ࡱ> bjbjAA.#y#y&\\/////CCC8{L4C,2"+++++++, .0|+/+++//,++++++ //++++++++++pR}/#++{+,0,++81++81++++/++P++++,81\ :  DA CHARLES YRIARTE A JULES VERNE: IL TRAGITTO ISTRIANO DELLAVVENTUROSO VIAGGIO DI MATHIAS SANDORF 1. ESPERIENZE STORICHE DELLISTRIA Charles Yriarte, erudito francese e moderno touriste nelle terre dellAdriatico, non immaginava certamente che il viaggio da Venezia fino alle coste montenegrine, da lui compiuto nel 1874, avrebbe ispirato, circa dieci anni pi tardi, una tra le opere pi famose del grande romanziere, suo contemporaneo e connazionale, Jules Verne. Lavventuroso itinerario del conte Sandorf e dei suoi compagni, infatti, felicemente riportato da Verne nel romanzo Mathias Sandorf, ricalca fedelmente tappa dopo tappa il percorso compiuto dal turiste doltralpe e riportato in forma di appunti di viaggio nellopera Les Bords de lAdriatique. Nella nostra proposta di viaggio suggeriamo il tragitto istriano percorso da Yriarte, e, pi precisamente, la tappa che da Buie (Buje), passando per Pisino (Pazin) e cogliendo i meravigliosi paesaggi dellIstria interna, ci porta sulla sponda del Canale di Leme (Limski kanal) e alla vicina e pittoresca citt di pescatori e isolotti, Rovigno dIstria (Rovinj). Ma Yriarte, dopo un viaggio di sette ore in piroscafo da Venezia, aveva prima sostato a Trieste, e aveva descritto con acutezza di spirito i diversi aspetti della citt giuliana: da quello storico-politico a quello architettonico-urbanistico ed economico, a quello pi strettamente sociologico, dandoci, della Trieste di Francesco Giuseppe, limmagine di una citt vitale e colorata, attiva, industriosa e multietnica. Cos, a proposito della popolazione che in quel tempo abitava Trieste, leggiamo: In mezzo agli elementi stranieri, variati e influentissimi, dominano tre grandi elementi nazionali: lItaliano, lAustriaco e lo Slavo. LItaliano si considera a Trieste come in Italia, e si fonda sulla ragione della lingua, della razza, delle memorie, e della vicinanza. LAustriaco comanda con dolcezza, regna con mansuetudine e con bont, ed ha la ragione evidente del possesso. Quanto agli Slavi, hanno la ragione del numero alle spalle della citt e rinserrano da ogni parte la popolazione (Giulio Verne, La congiura di Trieste, La cittadella, Trieste 1970, p. 217). Anche Verne ambienta lincipit del suo romanzo nella citt giuliana, collocando i suoi protagonisti, il conte Mathias Sandorf, il conte Ladislao Zathmar e il professor Stefano Bathory, nel clima politicamente tormentato del 1867, propizio al destarsi di aneliti e propositi libertari che nei tre amici si concretizzeranno in unattivit cospirativa contro il governo austro-ungarico, a favore della separazione dellUngheria dallAustria e della ricostituzione autonoma dellantico regno magiaro. Verne, quindi, adottando il codice narrativo della verosimiglianza, ricostruisce ambienti ed eventi storici inserendo in essi i personaggi della sua finzione, attuando in tal modo una felice commistione tra il romanzo davventura fantastico-scientifica, tipico della prima fase dellautore, e quello dai contenuti pi libertari e progressisti, che Verne matur soprattutto in seguito ai contatti con gli ambienti politici parigini, e in particolare con quelli socialisti e anarchici dellepoca. Nellideazione e nella realizzazione del romanzo rimarchevole il fatto che lo scrittore francese non visit mai n Pisino n la penisola istriana - anche se si spinse con il suo yacht Saint -Michel III fino a Venezia - ma, per la descrizione minuziosa dei luoghi in cui sono ambientate le vicende dei tre personaggi, si affid esclusivamente agli appunti di viaggio di Yriarte che quel tragitto laveva effettivamente compiuto nel lontano 1874. Ma comera lIstria di Yriarte? i luoghi e i borghi che egli visit ed ebbe occasione di conoscere, seppur di sfuggita, fermandovisi non pi di qualche ora? Sappiamo, infatti, come riportato nelle pagine del diario di viaggio, che Yriarte non sost che poche ore a Pisino, prima di essere accompagnato dall oste Bevilacqua a Parenzo (Pore ). E com erano gli usi, i costumi, i paesaggi, le persone che incontr e con le quali ebbe occasione di parlare? questa l Istria che, seguendo l itinerario proposto, cercheremo di scoprire, indugiando sui colori, i suoni, le voci, sui profumi e i sapori quali gi osserv e sent il turista francese e che ancora oggi, adattando il passo a quello dellautore (impiegammo quindici ore per arrivare alla tappa scrive Yriarte nel suo diario; op. cit. p. 225), possiamo riscoprire, per provare ancora quello stupore e quellemozione che gi affascin lo scrittore francese e che lui felicemente tradusse nelle pagine del suo diario. Come accennato, il tragitto istriano che i tre protagonisti del romanzo compiono nella carrozza della polizia alla volta del carcere di Pisino, dove saranno riconosciuti colpevoli di alto tradimento contro lo Stato e condannati a morte dalla corte marziale, segue, tappa dopo tappa, quello affidato da Yriarte ai suoi appunti di viaggio. Ma, mentre il viaggio reale compiuto da Yriarte si svolge di giorno, Verne ambienta quello fittizio dei suoi personaggi di notte, ovviando cos, da esperto narratore e in armonia col canone della verosimiglianza, alla mancanza di descrizioni delle cittadine di volta in volta menzionate da Yriarte nei suoi appunti, e giocando, al contempo, a variare appena leggermente o ad arricchire la descrizione che il viaggiatore reale d del paesaggio istriano effettivamente visto e conosciuto. Questa felice e raffinata trasposizione dal reale al fittizio si fa particolarmente evidente nelle descrizioni sensuali, visive e sensitive del paesaggio; cos Yriarte descrive il golfo di Trieste e le coste dellIstria viste dal Castello di Miramare: Da Miramar dominate il mare da grande altezza, e, appoggiati ai larghi balconi, sulle terrazze sbattute dal vento, vi sentite sospesi sulla voragine adriatica. Da qualunque parte vi volgiate, la veduta splendida: Trieste, seduta appi del Carso, col suo golfo e i porti di Muggia, di Pirano, e la costa dellIstria, che fugge verso lest (Yriarte, cit.). E Verne potrebbe forse essersi ispirato proprio a questa immagine nel descrivere luscita da Trieste dei tre prigionieri, nella carrozza della polizia, e linizio del tragitto che li avrebbe portati nel carcere imperiale di Pisino: Uscita da Trieste, la carrozza torn, dopo aver fatto un giro, a procedere in diagonale verso la costa. Il conte Sandorf, fra lo scalpitar dei cavalli e lo sferragliar delle sciabole, pot udire il mormorio lontano delle onde che si frangevano sulla scogliera (Verne, cit. p. 94). Ma lasciamo realmente Trieste con Yriarte per seguirne il percorso attraverso le principali cittadine, che allepoca molto probabilmente fungevano pure da stazioni di posta per la muta dei cavalli, e che potranno essere invece per il turista odierno occasione per un piacevole e interessante intrattenimento: Ho lasciato Trieste nella diligenza postale che porta il corriere a Pisino, capoluogo del distretto omonimo, proprio