione artificiale) poteva essere riportato a momenti o a questioni di attualit. Per il reperimento dei testi si consultata la Biblioteca universitaria di Pola e la Biblioteca Stancovichiana del Museo Civico di Rovigno, dove si trovano custoditi i testi poetici originali sopra esaminati, ad eccezione del Mendicante damore per cui si consultata l Istria del Kandler. Nel corso della ricerca ci si resi conto del campo ancora vasto che allindagine scientifico-letteraria pu venire offerto dallo studio sulla produzione poetica istriota delle origini. Una produzione, questa, per molti aspetti tuttora poco conosciuta, verso cui indirizzare quindi nuove future ricerche, al fine di approfondirla e adeguatamente valorizzarla allinterno del pi ampio contesto letterario istriano nei suoi rapporti con le letterature contermini, trascorse e coeve. Sa~etak Ovaj rad je izvadak iz prvog dijela mnogo aireg istra~ivanja koji e obraivati upravo pjesni ko stvaralaatvo na istriotskom narje ju od prvih pisanih pronalazaka, koji se~u iz 1835.g., kako bi se kroz prostorno-vremensku analizu djela doalo do sadaanje situacije u kojoj se ovo pjesniatvo nalazi. Podru je interesa ovog istra~ivanja obuhvaa, dakle, jugozapadnu Istru, preciznije aest lokaliteta na kojima se joa danas od autohtonog stanovniatva mo~e uti ovaj govor na drevnom istriotskom narje ju: Rovinj, Bale, Vodnjan, Gali~ana, Fa~ana i `iaan. Rovinj i Vodnjan predstavljaju dva glavna centra procvata istriotskog pjesniatva; naime, ovdje emo pronai najvei broj pjesnika koji su nekada pisali ovim narje jem, kao i one koji ga joa i danas njeguju i koriste kao izraz svog pjesni kog stvaralaatva. U ovoj studiji su analizirana dva kratka spjeva, pisana u osmercu odnosno etvercu, Rovinjaca Andrie Uorgania (pseud.) i Pietra Angelinia, kao i tri soneta iji su autori Vodnjanci Giovanni Andrea dalla Zonca i Martino Fioranti. U komparativnom pristupu analizi teksta, posebna pa~nja je usmjerena, ne samo usporednoj analizi, ve i sagledavanju povijesno-kulturalnog konteksta svakog pojedinog djela, u cilju povezivanja i usporedbe s drugim tekstovima sli ne tematike, drugih autora iz razli itih epoha (posebice talijanskog Trecenta), ili ak u njegovom sagledavanju u sadaanjoj perspektivi kada se obraena tema ili pojedini motiv (vidi motiv o umjetnoj oplodnji) mogao pripisati aktualnom trenutku. Tijekom rada se koristila graa Sveu iliane knji~nice u Puli i knji~ni fond Stancovichiane Zavi ajnog muzeja Grada Rovinja u kojima se uvaju originalni primjerci gore navedenih pjesama, dok se za stancu Ljubavni prosjak (Mendicante