ࡱ> E@ʋbjbj 23VVVVfffz^^^8T<z_]22"TTTTTTYYYYYYY$W^R`rY9fTTTTTYVpTT]KKKT/fTfTYKTYK:KKVfS@ff*TT& _[^FrS Y,/]0_]SxalK"a*TzzVVffaf*TdTTKTTTTTYYzz^Kzz^Vesna De~eljin INTORNO ALLA PRIMA TRADUZIONE ITALIANA DEL CAPOLAVORO DI MARIN DR}I (MARINO DARSA) Riassunto Tanti illustri studiosi letterari concordano sulla grandezza del raguseo Marin Dr~i, vale a dire sull'originalit dello scrittore nel teatro del Cinquecento. Uno dei principali motivi a cui si deve tale giudizio l'ambiguit del linguaggio del Darsa e il senso allusivo delle sue commedie, in particolare della sua pi nota commedia intitolata Dundo Maroje. In quest'occasione ci proponiamo di presentare la prima traduzione in italiano di questo capolavoro di Dr~i, col particolare riferimento alla lingua della traduzione, che nel testo originale polivalente, con duplice funzione espressiva: quella di divertire il pubblico e quella di far passare impunita un'aspra critica indirizzata contro i governatori ragusei. Introduzione La parte conservata dell'opus del sommo scrittore, poeta e commediografo, raguseo e croato Marin Dr~i (Marino Darsa) attira di continuo e tuttora sia gli studiosi di lingua e letteratura croata che semplici lettori. A questa constatazione non si sottrae neanche la sua commedia pi nota, vale a dire Dundo Maroje, un'opera incompleta, perch incompleto, a quanto risulta, il manoscritto che ci pervenuto. Questa commedia, in cui l'autore si avvalso di tutti i moduli comuni ai commediografi del Cinquecento italiano (Missoni, 1989: 109), e che rispecchia, insieme ad altri testi teatrali, la poetica rinascimentale e manieristica nonch l'individualismo creativo dell'autore (Muhoberac 1998: 10), stata tradotta in pi lingue. Per quanto riguarda la traduzione di quest'opera in italiano, oltre alle traduzioni fatte ma non pubblicate, di solito viene citata la traduzione curata da Liliana Missoni col titolo Zio Maroje uscita presso l'editore Hefti di Milano nel 1989 e con la prefazione di Frano ale. Accanto a questa se ne colloca per ancora un'altra, fatta da due scrittori triestini, Lino Carpinteri e Mariano Faraguna, della quale si sa poco o niente. Carpinteri e Faraguna, una coppia conosciuta per la varia e ricca attivit giornalistica, letteraria, teatrale e di traduzione, fecero la traduzione del Dundo Maroje nel lontano 1969 per far rappresentare la commedia innanzitutto nel Teatro Stabile di Trieste. Infatti, si trattava quasi di un esperimento poich nel progetto furono coinvolti anche alcuni croati, tra cui primeggiava il famoso regista Kosta Spai. La traduzione, ossia come sta scritto nel sottotitolo prima versione italiana di Lino Carpinteri e Mariano Faraguna dalla traduzione originale di Giovanni Felicinovich apparve col titolo di I Nobili Ragusei, comprendente le parti aggiunte da M. Kombol e R. Marinkovi al testo originale. La commedia, in quella versione e sotto la stessa regia, fu in seguito presentata anche a Vicenza con enorme successo. Tradurre un testo letterario un'attivit complessa ed estremamente responsabile e la traduzione di un'opera cruciale nella storia della letteratura e lingua croata, scritta da un Raguseo e ambientata a Dubrovnik e a Roma il primo motivo per cui se ne parler in questa sede. Un altro motivo la traduzione stessa, visto che tradurre un testo indica raddoppiarlo/ duplicarlo e ogni traduzione il testo originale raddoppiato. E nel caso particolare esistono persino due traduzioni italiane pubblicate del capolavoro di Dr~i per cui ci si chiede se la traduzione in generale sia un altro aspetto del testo originale oppure un altro testo, un'altra entit. L'incapacit di rispondere in modo univoco e semplice alla succitata domanda, provocante ma fondata confermata da numerose dispute teoriche svolte in riguardo alla problematica accennata. Infatti, se si tratta di entit diverse e a s stanti (e fino ad un certo punto il testo originale e il testo tradotto lo sono), allora ogni traduzione si pu considerare separatamente e si pu misurare con ogni altra dello stesso testo di partenza, senza fare mai riferimenti al testo originale. L'altra possibilit quella di vedere nella traduzione solo un riflesso del testo originale in cui si osserva il destino delle caratteristiche dell'opera letteraria (quelle concettualistiche, stilistiche, linguistiche, ecc.) nel processo della traduzione. In questo caso, avendo a che fare con una traduzione meno nota anche agli studiosi di Dr~i, abbandoneremo la direzione delle ricerche di tipo traduttologico e prenderemo una direzione pi tradizionalista, forse, restringendo l'orrizzonte. Nella traduzione, ossia nella versione gemella del testo croato, si focalizzer il punto d'interesse cui la problematica del doppio, come iperonimo degli argomenti possibili, si pu benissimo applicare. Si pensa all'aspetto linguistico della traduzione di Carpinteri e Faraguna, ein particolare all'idioma adottato per rendere al lettore italiano la