nel cuore dellIstria. la pesante diligenza classica, quella dei rapimenti di Scribe, colla cassa gialla, su cui spiccano le grandi armi imperiali e reali; impiegammo quindici ore per arrivare alla tappa, attraverso Capo dIstria, Buje, Visinada, Caroiba e Fermo ( cit. p. 225). A differenza di Yriarte, impedito dalla natura stessa del mezzo su cui viaggiava ad intrattenersi pi a lungo nelle cittadine via via toccate, il turista di oggi pu permettersi una visita pi agiata e prolungata, apprezzando cos il fascino e la bellezza ancora intatte di quei luoghi, e riscoprendone al contempo la storia, le bellezze artistiche e culturali, le interessanti tradizioni e peculiarit tipiche. Ritornando al nostro itinerario, notiamo che, mentre Yriarte sorvola sullo spazio tra Trieste e Visinada (Vi~inada), non fornendoci di esso alcuna descrizione, Verne invece, nell immaginario, descrive molto realisticamente un tratto di strada tra Muggia e Buie:  La carrozza percorreva una strada fra vigneti, i cui tralci s intrecciavano a mo di festoni, ai rami dei moreri (cit. p. 97). Anche oggi la coltivazione della vite, accanto a quella dellolivo, molto diffusa in tutta la penisola e lungo litinerario proposto si pu ammirare, da entrambi i lati della strada, il distendersi prolungato, accanto a ubertosi campi di oliveti e terreni coltivati a cereali, di filari e filari di vitigni dolcemente adagiati sui lievi pendii del paesaggio circostante. Ma soprattutto in autunno e in primavera, quando i colori della vegetazione sono pi intensi, il paesaggio diventa una tavolozza dai colori lussureggianti e vivaci, laria, con linizio della bella stagione odora di fiori e profumi del bosco, mentre a settembre, attraversando i paesi pi piccoli, le stanzie, cio i casali antichi, il visitatore pu sentire ancora la delicata fragranza del mosto espandersi dalle piccole cantine familiari. Grazie al notevole salto di qualit compiuto negli ultimi anni dalla produzione enologica istriana, nel buiese sono attive diverse aziende vinicole i cui pregiati vini rossi e bianchi si possono assaggiare e degustare direttamente nelle cantine stesse, seguendo le suggestive Strade del vino, o nelle enoteche locali. Agli amanti del buon bicchiere suggeriamo pertanto una visita ai pittoreschi villaggi di Momiano (Momjan), Corenichi (Koreniki), Bassania (Baanija), Verteneglio (Brtonigla), Crassizza (Krasica), Farnesine (Farne~ine), Madonna del Carso (Marijan na krasu), dove potranno assaggiare i tipici vini istriani, quali la malvasia, il terrano o il rinomato moscato di Momiano. Da ricordare, inoltre, il forte sviluppo registrato negli anni recenti anche dall olivicoltura e dalla produzione di un ottimo olio extravergine di oliva, che, come per il vino, suggeriamo di degustare direttamente negli oleifici o presso i produttori stessi seguendo, come per il vino, le diverse Strade dellolio doliva che porteranno il visitatore a sostare a Zambrattia (Zambratija), Bassania, Crassizza (gi Villa Gardossi), passando per i numerosi villaggi pi piccoli e i casali immersi ancora in un clima e in un ambiente tipicamente campestre e rurale: Gambizzi (Gamboci), Lozzari (Lozari), Montrino (Montrin), S. Pietro di Montrino (Fratrija), Tribano di Buie (Triban), Punta (Punta) questultima cos descritta dal fine esploratore e conoscitore di queste terre, Dario Alberi: Il piccolo borgo di Punta formato da una decina di case rurali in parte addossate, tutte in nudo calcare; sono piccole case rivolte a mezzogiorno, con scale in pietra che salgono al piano; esiste ancora qualche ballidor ,termine istriano per indicare un ballatoio. Fra le case, cani e galline girano da padroni, le miede di fieno e le pannocchie di mais appese sulle facciate delle case indicano il tipo di economia che d vita a questo piccolo abitato. La stradina che conduce a Punta merita una passeggiata, si passa fra grandi ginestre e si incontrano ampie querce che ombreggiano saltuariamente il percorso; si ammirano campi a rati, vigneti e olivi, lo sguardo spazia sui bei versanti verdeggianti di Baredine, verso nord-ovest, e sul promontorio di S. Pelagio a sud-est (D. Alberi, Istria: storia, arte, cultura, Edizioni Lint, Trieste 1997, pp. 628-629). Crassizza, situata a pochi chilometri a sud di Buie e da cui, lungo una stradina asfaltata si raggiunge il borgo di Punta, sede di unannuale Mostra dellolio doliva, lOleum olivarum, che sta riscuotendo sempre pi interesse e successo con la partecipazione di produttori che arrivano anche dalle regioni contermini, incentivando anche cos un interesse gi fortemente sentito per la coltivazione e il consumo di questo nobile frutto. Arrivando da Buie, poco prima di Crassizza un cartello stradale sulla destra indica il paese di Baredine di Buie (Baredine). La borgata, immersa in unoasi di silenzio e tranquillit, circondata da colli e lievi pendii coltivati a oliveti e frutteti: luogo ideale per una rigenerazione fisica e spirituale, tra passeggiate e momenti di riposo, o anche soltanto per una breve sosta, a contatto con la natura idilliaca del luogo 2. PRESENTAZIONE DEI VALORI CULTURALI DELLISTRIA Loleicoltura e la viticoltura rappresentano le principali attivit produttive di Buie, lantica Bulla o Bullea romana, e dellintero buiese, e quindi lattenzione per la tradizione e soprattutto per la cultura culinaria autoctona quanto il viaggiatore interessato e sensibile pu trovare nei diversi agroturismi sorti negli anni recenti un po dappertutto nelle zone rurali e amene della penisola, spesso da ristrutturazioni di antiche masserie esistenti sul luogo e adattate a confortevoli magioni e posti di ristoro, o nei casolari, anchessi riadattati e adibiti a luoghi di riposo e relax. Il visitatore vi pu degustare i piatti tipici di stagione: dalle pietanze semplici di un tempo al pregiato prosciutto istriano, al formaggio pecorino, agli asparagi selvatici - di cui in numerose localit si celebrano, tra marzo e maggio, le Giornate dellasparago istriano -, fino al ricercato tartufo della vicina valle del Quieto e dei boschi di Montona (Motovun), festeggiato anchesso tra ottobre e novembre a Levade (Livade), a cinque chilometri dallincantevole borgo di Portole (Oprtalj). Ma soffermiamoci ancora un po a Buie. Situata su di un colle dove le case in pietra, addossate le une sulle altre, rivelano lantica disposizione medievale del borgo entro la cinta muraria, gi Castrum romano per la sua posizione strategica, e probabile sede di un castelliere preistorico, Buie oggi una cittadina industriosa e vivace. Abitata da circa diecimila abitanti, il borgo nel dopoguerra si notevolmente ampliato, espandendosi con nuove costruzioni soprattutto dalla parte opposta del colle, in direzione nord, lungo lantica via Flavia che da Pola porta a Trieste. Ma certamente il centro storico a destare il maggiore interesse: vi si accede salendo per una strada larga e lastricata, via Zoccolo Mazzini, che porta direttamente alla piazza principale, piazza s. Marco, dove si trova la chiesa dedicata al patrono