d'amore) koristila Kandlerova Istria. Rad na ovom projektu je pokazao da joa uvijek postoji airoko podru je za znanstveno-knji~evno istra~ivanje pjesni kog stvaralaatva na istriotskom narje ju. Radi se o stvaralaatvu o kojem se, s mnogo aspekata joa uvijek jako malo zna, te koje stoga treba dodatno prou avati kako bi se produbila znanja i kako bi ono dobilo zaslu~enu vrijednost unutar aireg istarskog knji~evnog konteksta u odnosu na sli nu knji~evnost, nekad i danas. Sandro Cergna Dipartimento di studi in lingua italiana Bibliografia Angelini, Pietro, I lamenti de Fimjta incontro a Pjiro su murus Duj anni despoj el matrimognio, Rovigno, 18822. Kandler, Pietro (a cura di), Saggio di dialetto rovignese, in LIstria, vol. I, Trieste, 1846. Grosser, Hermann Guglielmino, Salvatore, Il sistema letterario, Principato, Milano 2000. Rismondo, Domenico, Dignano dIstria nei ricordi, Societ Tipografica Editrice, Bagnacavallo 1937. Salvioni, Carlo Vidossich, Giuseppe, La parabola del Figliuol prodigo, in Archeografo Triestino, vol. VIII, III serie, anno XXXVI, Trieste 1919. .  Carlo Salvioni e Giuseppe Vidossich, La parabola del Figliuol prodigo, in Archeografo Triestino, vol. VIII, III serie, anno XXXVI, Trieste 1919, p. 9.  Al nostro predicatore, nel giorno in cui si congeda da noi per far ritorno al suo convento a Venezia, dedichiamo questo sonetto. // Padre predicatore abbiamo saputo / Che a nome di tutti vi hanno portato un libretto, / E gi sappiamo cosa ci sta scritto, / Perch conosciamo la spiegazione. // Ma per la gran cortesia che hanno avuto / nel nostro parlare niente vi hanno detto, / Proprio questo ci sta a cuore, / e vogliamo lodarvi a modo nostro. // Non per lusingarvi, la vostra voce / ci ha toccato veramente, ma assai, / Che dalloscurit, ci ha portati alla luce. // Con questo vi facciamo dunque un altro onore, / Dal pi grande al mezzano, fino al ragazzo / Gridando, viva il buon Predicatore. // Che mandato dal Signore / Si impegnato a convertirci tutti / Dal peccato che ci aveva abbruttiti, / E il Diavolo a labbra asciutte / rimasto, grazie alla sua favella, / Che ci ha messo sulla strada pi dritta e bella. // Quale atto damore e di rispetto // I Dignanesi.  V. Domenico Rismondo, Dignano dIstria nei ricordi, Societ Tipografica Editrice, Bagnacavallo 1937, p. 101.  %\! # E S u  p   Y Z [ \ ] b y  T = I X w  +о؎hh9?h9?6]h9?h-[6]h9?h9?6h9?h&U'6h-[h&U']h9?h&U'6]h]hh-[hIh&U'hMhhh>h2h\h',hDhKE8[\  [ \ ] c BCh $da$gddgd', $da$gd\ $da$gd',+,- (2JPQRVW]hijwTy-7:LƿѸ媥աᡜᡑՍ݄hz E hoom6hoomhVa haJhaJ haJ6haJ h[c6 h]h[c h]h] h]h4 h]hdh4h]B*phh]hdhhh]h[ch&hhKSjhKS0JU2'(?ABCm-;ZcdlKLeklMX]g~PBC8HIͼ޸ h%n6htOMhMX6 h=z6htOMhV6hVh#}htOM h 6h',h hoomh] h(6h(hhdhn`z hz E6hz Ehdhz E6>HIr6Z/07""""#?