polivalenza dell'espressione linguistica del Darsa I doppioni onomastici Siccome, quindi, la traduzione ovvero il processo di trasposizione di un oggetto, concepito originariamente in una lingua, in una lingua diversa, assomiglia al processo del raddoppiamento, volendo analizzare un testo tradotto (una traduzione), la cosa pi semplice di porlo a fronte di quello originale e subito si noteranno le diversit, almeno quelle pi palesi. Nel caso preciso, quello che attira l'attenzione il significativo cambiamento del titolo originale della commedia, Dundo Maroje, che ora s'intitola I nobili ragusei. Lo studioso Hermans, descrivendo un gruppo eterogeneo di traduttori degli anni sessanta, dice che per loro la traduzione letteraria un'attivit descrittiva, orientata verso l'obiettivo (ricevente), funzionale e sistematica (Hermans, 1985: 10). Questo vuol dire che il processo del tradurre necessariamente implica degli interventi personali da parte del traduttore, per cui il testo tradotto , almeno in parte, un'altra opera, ossia il doppio di quello esistente. Ed ecco che nel titolo della traduzione fatta da Carpinteri e Faraguna, dato che, conforme a quanto accennato prima, l'altro, il doppio, non pu (o non dovrebbe) portare lo stesso nome, si nasconde l'intervento personale dei traduttori che suggerisce un'ottica diversa nella lettura del loro testo. Carpinteri e Faraguna richiedono di spostare il punto focale dal personaggio di Maroje, isolato, che nel testo originale rappresenta l' aberrante nobilt ragusea, in direzione di tutti i cittadini di un'importante citt nobile adriatica, verso la cittadinanza e la civilt ragusea, poich il testo tradotto nor sar pi una critica personale piena di delusione amara ed ironia contro gli uomini a rovescio, ossia la nobilt ragusea, ma piuttosto una storia divertente, meno filosofica, di toni pi bassi, in cui si deridono sia le debolezze che le virt umane riscontrabili ovunque, in Romani e in Ragusei, e che diventa interessante anche perch si inseriscono i particolari storici e culturali comuni alle due sponde dell'Adriatico, per cui anche gli elementi del folclore locale possono assicurare degli effetti comici. A favore della tesi del processo individuale di raddoppiamento parla anche il fatto che nella traduzione i nomi di alcuni personaggi sono stati radicalmente cambiati. Il protagonista cruciale della commedia, sia nel testo originale che in quello tradotto, Pomet Trpeza , il cui nome in croato significa nettatavole e che raccoglie in s tante caratteristiche (buone?) dei suoi concittadini, prende il nome di Ragusino nella traduzione. In tal modo la qualit principale di questo personaggio, sottolineata dal Darsa e messa in rilievo ogniqualvolta nel testo originale lui viene citato (sia come locutore che interlocutore che referente), nella traduzione viene trascurata, poich col nuovo nome i traduttori sottolineano innanzitutto la provenienza del personaggio, e con questa, forse anche qualche stereotipio relativo alla comunit di origine e presente nel loro immaginario. Carpinteri e Faraguna hanno cambiato anche il nome di un altro personaggio principale darsiano, quello di dundo Maroje che nella traduzione diventa barba Maroje. Il cambiamento del determinante dundo in barba probabilmente dovuto a motivi semantici. Infatti, la parola dundo (per l'etim. cfr. Skok, 1972:524) nelle parlate croate dell'Adriatico si usa nell'accezione di zio materno o paterno (cfr. Ani, 1998:197) oppure di un anziano a cui si rivolgono giovani (cfr. RHJ, 2000:220), anche se dal testo originale risulta che il protagonista chiamato cos il padre del giovanotto Maro. Il significato della parola barba (Uomo fornito di buon senso, esperienza, autorit, cfr. Zingarelli, s.v.) con cui il lemma dundo viene sostituito, s'avvicina al significato della parola dundo nel testo originale poich le due parole dundo e barba condividono molti semi, quali [+ vecchio], [+maschio,. [+dotato di esperienza], [+autoritario]. Un altro doppione si presenta nel nome del servo di Maroje: Bok ilo in croato, e Tirapiedi ossia Tirapi nella traduzione. Tirapi davvero un sempliciotto bonario, devoto al suo padrone, la cui massima preoccupazione di non soffrire la fame e la sete per cui frequentemente innervosisce il padrone avaro, concentrato sui problemi finanziari e quindi poco sensibile alle necessit altrui. Per quanto riguarda il significato del nome croato, a parte che il dizionario della lingua croata non nota il lemma bokc ilo n come nome comune n come quello proprio, alcuni semi componenti il significato possono essere [+povero], [+aiutante], [sofferente], [+umiliato]. Quanto al doppione italiano, ovvero Tirapiedi / Tiarapi, sul dizionario la parola viene citata come nome comune con pi significati, di cui al carattere del personaggio meglio s'abbina quello col valore figurativo, spregiativo: Chi al servizio di un altro e ne asseconda ogni inziativa per servilismo