della citt, s. Servolo. La costruzione attuale risale allincirca alla met del XVIII secolo quando, su progetto del maestro Zuane Dongetti di Pirano, il duomo venne ricostruito riutilizzando in gran parte il materiale della precedente chiesa medievale risalente al XIV secolo. Questa, a sua volta, fu costruita sulla base di una chiesa paleocristiana sorta sui resti di un antico tempio romano. Come scrive lAlberi, al visitatore odierno la chiesa si presenta piuttosto semplice con nicchie laterali. La volta stata decorata da ottimi artigiani con affreschi che riportano scene sacre. Le sei nicchie laterali sono fornite di notevoli altari ed interessanti pale del XVIII e del XIX secolo. () Sulla parte alta della parete absidale un dipinto di grande valore, La morte del vescovo Negri, vescovo di Cittanova, mostra in basso una veduta di Buie del XVII secolo. () Le pareti dellunica navata sono decorate con 5 dipinti ad olio su tela che rappresentano parabole evangeliche e risalgono al 1784. Molto prezioso lorgano del celebre professore Callido che venne collocato in chiesa nel 1791 in sostituzione di quello pi antico del 1587 (Alberi, cit. p. 616). Vi si trova inoltre la statua di San Sebastiano realizzata da Giovanni Marchiori di Canal dAgordo, uno dei migliori scarpelli del XVIII secolo, come scrive Giuseppe Caprin nella sua importante opera LIstria nobilissima. Motivo di particolare vanto dei buiesi nei confronti dei vicini piranesi stato, nei secoli passati, il bel campanile che si erge staccato dalla chiesa e che risale al 1482. Sul lato sud del campanile sono tuttora ben visibili alcune lapidi e bassorilievi con iscrizioni latine risalenti ai secoli precedenti, nonch unopera a tuttotondo raffigurante il leone di Venezia. Scendendo dal Belvedere si arriva in piazza Libert, gi piazza Italia, dove si trova la chiesa di s. Maria della Misericordia risalente al 1497 e, stando allAlberi, restaurata poi tra il 1671 e il 1684 dal vescovo Bruti, quando assunse laspetto odierno. Allinterno della chiesa il visitatore potr osservare significativi esempi della scultura e della pittura tardo gotica. Gaspare Mattoni, soprannominato della Vecchia e seguace di Paolo Veronese, nel 1711 dipinse otto grandi tele poi appese nel coro con fresche scene del Nuovo Testamento (Alberi, cit. p. 619). La brezza marina che per la vicinanza del mare spira con gradevole refrigerio fino allinterno del territorio, potrebbe tentare il viaggiatore a una tappa sulla bellissima costa umaghese, distante appena una decina di chilometri da Buie, per immergersi nelle acque cristalline delle insenature di Salvare (Savudrija), Bassana, Zambratta (Zambratija), Val Grande (Vela draga) e altre. Tali localit sono da visitare preferibilmente nei mesi di giugno e settembre quando le temperature sono pi miti e, per chi si prefiggesse un viaggio allinsegna della tranquillit, la presenza di turisti-vacanzieri pi contenuta e discreta. Nei dintorni si trovano gli incantevoli villaggi di Pizzudo (Picudo), Morno (Murine), Valizza (Valica), Zacchigni (Cakinji), Monterosso (Crveni vrh), e ancora Petrovia (Petrovija), Matterada (Materada) e Giurizzani (Juricani), tutti antichi e caratteristici villaggi istriani con case in nuda pietra calcarea rimaste ancora intatte. Le case, veri monumenti dellarchitettura rurale istriana, sono cinte da pergolati e arricchite dal ballatoio, con unaia, un orto, il colore rosso della terra del campo che si perde in lontananza, incasellato tra il grigio dei muriccioli a secco che delimitano ancor oggi i poderi. Fulvio Tomizza, nativo di Giurizzani, descrisse mirabilmente nei suoi romanzi questo idillio istriano inserendolo di volta in volta con meticolosa insistenza tra le fila dei racconti, incentrati prevalentemente sulle vicissitudini di questi territori e dellIstria in genere nellimmediato secondo Dopoguerra. Ritornando al nostro itinerario, dopo questa digressione balneare, ritroviamo i tre protagonisti, dopo il cambio dei cavalli effettuato a Buie, in viaggio verso la meta che rimaneva loro ancor sempre sconosciuta, malgrado si sforzassero di cogliere ogni minimo indizio: caratteristiche della strada, direzione del vento, tempo trascorso dalla partenza, non riuscirono a capire dove andasse la carrozza (Verne, cit., p. 97). La carrozza aveva appena lasciato Buie e si dirigeva verso Visinada lungo la carreggiabile Pola Trieste, lantica via Flavia, fino a pochi anni fa lunica arteria stradale che collegava il capoluogo istriano alla citt giuliana. Pochi chilometri dopo Crassizza, sulla sinistra si scorge un colle e, sulla cima, un gruppo di case abbarbicate intorno al campanile: Grisignana (Gro~njan), l antica Graeciniana, suggestiva e incantevole cittadina, sede, d estate, di importanti avvenimenti artistico-culturali che attirano numerosi visitatori ed estimatori di musica e pittura, anche da oltre confine. La cittadina fu, come Buie, sede di un importante castelliere preistorico e, successivamente, fortilizio romano. Una volta Grisignana si poteva raggiungere anche con la Parenzana, la linea ferroviaria a scartamento ridotto, costruita durante lamministrazione austriaca della penisola, che collegava Parenzo a Trieste toccando molti villaggi dellentroterra istriano. Recuperato recentemente dallimboschimento, litinerario si propone come suggestivo percorso turistico da compiere a cavallo, a piedi o in bici, oppure, nel tratto Visinada Montona, anche in macchina, scoprendo e toccando cos da vicino laffascinante e incontaminato paesaggio istriano. Arrivati a Grisignana, prima di entrare nella cittadina attraverso la Porta Maggiore, suggeriamo una sosta al Belvedere delle mura, da dove si pu ammirare un bellissimo panorama che spazia dai verdeggianti declivi sottostanti fino alla valle del Quieto e al suo sbocco nel mare presso Cittanova (Novigrad). Appena entrati nel centro storico, di fianco a destra si trova la Loggia, nellomonima piazza, adibita un tempo alle sedute giudiziali e consiliari, mentre al centro dellabitato si trova il bel duomo del XIV secolo dedicato ai ss. Vito e Modesto. Di fronte allentrata di questo si trova il Palazzo del Podest, una bella costruzione di epoca veneziana come la maggior parte delle case strette entro la cinta muraria, restaurata anchessa durante il dominio della Serenissima che govern la cittadina dal 1358 fino alla fine della Repubblica. Ancora oggi, camminando lungo le calli strette e lastricate della citt degli artisti, tra gli stemmi delle famiglie nobili e leoni veneti inseriti nelle facciate delle case, ci si trova immersi in unatmosfera antica e preziosa: un che di medioevale traspare dal piccolo borgo destando, nel visitatore attento, una fine e piacevole sensazione di trasporto e coinvolgimento in un mondo favoloso e ormai remoto, quale fu quello della Repubblica marciana. Fuori della cinta muraria, sul piazzale antistante la Porta Maggiore, si trova la chiesetta dedicata ai ss. Cosma e Damiano, con il grande portico e il campanile a vela privo di campane, risalente alla met del XVI secolo, completamente ristrutturata nel 1954. Nella cittadina, come pure nei dintorni, il visitatore pu trovare numerosi posti di ristoro, dalle modeste osterie ai ristoranti pi raffinati, ma con la possibilit ovunque di scoprire, attraverso la buona tavola offerta dalla cucina tipica, le tradizioni e la cultura del territorio. Lasciando Grisignana e riprendendo nuovamente la via Flavia, dopo una decina di chilometri, e dopo aver passato Ponte Porton e lomonima trattoria nota per le ottime specialit a base di tartufo, si arriva a Visinada. Nella piccola e amena cittadina dal Belvedere accanto alla chiesa di s. Giovanni Battista il visitatore pu ammirare lincantevole paesaggio dellabitato sottostante. Di notevole interesse soprattutto il duomo di Visinada, dedicato a s. Gerolamo, costruito attorno agli anni 40 del XIX secolo sulla base di una costruzione pi antica, degli inizi del Seicento. Nella grande piazza di s. Gerolamo si trovano, di fianco alla chiesa, il lapidario e la loggia. 