#i#j## $da$gd',-./167<Vx4JLW_`lmnR]  ¾¹¹ǾǾ˥}h?]h(1 h(16 h6hho.jhE^0JUhihwhpnhh{vgh3U h{vg6h@n h@n6hhtOMhtOMh6htOMhV6 hKShMXjhKS0J6U h=z6htOMhMX61 - 2 P T !S!T!u!!!!)"."/">"Z"""""""#?#O#i#j########$0$1$K$r$s$t$$$$$$$$$$$"%9%:%\%]%^%j%v%w%}%B&a&ĽĹĽĽȴİĽĽȴĬߴhZh q h}$6h .n h"h?]h" h?]6 h .n6h}$h}$6 hpD/6h}$hpD/htOMh>Nh?]hi h(16h(1A##1$s$t$$$:%w%x%%%%%&=&d&e& *, ,c,,,,,'-(-L- $da$gd',a&b&d&e&h&t&u&&&&&&&&&&&&&&&','5'G'H'I'(T)U)c))* **#***+*<*************ƾƪ㦢hBQ]hpD/hE huH76 hY6h}$h=zhYh>Nhih]h96hZh]hZ6h]hn6h]h]6 h]6h]hnhuH7htOMh9h}$h}$6 h}$6jhE^0J6U2*++'+/+0+4+5+?+B+H+I+a+~+++++++++++++ ,,, ,<,G,,,1--............../ /!/"/3/Q/Z/|/}/////˭⥡⡥h]htheh}$h0&h0&6jhE^0J6U h{vg6 h6 h0&6 h`6h0& hbE6h}hbE huH76 hE6hpD/hEhP80hBQ]>L-o------. .I.j....H9I9S999:>:@:> >\I_KR^^ $da$gd',////////04060<0D0N0n000011$1%1F1J1x111110282L22222223 3 3%3&3h3q33333354?4555%5&5'5<5K5T55555ؽԴԴдЭдЩЩ h}6h} h}h}hv% hv%6 h 6 hTEh4 hTEh4h4hh h]h4hTEhuH7h#lhbEhthpD/he@5666666767L7d7y7777778 9999#9a9;:<:=:>:?:@:B:p::::::::;;-;0;2;3;b;c;h;k;p;v;;;;;νֽ֛֛֛֟֟֟h.]hP hZ6 hs6hD[hZ hths hh h6 h{h{h ht6htht6hthEhshBQ]hqThbEh#lh]jhE^0JUh{h}6;$<'<V<Y<Z<[<<<<<"==>> > >>>*>6>E>F>G>L>M>N>k>u>>>>>>r?{?????????@@ @%@'@(@M@Z@g@n@@ AAAAAAŻҴҴҴꪦҴҴҴҙh: hmH*hmhE^jhE^0JU h&U'6]huH7h46] huH76huH7hjh&U'h{h4hh.]hPhD[ hD[6 hD[hP hP6D?D@DADBDOEWEEF6F:FhFFFFFFFFFF!G#G$G%G?GBGGGHGOH|HJÿ h?0]h.]h4jh>|0JUh>|hKSh&U'B*phhl'hZ hH*h:hKSjhE^0JU h&U'6]h&U'hjhD[B>JYJZJmJwJJK*K.K^KdKKKxLLLM=MBMBNVNNNNN,OLOpOOOOOO,PrPsPPPPPLQRQRRRRRR!S)S_SSSSSS/TMTRTSTTTUUV#V;V@VW$W7W8WaWjWmWsWտjh>|0JUh&h~hTEh?0h4hjhD[ h?0] h?06] h&U'6]h&U'h.]KsWvWWWXgXiXXXXX(Y,Y-Y/YZZZZZ\\^T^^^____`8`````aaaaab$bIbJbZbwbbbbbbbb cccc"d#d)d1d6d9d:dXddӿӿӿӿhKEh$whZ&hZ&6hZ&hNy5h.hwT/hTEhZ"h>|h\hhD[jh>|0JUh?0 h&U'6]h~h&h&U'B^^S^T^gg0h2hyyyyyzVzWzzz{w{{5| $da$gdd $da$gdDmadgdDmagd'. $da$gd'. $da$gd\ $da$gd',ddd~eeeeeeeeMfXffffgJgKggghhh0h2hfhhhjj l,l0l8l|mHsHh'.mHsHhUh'.mHsHh'.hwT/h]h9yhNy5 hKE6hKEh}Zh$whz8tttRunuuuuuv(vyyyyyyyzzzUzzzz{{{{{0{2{⩞|xtxpie`pYTp hDma] h| hDma hDmaH*hd hDma6]hDmahl'h'.h\h.ht_Vh'.ht_VmHsHh'.h$wmHsHh'.h}ZmHsHh'.h'.mHsHhUh'.mHsHhMh'.6mHsHh ;h'.6mHsHh w!h'.mHsHh'.mHsHhh'.6mHsHh'.6mHsH2{N{w{{{{{|4|5|6|@|F|G|R|[|\|l|m|||||||| }}}s}t}u}}}KLMdz|ǽϲxxh qhE^CJaJhE^CJaJh .nhE^CJaJU hE^6jhE^0JU haJhE^hE^ hKS6]hKSjhKS0JUhrh&U' h9?6] h'.6] hd6]h'. hd6hdhDma hDma] hDma6/5|6||||q}s}IJLڶܶ)gdE^$a$gdE^gdE^$a$gdE^$a$gdKSdgd',dgd'.gd'.In dialetto di Dignano del Sig. Martino Fioranti / Sonetto / Su di un danno di