o allo scopo di ricavare vantaggi. (cfr. Zingarelli, s.v.). Ecco perch uno dei personaggi, parlando dell'arrivo di barba Maroje e del suo servo a Roma, ne dice: El se ga tir dietro un tirapi che ne ha bevesto fina el vin della Messa (cfr. Carpinteri Faraguna, 1969: 44). Come si vede, nella parola italiana manca il sema [+povero] e anche, forse, quello di [+umiliato], sicch il termine italiano Tirapi non risulta un doppione pienamente fedele del nome croato Bok ilo. Come nel caso di Ragusino, anche qui l'ottica dei traduttore alquanto diversa ed la servilit, piuttosto che la sofferenza e la povert, del personaggio che si mette in primo piano. Anche i nomi dei due personaggi meno importanti, Mazija, portalettere, e Grubia, il figlio del mercante Paulo, amico del barba Maroje che venuto a Roma a cercarlo, sono stati cambiati. Nella traduzione Mazija diventa Dalmazia, probabilmente per la vicinanza grafica, m-a-z-i-j-a- vs. m-a-z-i-a-, piuttosto che per motivi eufonici ['mazija dal'matsja]. Quanto all' altro esempio, nel testo di Dr~i Grubiaa un giovanotto umile, poco istruito che gli osti romani, a cui pare poco intelligente, prendono crudelmente in giro. Carpinteri e Faraguna gli danno il nome di Cuntento. In questo nome proprio si riconosce la forma veneto-giuliana per la forma dell'italiano standard, contento (con la chiusura della /o/ pretonica in /u/ tipica dei dialetti veneti dell'Adriatico orientale, per la forma cfr. Rosamani, 1990: 281, per il cambiamento fonetico cfr. ivi) ed esso frequente in altri testi di prosa scritti da Carpinteri e Faraguna.in cui il personagglio che lo porta sempre una persona un po' scema e tarda (cfr. Carpinteri Faraguna, 1965). La poliglossia del testo originale Come noto, sulla lingua del Dr~i, polivalente ed atta ad adempire a una duplice funzione espressiva: quella di divertire un largo pubblico di spettatori plebei e nobili, rappresentando il lato comico delle loro preoccupazioni quotidiane e le diverse vicende verosimili dei personaggi riconoscibili nell'ossatura paradigmatica del teatro tipico del tempo /& / e quella, tutta sua, di far passare impunita una critica aspra e giustamente maligna, operante con la complicit del doppio senso ( ale, 1989: 7), si sono espressi molti valenti studiosi (cfr. n. 1). Senza alcuna pretesa di dire delle cose nuove, riteniamo opportuno ricordare brevemente alcune carattereistiche essenziali relative alla lingua del Dundo Maroje, una vera commedia rinascimentale in quanto caratterizzata da una moltitudine di personaggi e situazioni diverse, intrighi, complicazioni e soluzioni. Una delle figure centrali della commedia darsiana, Pomet Trpeza parla, secondo lo studioso croato Mogu, cos come si parlava nella citt di Dubrovnik verso la met del '500. Per precisare, questo significa che a Dubrovnik si parlava un idioma croato, sostanzialmente ijekavo (Mogua, 1969: 272), pieno di elementi alloglotti, innanzitutto italiani ma anche tardo latini, dalmatici ( ale, 1971-73: 95) e turchi. Conforme alla concezione realistica del testo, che si rispecchia in particolare modo proprio nella lingua, vi sono presenti pure parti di testo interamente in italiano e in latino. L'idioma italiano messo in bocca non solo degli italiani, gli osti e l'usuraio Sadi, ma anche di alcuni ragusei quando si rivolgono ai romani. Si capisce che parlando dei personaggi provenienti da Ragusa e dai suoi dintorni bisogna tener conto che l'idioma italiano usato da loro che rappresentano lo strato colto della citt di Dubrovnik (tra cui c' dundo/ barba Maroje, vecchio commerciante attento a come si spendono i soldi, poi suo figlio Maro, giovane prodigo sia per l'et e per la mancanza di esperienza che per il fascino dell'amante romana, infine il bocchese Trip eta, amico di Maroje) diverso dall'italiano usato dai personaggi appartenenti allo strato dei servi. Mentre l'italiano usato dai primi sempre corretto anche se con qualche tratto locale (la realizzazione [] per la s seguita da c), l'italiano usato, ma molto raramente, dall'altro gruppo di personaggi, ovvero dai servi, mostra delle scorrettezze e chiari tratti venezianeggianti (per es. la presenza di xe, nella risposta di Petroniella nell'atto II, scena 2). chiaro quindi che oltre ad accennare all'incapacit dei servi di servirsi correttamente dell'idioma italiano, lo scopo di farli parlare in italiano di attuare effetti comici e connotativi. Il procedimento parallelo che mira allo stesso tipo di effetto scenico lo notiamo nella scena in cui gli osti romani (I, 1 e IV,9) e un cittadino romano, Camillo (IV, 9), usano la lingua croata. Inoltre Ugo, un nobile tedesco rivale in amore del figlio di Maroje, usa un italiano in cui si rispecchia il suo idioma materno grazie innanzitutto ad alcuni tratti fonetici, in particolare alla sostituzione assai consistente della labiodentale sonora (sia in posizione iniziale che all'interno della parola) con la sorda (foler vs. voler; fostro vs. vostro; serfitor vs. servitor), nonch all' uso degli infiniti (mi star sempre, salutar la signora). Quanto all'uso della lingua latina, Dr~i la mette in bocca a tre personaggi. I vari tipi di dicta usati da Pomet nei suoi lunghi monologhi oppure dal vecchio Maroje nelle brevi riflessioni sul destino e sulla fortuna (che poi lui traduce in croato per farsi capire) nonch qualche enunciato in latino fatto da Trip eta sono sempre in forma corretta. Altri servi, a cui Pomet, il savio interprete delle sue (cio del Darsa, V.D.) idee e dei suoi atteggiamenti morali e politici ( ale, 1989: 8) non si associa per niente (come dice Muhoberac, 1998: 8, Pomet /Ragusino governa il mondo come il sosia del Darsa, per cui lo possiamo identificare coll'Autore), non distinguono il latino dall'italiano e lo dimostra la scena in cui la serva Petroniella racconta che il pap di Maro ha portato via la roba di Sadi ebreo pensando che si trattasse della propriet del figlio, lei riproduce il discorso diretto di Sadi che, secondo il suo parere, stato in latino ( meni Sadi }udio re e: ' Vidia li? Marov otac odnije'. Re e mi latinski: ' Pare de misser portao robe, IV, 4) ma in effetti questo non altro che un esempio del discorso macaronico ( ale, 1971). La lingua della traduzione Il quadro poliglottico a cui abbiamo accennato cos sommariamente si presenta come un aspetto complesso e quasi problematico dell'opera di Dr~i che richiede molta capacit e sensibilit da parte di colui che pretende di riprodurlo in un altra lingua. Come scrisse ale ( ale, 1970: 72), i traduttori Lino Carpinteri e Mariano Faraguna avevano adempito alle richieste particolari imposte dalla traduzione per il teatro avendo trovato nella versione italiana la forma linguistica e stilistica adeguata perch la caratteristica espressivit comunicativa dei personaggi di Dr~i venisse dimostrata in scena. Nella prefazione alla versione pubblicata (rilevata pure da ale, 1970: 72), parlando della lingua della commedia, i due traduttori dicono che il croato 'illirico' di Marino Darsa appare come un composito insieme di costrutti e copiosissimi prestiti lessicali italiani (e che nella commedia che ambientata a Roma i dialoghi al modo croato si alternano ad intere scene scritte in italiano e questo italiano, naturalmentete sa pi di Dalmazia che non di Roma o di Toscana e proprio da esso in questa versione, si preso l'avvio per volgere in lingua nostra i dialoghi del Darsa Carpinteri, L. Faraguna, M., 1969: 11-12). Poi, pi avanti, i traduttori aggiungono che l'adozione di un linguaggio molto diverso da quello delle commedie nate in Italia nello stesso tratto di tempo e il pi possibile vicino ai moduli popolareschi della Dalmazia, si resa necessaria per mantenere in vita nella versione il marcato contrasto tra il croato d'Illiria e i dialogi alla toscana e alla romana e perci si creduto, in sostanza, di poter legittimamemente sostiruire l'idioma raguseo di radice slava (ma dalle molte fronde italiane) del testo originale con l'altra parlata ragusea, dal lessico e dal costrutto esclusivamente italiani, che accanto ad esso continuava a vivere (Carpinteri, L. Faraguna, M., 1969, 12-13). I traduttori dichiarano inoltre che le fonti a cui hanno attinto i modelli di quel linguaggio italiano, adatto a sostituire il croato del testo originale, sono varie e molteplici, e il risultato sono le antiche e, per il lettore contemporaneo, strane forme veneziane ( ale, 1970: 72). Dalle osservazioni citate pare che i traduttori abbiano trascurato in parte l'aspetto poliglottico della commedia di Dr~i, tanto importante non solo perch la copresenza di pi lingue sia stata richiesta dalle regole della commedia rinascimentale, ma perch essa rispecchia, anche se in maniera stilizzata, una situazione probabile dal punto di vista sociolinguistico, vale a dire la realt ragusea in cui il popolo semplice parlava l'idioma croato (permeato da elementi alloglotti), e solo i nobili (escluse le donne) e la gente istruita erano in grado di servirsi anche dell'italiano. I traduttori, come pure F. ale (1970), dicono poco o quasi niente di come questa caratteristica del testo originale venga realizzata nella traduzione. In questa occasione ci prefiggiamo di esaminare proprio questo aspetto della traduzione, ossia di analizzare come viene affrontata la variet linguistica del testo originale e in seguito realizzata nella traduzione, nonch di chiarire la posizione di certi elementi alloglotti del testo originale e il loro esito nel testo tradotto. Come detto sopra, nella traduzione, adattata per la rappresentazione in scena e di conseguenza alquanto semplificata e abbreviata rispetto al testo darsiano, troviamo una specie di lingua italiana, o piuttosto un tipo linguistico ibrido, con dei tratti fonetici, morfologici o lessicali tipici di idiomi appartenenti a varie famiglie dialettali in cui si notano anche elementi