3. ATTRAZIONI TURISTICHE ASPETTI PASSATI E FUTURI Risalendo verso nord, ci si trova di fronte, sulla destra, alla grande cisterna in stile barocco, costruita, stando allAlberi, da Simeon Battistella nel 1782. La cisterna riforn dacqua labitato fino agli anni 30 del secolo scorso, quando venne realizzato lAcquedotto istriano. Di fronte alla cisterna sorgeva un tempo il palazzo dei Grimani, signori di Visinada, in cui nacque la celebre cantante lirica Carlotta Grisi, vissuta nel XIX secolo. Unaltra celebrit di Visinada fu Michele Facchinetti, poeta, scrittore e giornalista, discendente anchegli da nobile famiglia il cui palazzo sorgeva un tempo sullarea antistante la cisterna. Sullo spiazzo tra la loggia e palazzo Facchinetti facevano sosta, per il cambio dei cavalli, le diligenze di un tempo; ed qui che sost per un po anche Charles Yriarte che cos descrive il territorio di Visinada: A cominciare da Visinada, laspetto si modifica singolarmente; la via diventa montuosa, lorizzonte si restringe, le strade diventano disagiate, sebbene siano in buono stato. Si attraversano grandi spazii aridi; ma dappertutto dove luomo ha trovato un po di terra, ha seminato e raccoglie: il sorgo anzi dun altezza enorme. Sospese ai fianchi della montagna si vedono delle magre pecore nere, custodite da fanciulli che, vestiti di bigio, si confondono col tono della pietra; ma si rivelano col suono della loro zampogna a due canne (Verne, cit., p. 225). Questimmagine di unIstria arcadica con pastori che, custodendo il gregge, si dedicano a suonare la zampogna sembra quasi tratta dallopera di Iacopo Sannazaro; limmagine, per la sua calda espressivit, ci viene subito riproposta anche dallimmaginario romanzesco di Verne: () la carrozza si ferm unultima volta per un rapido cambio di cavalli nella cittadina di Visinada. Da quel momento fu possibile rendersi conto solo del fatto che la strada diventava assai faticosa. Le grida del postiglione, lo schioccare della frusta non cessavano di stimolare i cavalli, e sudivano i ferri battere il suolo aspro e pietroso duna regione non pi pianeggiante. Colline rivestite di boschi grigiastri restringevano lorizzonte. Un paio di volte i prigionieri udirono il suono di uno zufolo. Erano giovani pastori che modulavano rustiche ariette, pascolando greggi di pecore nere: ma anche questa era unindicazione troppo vaga per consentir loro di orizzontarsi (Verne, cit. p. 98). Ma la descrizione di Verne pi viva e coinvolgente, ricca di suoni, voci, rumori, che lo scrittore riesce efficacemente a trasfondere nel narrato dando cos al lettore la possibilit di immedesimarsi pienamente nella storia. E percorrendo le strade della penisola, al viaggiatore odierno pu ancora succedere di ritrovarsi protagonista casuale in un simile scenario: non infatti raro scorgere dalla strada greggi di pecore custodite da pastori e paesaggi molto rassomiglianti a quelli descritti dai due autori, anzi, per quello dopo Visinada, perfettamente corrispondente al reale. questo, infatti, un tratto in cui la strada, seguendo il versante collinare, si inerpica con frequenti tornanti in un ambiente che per muta frequentemente aspetto volgendo, entro brevi tratti, da zone pianeggianti e coltivate ad altre pi impervie, aride o boscose. Ma tutto il territorio tra Buie e Visinada caratterizzato da questo aspetto mosso e irregolare, costituito da vallate e colli sulla cui cima ravvisabile la caratteristica silhouette di case raggruppate intorno alla slanciata figura del campanile; il caso, a est, di Piemonte (Zavrje), Montona, Portole, e, a nord di Buie, Momiano, Pugnano, S. Mauro di Momiano e altri centri abitati pi piccoli dove le incombenze della vita quotidiana sono rimaste quasi come quelle di un tempo, provocando nel visitatore la piacevole illusione di un momentaneo ritorno ad un passato idilliaco, agreste e fiabesco. Scrive lAlberi a proposito di S. Mauro di Momiano: () un bel paese rurale dove le case sono tutte in pietra naturale, le stalle ancora ricoperte con lastre di pietra, tanti ulivi, lauri e fiori di maggio. Le galline circolano liberamente per le stradine come pedoni indaffarati. La bella chiesa con lalto campanile cuspidato, posto alla destra della facciata, situata sul poggio in posizione dominante dal quale si ammira tutto il vallone di Pirano, le saline e punta Salvore (Alberi, cit., p. 508). Lasciata Visinada si incontrano i villaggi di Cerclada (Crklada) e Ferenzi (Ferenci), fino ad arrivare, dopo una decina di chilometri, allincrocio della statale Pola Buie (lantica via Flavia) con la provinciale Parenzo Pisino via Caroiba (Karojba). Qui, seguendo il viaggio dei protagonisti, svoltiamo a destra prendendo la provinciale che, dopo sei chilometri in direzione est, arriva a Caroiba. Situato a 4 chilometri da Montona e a 14 chilometri da Pisino, il piccolo borgo conobbe, in et antica, incursioni celtiche e fu successivamente sede di una colonia latina, come testimoniano rinvenimenti di lapidi e resti di muraglie romane scoperti nel territorio, in particolare nel cimitero e nella chiesetta cimiteriale di s. Andrea risalente al XV secolo. La chiesa parrocchiale, invece, costruita nel 1580 sulla base di una precedente, ha, come scrive lAlberi, una pianta a forma di croce, con la facciata classicheggiante, dipinta in giallo, con delle lesene ed un occhio sopra il portone,cui si accede per una breve scalinata. Alte finestre rettangolari la illuminano lateralmente. Linterno contiene tre bei altari (). La chiesa di Caroiba eleggeva il proprio parroco, per doveva pagare un canone a titolo di risarcimento al capitolo di Montona, dal cui decanale dipendeva (Alberi, cit. pp, 1132-1133). La suggestiva e bellissima cittadina di Montona, per il viaggiatore che passi per Caroiba, certamente una localit da visitare, cinta dalle antiche mura ancora ben conservate della solitaria Castrum Montonae. Qui suggeriamo di visitare il bel duomo dedicato a s. Stefano Protomartire, riedificato nel 1610 su una chiesa preesistente