campagna // Vieni qua, vieni qua, che ti parlo un po, / Di quello, che tu non sai, di ieri: / Dunque io portavo al pascolo i somari, / E mi vedo arrivare Barba Cul. / Corpo di Bacco! mi dice: Barba Mom, / Che ho incontrato qua sopra i miei recinti, / Mi ha detto che tu hai visto i miei asini / Con le mie mucche far danno nel suo podere. // - Dove? Come? Non ti credo un accidente / Che lui abusi cos del mio nome, / E per questa cosa non mi preoccupo . - // - Te lo ricorderai, non sono uno sciocco. / - Magari, magari pure ti stimo bravo / Che sentir da me una bella strigliata.  In lode di un predicatore che ha fatto unorazione sul peccato. Sonetto del Canonico. // Compare Predicatore io vi ho sentito / Predicare oggi sul peccato, / E una tale paura mi son preso, / che il cuore mi batte in petto come mai prima. // Il Diavolo fuori di chiesa ho scorto, / Stavo attento per sapere, / Cosa dicesse, e tale era la sua rabbia / Che un corno gli caduto. // Appena ritorno a casa mia, / Corro a gettarmi ai piedi del confessore, / E vuoto il sacco, madrina maria! // E mai pi voglio peccare, perch in eterno / Per godere delle cose del mondo, / Non voglio bruciare allinferno.  La giustificata ipotesi ci fu suggerita dal parroco di Dignano, don Marjan Jeleni durante un intervista effettuata il 12 marzo 2010.   Stando in quel tormento, gli sopravviene un cuoco, / cio Belzeb, fra i peggiori di quel luogo, / che lo mette ad arrostire, come un bel porco, al fuoco, / su un grande spiedo di ferro per farlo presto cuocere, in Salvatore Guglielmino Hermann Grosser, Il sistema letterario, Principato, Milano 2000, p. 439.  Pietro Kandler (a cura di), Saggio di dialetto rovignese, in LIstria, vol. I, Trieste, 1846, p. 17.  Ibidem, p. 19.  Ibidem, p. 20.  Ibidem, p. 18.  Pietro Angelini, I lamenti de Fimjta incontro a Pjiro su murus Duj anni despoj el matrimognio, Rovigno, 1882,2, p. 1.  Ibidem, pp. 6-8.     PAGE  PAGE 1 |ܶ޶rȸʸ)*:;KL^ƹǹٹڹ۹ݹ޹鴰h: h:0Jjh:0JUjh{yUh{y h>|H* h>|6]h>|jh>|0JU hE^6 hE^]h{4hE^6CJaJh{4hE^CJaJjhE^0JUhE^hE^CJaJh qhE^CJaJ4):KŹƹٹڹܹݹ߹dgd',h]hgdI &`#$gdD$a$gd>|hrh{yh:h(<0JmHnHujh:0JU h:0J,1h. A!n"n#$n% 6666666662 0@P`p2( 0@P`p 0@P`p 0@P`p 0@P`p 0@P`p 0@P`p8XV~_HmHnHsHtHF`F &U'NormaleCJ\_HaJmHsHtHVA`V Carattere predefinito paragrafoXiX Tabella normale4 l4a 4k 4 Nessun elenco FBF &U'Corpo del testo$dha$X^@X &U' Normale (Web)dd[$\$OJPJQJ\^JVUV &U'Collegamento ipertestuale >*B*phX@"X &U'Testo nota a pi di paginaCJaJT&@1T &U'Rimando nota a pi di paginaH*B @BB I Pi di pagina  %2)@Q2 I Numero pagina@b@ '. 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