alloglotti croati, tedeschi e latini la cui presenza, dal punto di vista diacronico poco probabile o addirittura impossibile se si pensa ad un particolare dialetto italiano. Succede infatti, che negli enunciato in veneziano (coloniale), caratterizzzati pure dalla presenza di qualche croatismo, si trovi qulche elemento proprio dell'italiano/ toscano. Per questo motivo ci limiteremo a dire che l'idioma usato nella traduzione di Carpinteri e Faraguna un prodotto artistico, una koin, in cui vengono combinati elementi propri del veneziano antico e di altri idiomi veneti nonch quelli propri degli idiomi centro-italiani. Sar utile, quindi, presentare i tratti tipici degli idiomi che ci concorrono e anche fare una rassegna degli elementi alloglotti presenti nel testo tradotto per poter definire il loro rapporto con il tipo linguistico della traduzione, tenendo sempre conto degli elementi alloglotti presenti nel testo originale e del loro rapporto con la lingua indigena. Livello fonetico-fonologico della koin Quanto alle caratteristiche proprie del veneziano (e altri idiomi veneti), oltre alla presenza dell'aferesi (chiappare vs. acchiappare, scoltar vs. ascoltare) e la perdita dell'ultima vocale preceduta da una r-, l-, n- (voler, cavar, leon,), nel testo tradotto si nota la presenza delle affricate palatali (rispetto alle affricate alveolari in italiano e in toscano): pianze vs. piange; ruzine vs. ruggine, zinquemila vs. cinquemila, fazzo vs. faccio; in un caso si nota la forma justo (vs /iusto/). Inoltre, frequente la fricativa alveolare al posto della fricativa palatale (lassar vs. lasciare); la sonorizzazione, ma non consistente, delle intervocaliche (fabricado, ubriago, mudande, accanto a perduto, ); lo scempiamento, ma solo occasionale, delle doppie (comedia, femene, inamora, accanto, per, alle geminate in piccola, velludo, pellizier , come pure nel testo originale), l' esito /e/ (<, , latine) nella posizione tonica, tipico delle parlate venete (cfr. Rohlfs, 1966-68, 55): magazzen (rispetto alla forma magazzin del testo originale); il dittongo /ie/, (cfr. Rohlfs, 1966-68, 94), al posto della /e/ tonica (presente di continuo nella forma missier della traduzione, rispetto alla forma misser del testo originale). Sia nella forma misser che in quella missier, rispetto alla forma italiana messere, si presenta la caduta dell'ultima vocale e la chiusura della /e/ pretonica in /i/, una tendenza percettibile sia in Toscana che nelle zone del settentrione (cfr. pure la forma nissuno, pur con molte eccezioni, cfr. Rohlfs; 1968-69, 130), nonch la chiusura della /e/ postonica: anema (cfr. Rohlfs, 1966-68, 139). Un altro tratto comune alle variet settentrionali e quindi anche agli idiomi veneti dell'Adriatico orientale la chiusura della o- pretonica o postonica (soprattutto nelle variet veneto-dalmate, cfr. Ursini, 1987: 70), in u- (cfr. Rohlfs, 1966-68, 131-32): Cuntento vs contento, strangulasse vs. strangolar, buccal vs. boccale, argumento vs. argomento, miraculo vs. miracolo; diavulo vs. diavolo. Un tratto meno frequente, ma che rivela che l'idioma di base usato da Carpinteri e Faraguna nella traduzione sempre veneziano (e veneto), ancora il prefisso des- (per questo prefisso cfr. Ursini, 1987: 57): desmentecato, (cfr. perla forma desmentegar in Boerio, 251), descorrer (accanto per alle forme con dis- : discorrere), desperar, desgraziato. A questo punto bisogna citare gli elementi fonetico-fonologici che nella traduzione chiaramente indicano l'influsso toscano, e cos continuano i tratti principali dell'italiano usato da Marin Dr~i. Si fa riferimento, oltre alle sporadiche soluzioni doppie indicate poco prima (la conservazione di qualche intervocalica o anche delle geminate e la chiusura della /e/ pretonica in /i/), al mantenimento della velare laddove negli idiomi veneti appare la palatale / /: acchiappare, occhio. Livello morfologico della koin Quanto ai tratti morfologici propri degli idiomi veneti che troviamo nella traduzione, si devono citare innanzitutto alcune forme verbali. Per il presente di essere, accanto alla forma comunissima , troviamo anche la forma xe, tipicamente veneta (cfr. Rohlfs, 1968, 540). La base veneta si manifesta nella forma av dell'ausiliare avere (cfr. Rohlfs, 1968, 541), nelle forme del presente stago, dago (cfr. Rohlfs, 1968, 542, 543), poi nei participi passati finenti in esto (facesto, avesto, dicesto, intendesto, cfr. Rohlfs, 1968, 624). Per quanto riguarda altre forme verbali, si pu dire che, bench non si tratti di forme ben attestate, esse lasciano intravvedere alcuni tratti tipici veneti antichi. Le forme poderai, vederai usate per la prima persona del futuro richiamano le forme antiche in ai in veneziano e in triestino (cfr. Rohlfs, 1968, 588). I traduttori hanno approfittato del fatto che nella storia della lingua certe forme erano comuni anche agli idiomi geografiicamente e tipologicamente distanti. Nella traduzione