e, come scrive lAlberi, probabile opera del Palladio. La chiesa, situata al centro del castello, nella piazza di Sopra, chiamata dagli abitanti Piaza de Sora, tutta affrescata: sul soffitto una scena ricorda S. Stefano e S. Margherita, mentre sulle pareti sono riportate le immagini dei patroni delle chiese dipendenti da Montona. Il presbiterio, diviso dallaula con un grande arco, contiene laltare maggiore con le statue dei Santi Stefano e Lorenzo, opera di Francesco Bonazza, eseguiti nel 1725 con marmo bianco di Carrara. () Sopra laltare maggiore una tela, raffigurante lUltima Cena, risale al XVII secolo ed di scuola veneta. Un gioiello della chiesa il piccolo altare portatile del Colleoni, di oreficeria friulana della met del 1200 () Una croce astile, un calice in oro del XIV secolo, probabilmente donato alla chiesa dal Doge veneto quando il comune di Montona cedette a Venezia il suo bosco, le reliquie di S. Stefano, un anello di San Gregorio papa, candelieri, pissidi ed altri importanti e preziosi oggetti sacri completano il tesoro della chiesa (Alberi, cit. p. 1164). Si entra in Montona dal Torrione delle Porte nuove, costruzione rinascimentale dove stato sistemato un lapidario contenente bassorilievi di leoni veneti, stemmi cittadini ed iscrizioni romane. Oltrepassato il torrione si entra in una bellissima piazza da dove si gode un magnifico paesaggio sul sottostante bassopiano attraversato dal fiume Quieto fino al mare che si scorge in lontananza. La piazza, un tempo chiamata Piaza de soto, interamente lastricata, ricorda molto la piazza principale di San Marino. Qui il visitatore trover la Loggia costruita agli inizi del XIV secolo in cui si riuniva il Consiglio comunale e in cui aveva sede il podest nel suo ufficio di amministratore della giustizia. Attraverso la Porta castellana dalla piazza di Sotto si arriva alla piazza di Sopra, gi dedicata ad Andrea Antico di Montona, inventore delle note musicali a caratteri mobili, vissuto nel XVI secolo. Oltre alla chiesa, e situato di fronte ad essa, di particolare interesse il Palazzo del Podest e, dopo il campanile, a sinistra, la casa dei nobili Basilisco; sullaltro lato della piazza si erge il bel palazzo Polesini, del XVI secolo, oggi trasformato in albergo ed anchesso, secondo la tradizione, opera del Palladio. Ma molte altre sono ancora le bellezze e le attrattive della cittadina che il visitatore interessato potr scoprire di persona, rivivendo lemozione intensa di questo luogo carico di storia e di cultura. Lasciati per un po i protagonisti dellavventura verniana a Caroiba, dopo la visita a Montona continuiamo assieme a loro il nostro viaggio attraverso lIstria turisticamente meno presente nellofferta pubblicitaria anche se ultimamente si assiste a una riscoperta della zona ma non per questo meno affascinante di quella costiera, che attrae soprattutto nei mesi estivi un turismo di massa spesso poco interessato al patrimonio storico e artistico del territorio. Il paesaggio da Caroiba a Pisino viene cos descritto da Charles Yriarte: Spesso le colline sono coperte di boschetti folti e brevi, e formano delle macchie; e quando c un po di terra coltivabile sulla roccia bigia, apparisce duna tinta rossa molto cupa. Di tanto in tanto, al ciglio della strada, una gran pietra miliare indica lo spazio percorso, ovvero inciso sulla rupe stessa il numero delle miglia. La citt di Pisino ci appare seduta allorlo duno spaventoso precipizio, e pur essendo in una valle, sembra ancora sopra unaltura (Verne, cit. p. 225). Ci troviamo lungo il tratto che da Caroiba porta allincrocio con la provinciale Parenzo Pisino via Monpaderno (Baderna). Da qui, come gi da Martinelli (Martineli), una frazione a pochi chilometri prima di Caroiba, e fino a Terviso (Trvi~) si gode un bellissimo paesaggio collinare che si protrae fino all Istria montana in direzione nord-est verso il Monte Maggiore (U ka) e somigliante molto, per l alternarsi di poggi e vallate, al territorio dell Umbria, della Toscana o delle Marche. Da Terviso, lultimo paese prima dellincrocio con la provinciale per Pisino, la strada discende ripidamente fino al torrente Cipri nella valle di Vermo (Beram); allattraente e antico villaggio si accede imboccando una strada sulla sinistra, subito dopo una larga curva al centro della valle. Vermo nota soprattutto per la chiesetta cimiteriale del paese, chiamata Madonna delle Lastre, sulle cui pareti il visitatore pu ammirare i pregevoli affreschi di Vincenzo da Castua, risalenti al XV secolo, e dedicati a motivi sacri quali lAnnunciazione, la Nascita, il Battesimo, e, in particolare, la famosa danza macabra: una processione in cui sono rappresentati scheletri che danzano insieme a personaggi della vita reale: un vescovo, un re, una regina, un oste, a significare lineluttabile transitoriet della vita umana e delluguaglianza di tutti di fronte alla morte. Al centro del paese invece si trova la chiesa parrocchiale dedicata a s. Martino, con interessanti affreschi di scuola veneta del XV secolo. Scendendo da Vermo, imbocchiamo nuovamente la provinciale per Pisino, da cui distiamo non pi di quattro chilometri; ecco come Verne, dalla rilettura della testimonianza di Yriarte, ma avvicinandosi molto alla realt, immagin questo tratto di strada in prossimit di Pisino: Saranno state le nove antimeridiane,quando i cavalli presero unandatura del tutto diversa. Non cera da ingannarsi; la carrozza discendeva rapidamente, dopo aver raggiunto il sommo dellerta. La sua velocit era considerevole e pi volte furono stretti i freni per mantenerla, non senza pericolo, in carreggiata. Infatti, la strada, dopo essersi inerpicata in una regione molto impervia dominata dal Monte Maggiore, scende diagonalmente avvicinandosi a Pisino. La citt si trova ad una certa altezza sopra il livello del mare, ma essendo circondata dai monti sembra adagiata in un fondo valle. Ancora prima di giungervi, si vede il campanile, che fa spicco in mezzo alle case, disposte su piani diversi in modo assai pittoresco (Verne, cit., p. 98). Giunto finalmente a destinazione, Yriarte ci d unaccurata e interessante descrizione della citt istriana: Una vecchia fortezza in buono stato di conservazione occupa il davanti, e vari grandi stabilimenti ospitalieri o militari, costruzioni tutte moderne dellautorit austriaca, indicano un gran centro amministrativo. Basta vedere il castello di Pisino per capire che la citt ebbe le istituzioni di una baronia e fu soggetta allautorit feudale. il Burg in tutto il suo bel carattere, coi merli, colle fosse, i ponti levatoi, le gallerie e feritoie. Sulla facciata si vedono ancora gli stemmi sovrapposti, incastrati gli uni accanto agli altri, colla data del dominio de conti e de baroni. Pisino il nome italiano della citt; Mitterburg n ancora oggi il nome tedesco (Verne, cit. p. 226). Verne, che fin qui segue molto da vicino le pagine del diario di viaggio di Yriarte, fornisce anchegli una rapida descrizione della citt, per continuare poi la storia affidandosi