viene costantemente usata la forma el per l'articolo maschile al singolare, una forma tipica delle varianti venete, ma anche dell'antico fiorentino e dell'antico senese (cfr, Rohlfs, 1968, 414, 417). In seguito, per le prime due persone del plurale troviamo le forme noialtri e voialtri, tipiche del toscano antico (cfr. Rohlfs, 1968, 438), e la forma ne per l'oggetto diretto forma atona del pronome personale della prima persona plurale. Infine, mentre le forme saresse, voleresse, poderessi, doveressi, pareresse, se ti sentiresse ecc. richiamano le forme analogiche del condizionale (in ss-), comuni sia agli scrittori antichi senesi che a quelli settentrionali (cfr. Rohlfs, 1968, 598), le forme vegneria, alzaria, avria, ecc. richiamano indubbiamente solo quelle del condizionale di tipo cantaria nel toscano antico (cfr. Rohlfs, 1968, 594 per la forma averia e 595). Aggiungiamo che le forme del condizionale, usate da Trifone, sono quelle proprie della lingua moderna (sarebbe, sarebbero), mentre Sadi, orafo ebreo, usa la forma sarebbono, montarebbono. Livello lessicale della koin - elementi alloglotti Nel tipo linguistico di cui i traduttori del capolavoro del Darsa si sono serviti, troviamo parecchie parole ed espressioni alloglotte. Come gi detto, vi sono delle forme provenienti dalla lingua croata (i croatismi bogati, brate sono stati presi inalterati, mentre la forma drusco richiama il croatismo drug, compagno), poi dalla lingua tedesca, tra cui si distinguono sia i germanismi lessicali inesistenti nel testo originale (Musik!, Noch einmal Musik!, 32; Jawohl!, 48) che quelli presi dal testo originale, pronunciati dal tedesco Ugo, e adattati a livello grafico e fonetico; infine, ci sono i latinismi messi in bocca di Barba Maroje, di Trifone, cattarino, e perfino di Tirapi, servo di Maroje che, come noto, nel testo originale non pronuncia mai nulla in latino. Si vede che, quanto all'uso degli alloglottismi nel testo originale e in quello tradotto non si pu parlare del pieno parallelismo, poich alcuni elementi presenti nella traduzione sono pura invenzione dei traduttori il cui scopo di accentuare la comicit della situazione e del personaggio. Inoltre, per quanto concerne la distribuzione degli idiomi usati, nel testo originale sono in concorrenza praticamente due lingue, il croato e l'italiano siccome il latino appare sporadicamente e mai come idioma di comunicazione tra personaggi. In questo modo i personaggi si differenziano in base alla lingua usata. Tutti i servi (con esclusione di Pomet, vale a dire Ragusino nella traduzione) parlano il croato (l'unico enunciato in italiano da parte del servo di Maroje scorretto, mentre una espressione e le canzoncine in italiano da parte del servo di Maro non bastano per dimostrare la sua competenza in questo idioma). I nobili per si servono di due lingue, in relazione alla situazione e all'interlocutore. A differenza dell'originale, nella traduzione troviamo un tipo linguistico solo, una koin italiana ideata dai traduttori ed essa che varia a seconda del parlante. Quando la koin viene usata tra i servi (che sono tutti croati), nella espressione vengono percepite le caratteristiche per le quali questo tipo linguistico s'avvicina alle parlate veneziane e venete, e quando invece essa viene usata dai nobili provenienti da Dubrovnik e dintorni, vi sono sempre pi percettibili i tratti toscaneggianti anche se qualche tratto venezianeggiante resiste. Dall'altra parte, nel linguaggio di coloro che provengono dall'Appennino, i tratti toscaneggianti prevalgono in assoluto. La decisione dei traduttori di distinguere i parlanti in base alle caratteristiche della koin, le quali l'avvicinano ora ad uno ora all'altro tipo di parlate, corrisponde evidentemente al fatto che nel testo orginale i nobili (provenienti dalla costa dalmata) comunicano, oltre che in croato tra di loro, anche in italiano (in italiano coloniale) con dei tratti toscani, e senesi in particolare, sottolineando in tal modo i contatti tra Dubrovnik e le corrispondenti zone appenninniche. In questo modo i nobili ragusei, a cui si fa riferimento esplicito nel titolo della traduzione, e in particolare il tipo linguistico usato da loro fanno da ponte tra la lingua dei loro servi e quella della gente autoctona di Roma poich nella propria espressione uniscono elementi distanti nei termini di diatopia. Possiamo ipotizzare e dire che con questo procedimento stilistico i traduttori volevano mantenere la duplicit della lingua della nobilt ragusea e che cos hanno anche accennato all'influsso di vari idiomi italiani, propri della parte occidentare dell'Adriatico, sulle parlate dell'Adriatico orientale, nonch alla variet di questo influsso nei termini diastratici, prescindendo per dal fatto che i periodi di quegli influssi non coincidevano sempre. Per quanto riguarda la distribuzione dei pochi croatismi annotati nella koin della traduzione, essi si usano solo tra i personaggi croatofoni (Trip eta ossia Trifone, Bok ilo ossia Trirapi, Pomet ossia Ragusino, D~ivulin Lopuanin ossia Gian di Lopud) con funzioni testuali e pragmatiche ben distinte. Gli elementi croati servono a esprimere vari sentimenti, come amicizia (brate), compassione (aimemeni, bogati), ironia (bogati), oppure aiutano a stabilire o a interrompere la comunicazione tra i compatrioti (brate, bogati). A differenza dei latinismi che nel testo originale appaiono per evocare certi concetti filosofici e storici nei monologhi di Pomet (Ragusino), (cfr. Muhoberac, 1998:78, 82, 92), oppure per denotare fatti possibili raccontati da Trip eta (Trifone), (ibid. 1998:90), oppure per esprimere il sollievo quando pronunciati da Maroje (cfr. ibid., 1998:62), alla componenete latina nella traduzione spetta un ruolo diverso. Se usati, i latinismi servono ad attuare toni ironici e scherzosi (come gi detto troviamo qualche latinismo perfino in bocca del servo di Maroje). Inoltre, nella traduzione troviamo molti latinismi (come pure germanismi) inesistenti nel testo originale (in aeternum, circum circa,, consumatum est, minimum, ecc.), che per sono molto frequenti nei testi dialettali in prosa scritti dai traduttori. A causa di questo procedimeto stilistico, il ruolo del latino della traduzione non corrisponde a quello riservato al latino del testo originale in cui il latino considerato un idioma privilegiato, ossia la lingua alta (LA) il cui uso circoscritto allo strato dei parlanti colti. Osservazioni conclusive Sulla base di quanto esposto finora, interessante appurare che cosa succede all'ambiguit inerente al testo originale e/ o la sua possibile doppia interpretazione in chiave linguistica nella traduzione di Carpinteri e Faraguna. Questo importante aspetto del testo originale non si perde nella traduzione innanzitutto grazie ai procedimenti stilistici il cui esito si percepisce per lo pi negli antroponimi e negli elementi lessicali in generale nonch in quelli morfologici. I traduttori si sono sforzati di mantenere pi livelli espressivi nella comunicazione scenica: uno riservato per la comunicazione tra popolani e servi, uno tipico della comunicazione solo tra nobili ragusei e uno ancora tra i nobili ragusei e i cittadini romani. Il tipo linguistico che usano popolani e servi mostra variazioni a vari livelli, con dei tratti venezianeggianti sia a livello fonetico che morfologico e con maggiore apertura verso gli elementi alloglotti, in particolare di provenienza croata. L'idioma usato dai nobili ragusei, ma in particolare da Trip eta (Trifone), proveniente da Cattaro, dimostra pi tratti toscani anche nelle situazioni in cui il suo interlocutore appartiene allo strato dei servi (Petroniella). Il personaggio di Ragusino (Pomet), diverso da altri servi poich nel testo originale parla sia croato che italiano, e poi quando parla col padrone Ugo, il suo italiano sa anche di tedesco, nella traduzione si serve della koin che, a seconda dell'interlocutore, evidenzia ora pi tratti venezianeggianti ora pi quelli toscaneggianti. Si vede quindi, che le due lingue diverse (e le loro varianti) usate nei dialoghi nel testo originale, nella traduzione diventano pi varianti di un solo tipo linguistico stilizzato, vale a dire, di una koin artistica ideata dai traduttori. In base a questo si pu constatare che con la prima, ma non tanto conosciuta traduzione italiana della nota commedia rinascimentale croata, adattata in seguito per la rappresentazione teatrale che, come si visto, ha suscitato molto e senz'altro meritato successo, si riusciti a rendere in lingua italiana, anche se parzialmente e solo in alcuni segmenti sacrificandone molto, l'idea e il gusto della molteplicit linguistica del testo darsiano, e dei suoi effetti sociolinguistici e stilistici . Letteratura: Jrn ALBRECHT, Literarische berstzung: Geschichte. Theorie, kulturelle Wirkung, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt, 1998 Giuseppe, BOERIO, Dizionario del dialetto veneziano, 2a ed. aumentata e corretta, Venezia 1856, ristampa anast. 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Vocabolario della lingua italiana, Zanichelli Bologna, cop. 1999 PAGE  PAGE 20  Le caratteristiche fonetiche, morfologiche e sintattiche non solo della succitata commedia bens dell'intero opus di Marin Dr~i si trovano presso Milan Reaetar, 1953, Jezik Marina Dr~ia, Rad JAZU 248, pp. 99-240; Milan Mogua, nel suo lavoro intitolato Jezi ni elementi Dr~iN P X Z    fh. |hjpwCDESbmnoþӺӬ頔hGHAhVhIh 6hIOhMh hjhL0JUhL hL6jhZ|c0J6UhLht(u hZ|c6hZ|chq h1$F6hFQ,h Sh h4hN9h1$F7 "~ hjlnprtvxz|~dhgd)ȋo"hj@HJT|~JMX\hiy "ɷɩɥɥɥѥт~h hGHAhGHAjhq0JU hI6hh: hR 6hR jh 0JUh[jh[u0JUhIhLhgzhLhFQ,h h 6hIO hW6hWhVh[ujh9X0JUh9X1%% & &c."7AGGGGiMPYaaaaadhgd26 dh`gdKdhgdK; dh`gdx  dh`gdK=EdhgdLdhgd)" 4jln{|&~E P ^ _ n p q s !!! !!!A!p!!!!"##$F$O$Q$]$^$a$$$$$$$$$$$%!