interamente allestro fecondo della sua immaginazione. Scrive Verne: Pisino, capoluogo di un distretto che conta circa venticinquemila abitanti, situata pressoch al centro della penisola istriana. Morlacchi, Slavi di varie comunit e persino zingari vi convengono in occasione di fiere, che sono molto frequentate. Antica cittadella, la capitale dellIstria, ha conservato il suo aspetto feudale. Non manca un castello che sovrasta costruzioni militari pi moderne, ove sono insediati gli uffici amministrativi del Governo austriaco. Appunto nel cortile del Castello si ferm la carrozza, il 9 giugno, verso le dieci del mattino, dopo un viaggio di quindici ore (Verne, cit., pp. 98-99). Anche al viaggiatore odierno suggeriamo un percorso di non minore durata, allinsegna dellagiatezza e della comodit che i moderni mezzi di locomozione oggi permettono. Lasciando da parte la carrozza, percorrere questo tratto in bici, in moto o in macchina potr diventare occasione di conoscenza delle specificit storico-artistiche delle localit e dei territori via via attraversati, oppure stimolo di ulteriore approfondimento e complicit con questa terra e la sua gente. Con larrivo al castello di Pisino, per i cospiratori iniziano le ore pi drammatiche e incerte: imprigionati in celle dal soffitto a volta, il giorno successivo vengono riconosciuti colpevoli di alto tradimento contro lo Stato e condannati a morte. Lunica possibilit di salvezza per i tre amici quella di fuggire dalla fortezza attraverso la finestra della cella: questo il filo narrativo su cui Verne sviluppa il proseguimento del racconto, dosando abilmente elementi realistici a coinvolgenti spunti fantastico-avventurosi, portando cos la storia, attraverso una ben dosata suspense, dalla fuga rocambolesca alla discesa per la scoscesa parete della voragine, allattraversamento del torrente della foiba, fino al clou della narrazione fantastica. Proponiamo pertanto una visita allantico Castello, la maggiore e meglio conservata opera militare medievale dellIstria, oggi adibita a Museo etnografico e Museo civico di Pisino. La costruzione del castello risalirebbe al IX secolo quando Berengario I re dItalia, per proteggere lagro parentino dalle frequenti scorrerie delle popolazioni slave, promosse la costruzione della rocca, in posizione strategica, sul ciglio della foiba di Pisino. Nel corso dei secoli il castello fu pi volte restaurato e modificato; oggi esso ha una forma poligonale con un cortile interno da cui si accede alle sale: vi sono esposti oggetti, abiti e strumenti di lavoro della cultura popolare, preziose testimonianze della vita e dei costumi della popolazione di un tempo. Non distante dal castello si trova il Duomo dedicato a s. Nicola, patrono della citt. La costruzione della chiesa risale al 1266. Fu poi ricostruita ed ampliata in stile gotico tedesco nella prima met del XV secolo. Successivamente venne nuovamente rimaneggiata fino ad assumere, nel 1730, con laggiunta delle due navate laterali, laspetto odierno. Allinterno della chiesa si possono ammirare, accanto ai sette altari, lantico presbiterio, labside a volta affrescata con raffigurazioni risalenti al 1460. Da visitare sono anche il convento di s. Francesco della fine del XV secolo, e la chiesa della Madonna delle Grazie, anchessa del XV secolo, nella quale si trovano interessanti sculture e pitture di scuola veneta, tra cui un quadro di San Notburga attribuito a Cima da Conegliano. Numerosi sono nella zona di Pisino i posti di ristoro e di alloggio ricavati da case e casolari rurali e situati in piccoli paesi che attorniano la citt: Boljun, urani, Picupari, Vela Traba, Belci, Heki sono solo alcuni dei luoghi dove il turista odierno potr trovare, lontano dallo stress e dal rumore della citt, una natura incontaminata, tranquilla e silenziosa. Ma vediamo dalle pagine del Diario come si presentavano il Castello, la voragine e la citt di Pisino al turiste di fine Ottocento: Pisino trae il proprio carattere dalla sua postura allorlo della Foiba, il cui torrente si scavato un letto formidabile, e sinabissa in una cupa caverna, dove le sue acque scompaiono. Il disegno che ne abbiamo fatto, mostra la citt sospesa al di sopra di quello scosceso precipizio; ma si pu arrivare al letto del torrente da declivi, se non facili, almeno accessibili al pedone risoluto. Da un lato sorge una vecchia torre merlata, di bellissimo stile, con gallerie e feritoie, saracinesche, manganelle, tutta la rozza difesa del medio evo, e le porte ogivali a ponti levatoi; dallaltro lato si erge un muro, traforato da numerose finestre inferriate, munite alla parte inferiore di botole, che impediscono di comunicare collesterno, e non permettono la vista che dal basso allalto: la prigione della citt (Verne, cit. p. 226). Interessante la descrizione che Yriarte ci d della modalit di trasmissione delle notizie tra i parenti o gli amici del carcerato e viceversa: Siccome giorno di mercato, la maggior parte de carcerati, allora della ricreazione, applicano lorecchio contro le sbarre, e, rispondendo al loro nome, proferito da un visitatore per avvertirli ch l, appi della muraglia, danno udienza agli amici e ai parenti venuti dal villaggio nativo, i quali raccontano a voce alta tutti glinteressi della famiglia, e sinformano degli incidenti della prigionia (Ibid.). O ancora, continuando, degli usi, non proprio cortesi, tra i contadini del contado: una curiosa scena questo parlatorio allaria aperta, in cui dei due interlocutori, uno solo visibile. Domando ad un passeggero se siano malfattori, ovvero semplici delinquenti. Baruffa, mi risponde; e una baruffa, dopo bevuto, trae seco le percosse, talvolta una coltellata. I contadini che ier sera cantavano a squarciagola, pare abbiano talora il sangue caldo. Bevilacqua, loste che mi condurr tra poche ore a Parenzo, mi racconta che ieri, nella sua osteria, un litigante ha ucciso laltro con una coltellata: Lha ucciso secco. Visito il castello, e mi appoggio col gomito al parapetto: la vista imponente e terribile; la voragine ha una profondit enorme ed una larghezza considerevole; da questo balcone, le case che sorgono fino allorlo, paiono proprio sospese sullabisso; il letto appena melmoso; lacqua si divide in magri rigagnoli, che lasciano a secco le rupi del fondo, e aprendosi una via nel suolo argilloso, si perde dentro un buco nero, scavato dalla corrente impetuosa; una grotta, una caverna, un imbuto misterioso, dove il torrente scompare. In certe stagioni, limmenso buco, - il buso, come qui dicesi con voce del dialetto veneto, - si riempie a un tratto, e le onde fangose ne bagnano le pareti fin al punto dove si vedono le liane dondolare al di sopra della voragine (Ibid. pp. 226-227). Ed ecco come, dalla lettura di quelle pagine, Verne immagina il castello e la voragine sul cui ciglio esso si erge: Il castello di Pisino uno dei pi curiosi esempi di quelle formidabili fortezze che si solevano costruire nel Medio Evo. Il suo aspetto feudale severo ma gradevole. Nelle sue vaste sale a vlte vorremmo incontrare i cavalieri del tempo andato e non ci stupiremmo se alle sue finestre ogivali si affacciassero castellane, vestite di stoffe damascate e con il capo coperto di berretti a punta, se arcieri e balestrieri spiassero dalle feritoie delle sue gallerie merlate, dai vani delle sue mura, presso i ponti levatoi. Ledificio assai ben conservato, ma fra quelle splendide testimonianze del passato il Governatore con la sua uniforme austriaca, i soldati in montura moderna, i custodi e il guardaportone che non indossano pi gli antichi costumi giallo-rossi, sono vere e proprie stonature. Anche nella descrizione della voragine Verne segue molto da vicino lo scritto di Yriarte, ma la abbellisce e la arricchisce con immagini vive, espressive e fantastiche, sempre molto vicine alla reale annotazione di Yriarte: Essa [la voragine] sorge su uno dei lati duno spiazzo che delimita nettamente quella parte della citt. Chi si appoggia al parapetto di quello spiazzo, vede un precipizio ampio e profondo, le cui impervie pareti, tappezzate di fogliame intricato, scendono a picco. Nessuna sporgenza in quella muraglia. Non un gradino per salire o per discendere. Non una cengia per sostare. Nessun punto dappoggio. Soltanto scanalature, qua e l, liscie, logorate, poco profonde che fendono le rocce. In una parola, un abisso che attira, che affascina e che non restituirebbe nulla di quanto vi si facesse piombare (Ibid. pp. 117-118). Il nostro viaggio reale, alla stregua di quello compiuto da Yriarte, a questo punto si interrompe, non essendo provato che il torrente che si inabissa nellantro di Pisino sfoci, dopo un tragitto sotterraneo, nel Canale di Leme, come invece accade nellimmaginario fantastico del romanzo di Verne. Scrive Yriarte: Per canali misteriosi, di cui non si pu seguire la traccia, il torrente prosegue il suo corso, per riapparire a distanza di parecchie leghe, ma in direzioni cos opposte, da non poter riconoscere se siano le medesime acque inabissatesi sotto la citt di Pisino. Il giovane conte Ensdorff, addetto alla prefettura o capitanato di Pisino, con una barchetta di piccole dimensioni ha cercato di penetrare nella caverna, per veder fin dove potesse seguire il corso del torrente; ma, a poco a poco (Ibid. p. 227). Ed ecco leco immaginosa di Verne allobbiettivit perentoria di Yriarte: Quellabisso detto nel paese Foiba, e serve da serbatoio al soverchio delle acque del torrente. Questo torrente non ha altro sfogo se non una caverna, che si formata a poco a poco fra le rocce, e nella quale esso precipita con furia indescrivibile. Dove va il corso dacqua che passa sotto la citt? Chi pu dirlo? Ove ricompare? Anche questo un mistero. Di quella caverna, o piuttosto di quel canale che solca lo schisto e largilla, non si conosce n la lunghezza, n laltezza, n la direzione (Ibid., pp. 118, 121). Dopo aver corso pi volte il pericolo di perdere la vita nei turbinosi vortici del torrente sotterraneo, il conte Sandorf e Stefano Bathory escono finalmente alla luce del sole sulla costa del Canale di Leme. Suggeriamo di visitare il pittoresco porticciolo dell insenatura prendendo la strada provinciale Pisino  Gimino (}minj), svoltando poi all incrocio di quest ultimo a destra, in direzione di Canfanaro (Kanfanar), e proseguendo fino all incrocio di Sossici (Soaii) da dove, imboccando a destra nuovamente la statale Pola - Buie, dopo cinque chilometri per una strada che scende ripida e tortuosa lungo il versante sud del vallone della Draga, si arriva al locus amenus, dove il romanziere ambienta il ritorno alla vita dei due eroi sopravvissuti. Cos, mentre in Yriarte non troviamo alcun accenno al porticciolo dellantico Limes romano, Verne ci d una descrizione molto consona a quello che doveva essere allepoca laspetto del luogo da lui immaginato, molto diverso da come oggi si mostra: un punto di richiamo turistico che registra una forte affluenza di visitatori. Nella locale pescheria si pu trovare sempre del pesce fresco, seppur di allevamento; svariate specialit di pesce si possono gustare anche nei due ottimi ristoranti del luogo. Cos ce lo descrive Verne: Lo specchio dacqua, in cui sfocia il torrente della Foiba, non n una laguna, n un lago, bens un estuario. Si chiama Canale di Leme, e comunica con lAdriatico, attraverso un angusto passaggio fra Orsera e Rovigno, sulla costa occidentale della penisola istriana. Ma allora si ignorava che le acque del torrente della Foiba finissero in quel canale. Cera sulle rive, a pochi passi un capanno di caccia (Ibid., p. 151). Queste sono invece le informazioni che sullinsenatura ci d lAlberi nella sua non lontana visita al sito: Questa splendida insenatura, con sponde che scendono a picco dai 100 m degli altipiani circostanti, un enorme solco blu che si addentra nel calcare del Cretaceo. () Non esiste alcun insediamento urbano nel canal di Leme salvo in fondo allinsenatura nel luogo che porta il nome Cul di Leme. Qui la vita esiste da millenni; gi in epoca preistorica, per i numerosi castellieri della zona questo era il luogo di sbarco ed imbarco di merci e di derrate. () A Cul di Leme da secoli vi era unosteria, gi ricordata da Pietro Coppo nella sua descrizione dellIstria del 1540, poi abbandonata nel XVII secolo e vi era anche lantica chiesa dedicata a San Lorenzo, ricordata dal Tommasini nel XVII secolo, nei cui pressi furono trovate monete ed altri reperti antichi. () Fino allultimo conflitto, vi era un casale che portava anchesso il nome di Leme, una stazione di polizia e due trattorie con alloggio, la chiesuola privata di SantAndrea e la casa dei pescatori, adibita a magazzino, chiamata Nardella. Ora due nuovi ristoranti presentano una serie di piatti a base di ostriche del vicino allevamento, unattivit questultima gi praticata dai Romani. Oltre alla coltura delle ostriche, stata avviata la maricoltura con la fecondazione induttiva e relativa nutrizione con filoplancton, di ottimi branzini (Alberi, cit., pp. 1334-1335). Al viaggiatore giunto fino a Leme suggeriamo unescursione in barca fino alla vicina Rovigno, citt ricca di storia e di cultura, dove ancora possibile sentire, camminando per le calli lastricate, lantico idioma istrioto di Rovigno. Anche se quasi scomparso, tale dialetto ancora parlato dagli anziani della popolazione italiana che nellimmediato secondo Dopoguerra decise di rimanere a Rovigno. In rovignese poi, soprattutto durante i mesi estivi, possibile ascoltare nelle piazze della citt vecchia le bitinade, ovvero i canti tradizionali che i pescatori intonavano imitando vari strumenti quando si trovavano sulla riva a rammendare le reti. Suggeriamo una visita al centro storico di Rovigno, nucleo dellantica cittadina situata un tempo su di un isolotto chiamato mons Rubens, o, secondo il Benussi, insigne storico rovignese, mons Albanus, e che con un ponte era collegato alla terraferma. Entrati nella citt vecchia, molte sono le calli che ci portano alla sommit del monte dove si trova il duomo. La chiesa, che merita una visita, dedicata a S. Eufemia, patrona di Rovigno, che arriv nellarca sulla riva dellisolotto agli inizi del IX secolo. Il sarcofago della santa venne sistemato allinterno di una precedente chiesa paleocristiana, di dimensioni molto minori allattuale, sulla cui base venne costruita nel 950 la chiesa dedicata ai ss. Giorgio ed Eufemia. Nel XVIII secolo, questultima venne completamente riedificata ed ampliata su progetto dellarch. Dozzi che la mun di tre navate e di tre ingressi sulla facciata, nonch di unampia scalinata daccesso. Nella visita alla chiesa lAlberi osserva: In una cripta nella navata laterale destra, dietro laltare, collocato lantico sarcofago di SantEufemia in marmo greco, unopera romana del basso medioevo () Nella chiesa sono custodite valide tele quali lultima cena, scuola veneziana del 1574, e Cristo nellorto di Getsemani, pure scuola veneta del XVII secolo. Sul terzo altare laterale di destra, in una tela di scuola veneta del XVIII secolo, si vede S. Francesco che riceve le stimmate (Alberi, cit., pp. 1518-1519). Quasi ogni contrada della citt un tempo aveva la sua propria chiesa; suggeriamo di visitare, oltre al duomo, la chiesa di s. Francesco, nellomonimo convento, la chiesetta di Santa Croce, eretta nel 1592 sul limite della riva pietrosa sottostante il duomo, dove secondo la leggenda sarebbe approdato il sarcofago della santa, la chiesa di s. Tommaso, costruita nel 1338 dallomonima confraternita, la chiesa di s. Benedetto del 1589, in cui la funzione veniva officiata dai frati Riformati che la domenica scendevano in piazza Riva, oggi piazza Tito, a tenere la predica. Numerosissimi sono inoltre i siti balneari: baie, insenature, isolotti, che il visitatore pu raggiungere facilmente per godere del clima mite e del mare limpido e cristallino, anche al di fuori delle usuali destinazioni del turismo tradizionale. Non mancano, poi, nei dintorni di Rovigno, piste ciclabili e sentieri grazie ai quali il visitatore pu spingersi pi a sud, fino alla vicina palude di Pal (Palud), oggi parco ornitologico protetto; o fino alle vicine e ancora incontaminate insenature di Cisterna, Colona e San Pol. A nord, invece, dove ha termine lavventura dellunico sopravvissuto del romanzo di Verne, il conte Sandorf, il territorio di Rovigno termina sulla sponda meridionale del Canale di Leme, e con le baie di Fabroso e Saline, e, ancor pi a nord, con il porto di VallAlta e punta Sfilsa sullimboccatura del Leme. A sud di Fibroso si trova punta Croce, ben descritta da Yriarte come la punta del golfo. Scrive infatti il turista francese, a proposito di Rovigno, nel suo diario: Rovigno costruita sopra una rupe, e la chiesa, che ne occupa la cima, fiancheggiata da un campanile, la cui forma esattamente ricalcata da quello del Sansovino. Per entrare nel porto abbiamo dovuto girare la rupe, su cui si elevano a gradinata i fabbricati; quelli della punta posano sopra un masso tagliato a picco come un d J Y d e iWh~LUj9?AH8!F!H!I!5"8#:#A#M#N#\#֧|||hbJCJ OJQJ^JaJ h1 6CJOJQJ^JaJhCJ OJQJ^JaJ hlN6CJ OJQJ^JaJ h1 6CJ OJQJ^JaJ h1 6CJ OJQJ]^JaJ hlNCJ OJQJ^JaJ hIQHCJ OJQJ^JaJ h1 CJ OJQJ^JaJ 0cd f Z[J!K!3"4"O#P#$$&&v)x)=*>* $ D%]a$$a$$a$\#f#$&&&&z)-*0*;*<*-....0\0224445555777788888;;<<??9CXCEEEBF^FFFGGGGGGGH>HiHHHHHhKQLTLhLiLP-PhlNCJ OJQJ^JaJ hIQHCJ OJQJ^JaJ hCJ OJQJ^JaJ h1 CJ OJQJ^JaJ h1 6CJ OJQJ^JaJ H>*44688;;;;GkL_S`S,T-TWZagdhdddgg-j.jBkCkn$a$-PURuRaSTT*T+TU*VXXXY YZZZZ\\d^^_`a/a0c@cddfdde=egjj+j,jjjHk\k]kmmmmnnsuuuuv vxx$y%z*zzzzzN|hPoCJ OJQJ^JaJ hlNCJ OJQJ^JaJ hIQHCJ OJQJ^JaJ h1 6CJ OJQJ^JaJ h.CJ OJQJ^JaJ h1 CJ OJQJ^JaJ CnnuOwzV#BC12$%^ؘAB<=7$a$N|j||||||L~P~*/lwƁǁ,9D!./׊؊hʍa ?&]^)2?@>h1 CJ OJQJaJ hGCJ OJQJ^JaJ h_CJ OJQJ^JaJ hPoCJ OJQJ^JaJ hIQHCJ OJQJ^JaJ h1 CJ OJQJ^JaJ h1 6CJ OJQJ^JaJ =,-ʦ˦kwЧ t{%&'OPQRYZelԴִ޴ߴ`bguϻл _j !"#ne}hGCJ OJQJ^JaJ hG6CJ OJQJ^JaJ h1 6CJ OJQJ^JaJ h1 CJ OJQJ^JaJ h_CJ OJQJaJ hGCJ OJQJaJ h1 CJ OJQJaJ h1 6CJ OJQJaJ :<'[_aһ #m~2l,m_RX$a$$a$}#1CGei+79;?CLYl()*E )*de򪞪h.CJ OJQJaJ h1 CJ OJQJaJ h.CJ OJQJ^JaJ h1 6CJ OJQJ]^JaJ hGCJ OJQJ^JaJ h1 6CJ OJQJ^JaJ h1 CJ OJQJ^JaJ >e _`Xax ˺pbQFhgh+`CJ aJ hgh+`CJ OJQJ^JaJ h+`CJ OJQJ^JaJ hG6CJ OJQJ^JaJ hGCJ OJQJ^JaJ h.CJ OJQJ]^JaJ h1 CJ OJQJ]^JaJ hGCJ OJQJ]^JaJ h1 6CJ OJQJ^JaJ Uh1 6CJ OJQJaJ h1 CJ OJQJaJ h.CJ OJQJ^JaJ h1 CJ OJQJ^JaJ muro di sostegno; e il mare, quando in furore, deve schiumeggiare fino alle prime finestre, battendo sordamente le basi. Le case della citt vecchia sorgono sullaltura, e si aggruppano intorno alla chiesa; la citt austriaca si distende lungo le nuove rive, e specchia nellacqua i suoi magazzini, le sue caserme, i suoi stabilimenti. Esaminando il porto, vi discerniamo due ancoraggi, uno al nord, laltro a mezzod, e intorno a noi vediamo operarsi un movimento abbastanza grande di polacche, di tartane, di trabaccoli, di navi dogni fatta, che vengono a prendere lolio prodotto ne dintorni. Uscendo da Rovino, prendiamo un istante il largo, per evitare la rupe che costituisce la punta del golfo (Verne, cit., p. 228). CONCLUSIONE E qui, sul bellissimo promontorio rovignese dove il conte Sandorf, a conclusione della drammatica avventura, lanci il suo grido daddio che sal al cielo, concludiamo anche il nostro viaggio. Ci eravamo proposti di guidarvi alla scoperta delle bellezze meno conosciute dellIstria, dei luoghi meno frequentati e alternativi ai comuni circuiti turistici di massa. Speriamo di esserci riusciti almeno un po e ci auguriamo che, grazie a queste pagine, nel lettore sorga il desiderio di esplorare questo bel tratto dIstria, percorso un secolo e mezzo fa da Charles Yriarte e immortalato, seppur attraverso una rielaborazione fantastica, dallavventurosa narrazione del grande scrittore francese Jules Verne. BIBLIOGRAFIA Alberi, D. (1997). Istria: storia, arte, cultura, Edizioni Lint, Trieste. Ani, V. i I. Goldstein (1999). Rije nik stranih rije i, Zagreb: Novi liber. Baloglu, S. i K. W. Mc Cleary, (1999). A model of destination image formation. Annals of tourism research, 26(4): 868-897. Gallarza, M. G. et al. (2002).Destination image: towards a conceptual framework. Annals of tourism research, 1:56-78. Verne, G. (1970). La congiura di Trieste, La cittadella, Trieste. Caprin, G. (1992). Istria Nobilissima, Edizioni Italo Svevo, Trieste. Ivetic, E. (2006). Istria nel tempo. Centro di ricerche storiche di Rovigno, UI-UPT. Weber, S. i R. TomljenoviXAXZ^`bdfhjnptvgd$a$$a$ DLNnpr<?@Si"tVXZ\^ḩ񩸩p_ hgh1 CJ OJQJ^JaJ &hgh1 56CJ OJQJ^JaJ &hgh+`56CJ OJQJ^JaJ hghZ:CJ OJQJ^JaJ hghZ:CJ OJQJaJ hghZ:6CJ OJQJaJ hgh+`CJ aJ Uhgh+`6CJ aJ hgh+`6CJ OJQJaJ hgh+`CJ OJQJaJ !, Reinventing a Tourism Destination: facing the challenge. Zagreb: Institut for tourism Zagreb. 103-114. Morgan, N. et al. (2002). Destination Branding. Create the Unique Destination Preposition. Oxford: Butterworth-Heinemann. http://www.viaggioadriatico.it/ViaggiADR/literary-touristic-itineraries     PAGE  PAGE 19 ^`bhjlprvx|~οhg0JmHnHuh+` h+`0Jjh+`0JUh'jh'Uh1 6CJ OJQJ^JaJ h1 CJ OJQJ^JaJ hgh1 CJ OJQJ^JaJ #hgh1 6CJ OJQJ^JaJ vz|$a$h]hgd &`#$gdgd ,1h. 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