%*%hx>hFQ,hs'heh h 6hLhDkjhMXa0JUh: hIhhhGHAL*%M%v%%% & & & &&*&+&,&3&S&&&&&&&&&&&<'>''''(&()((((((((((() )!)')0)A)O)^)f))))))))))))))Źʵεεʵʵֱֱ֣֭jhfg0JUh}hfgh-TjhK=E0J6U hK=E6hK=Eh?th hNhjjhN0JUh2kh hehFQ,hs'hx>@)))F*b*j****+"+'+(+i+j+y++++++,,,,,B,j,n,->-?---..&.(.a.b.c.m.q.w....../Q/R/S/V/Y/Z/[/_/c/e/q/r/Ƹ謴hF+hj6hjh$hhF+jh>{0JUh{eh>{jhl,0JUhFQ,hjhF+h 6hK=Eh}hx>h h$hnhN=r/s/t/x////000R0S0T0m00000000111+1,181I1U1f1111111111111111111122%2,2-2526282B2C2N2O2R2l2m2x222ʾʵ hvw$6hF+hvw$6 hl,6hvw$h\h!hET7hizjhx>0JUhZ3h^'h{hF+hF+hj6hx>hjhehaB222222222222233333;3I3Q34,4444555555#6$6,6-6.626E6J6]6`6a6k6z666666667 7#747@7A7I7V7\7888볯 hc6hchc6hchS h!6 hiz6h! h\6h\h o hy6hl,hiz6h$hl,h xhyhizh{e hvw$6hvw$?8"8$8(8*86888>8J8X8Z8z8~8888899:::\;;;*<5<a<b<<<<< ============= >>>>>>?%?&?-?.?1?>?ļٙٸ hqJ6hch?H6h>{jh o0JUhqJ h o6h oh!h&` hm@h" h"6h"h"6h?HhS hc6hchS6 hchch{e h\h\:>???@@@@@@AAAAAAA BB B-B2B4B>BJBKBQBgBhBiBjB~BBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBB%Cį hg6hehOhg6hghm$hOhO6hOhOhm@6h$hm@ h?Hh?Hh{eh?H hqJ6hqJh>{D%C'C,C6C7CDCECGCJCPCDD DHDJDtDDDdEtExEzEEEEFFF*F+FYFvFwFFFFFFFFG$GTGcGdGGGGGGGGHHHHHII`JbJKKKKKK컷г̳̳гhGhMhIOh[1UhyhShO hg6hm$h{ehK;hOh6 6hqJh6 hOhm@6hm@h$hehgh&` BKKKKKLL"L#L0L^L_LrLLLLLLL>M?MhMiMMMMMMMMMMMMMMM.N0NPN\NpNrNzNNNN OOOOOPPtPPPPPPPP۽Žߟۛh'4h~6h 0@hFajhl0JUhK;hl6hlhC hZ h6 ha 6hx ha hIOh*;D hG6hK;h{eh[1UhhGhM=PPPPP QQMQ\QtQQQQQQQQQQ"R:RRFRTRbRfRRRRRSSSTTT TTTTT T,T@T[T\TTTTTTTTTTTTUU˻˷˷ϳ诫h0Fjhy%0J6U hy%6hy%hyjhIOhGh26h266h-hx 6h26h-h-h:W6 h-6hK;h(^_h:Wh-h~66h{eh'4h~6;U U UUUUUCUMUTUUU[U\U]U`UgUqUrUUUUUUUUUVVV+VAVKVfVVVVVVVVVVWWW,W3W;W=W>WTWVW^WaWuW~WWWWWWWWWWϿ˻췯跫h26h266hYh26h~66h~6h? 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Milan Mogua, !969 (di cui ci siamo serviti noi), ha fatto l'analisi linguostilistica, mentre F. ale si occupato degli elementi alloglotti (cfr. ale 1971 e ale 1971-1973). Lo stesso autore ha curato l'edizione dell'opera omnia di Marin Dr~i intitolata Djela , Biblioteka Temelji, SNL, Zagabria, 1979, in cui si trovano tante osservazioni utili nella parte introduttiva nonch i commenti e un esauriente vocabolario.  Il testo di questa commedia stato completato dallo studioso Mihovil Kombol nel 1955.  Marko Fotez (1969: 378) cita la traduzione in italiano da parte di Eros Sequi, mentre nell'articolo di F. ale (1970:72) troviamo che Domenico Cernecca ha acconsentito di tradurre una versione abbreviata del testo originale ancora nel 1963, la quale per non mai stata n pubblicata n messa in scena.  F. ale scrisse di questa traduzione poco dopo la sua pubblicazione (cfr. ale, 1970:69-74) fornendo molti particolari interessanti legati non tanto alla traduzione in s quanto alla fortuna dello spettacolo per cui essa serv. Inoltre, ale accenn alla traduzione nella nota 8 del suo saggio ale1971-1973:90-110.  Lino Carpinteri e Mariano Faraguna, nati ambedue nel 1924 a Trieste (Faraguna morto nel 2001), entrarono in scena nel 1945 come giornalisti col manifesto Caleidoscopo e poi continuarono a lavorre insieme producendo programmi radiofonici. Si esibirono anche come scrittori di cronache locali e poesie, e la fama e il pubblico se lo conquistarono coll'uscita del primo dei sei libri intitolato Le Maldobre nel 1965 in cui, in forma di dialogo tra due interlocutori evocano vicende e personaggi storici noti agli abitanti dell'Adriatico orientale. Inoltre, per 40 anni diressero La Cittadella prima un settimanale e poi un supplemento del quotidiano triestino Il Piccolo di vena umoristica.  Questa versione usc a Udine nel 1969 presso l'editore Del Bianco. Il valore fondamentale dell'edizione (e dell'intera collana si cui questa si trova) sta nel fatto che si tratta di un'opera straniera in prima o in nuova traduzione o versione italiana. Inoltre, come scritto in copertina, il testo pubblicato non corrisponde a quello predisposto inizialmente dall'autore o dal traduttore ma il copione che gli attori hanno recitato (nelle stagioni appunto del Teatro Stabile di Trieste) cos come risultato alla conclusione dell'impegno drammaturgico e registico di chi l'ha messa in scena.  Ci permettiamo, per motivi di curiosit, di citare un articolo (su cui si sofferma pure ale, 1970: 74) apparso sul quotidiano londinese The Times il 9 ottobre 1969, pp. 9, che parla di due rappresentazioni diverse dello stessa commedia, ovvero di Dundo Maroje di M. Dr~i, ma con esiti diversi. L'autore, John Francis Lane, scrisse che qualche giorno prima, la stessa sera, al programma del teatro La Fenice a Venezia c'era la rappresentazione intitolata Dundo Maroje, recitata da Jugoslovensko Dramsko Pozoriate da Belgrado e diretta da Bojan Stupica, mentre al Teatro Olimpico di Vicenza c'era la commedia I nobili ragusei (closer investigation revealed that this was the same play by the same author, diceva il testo) recitata dal Teatro Stabile di Trieste e diretta dal regista straniero, Kosta Spai (of the Zagreb Academy). Mentre lo spettacolo di Venezia fu un disastro (it was difficult to reconcile Stupica's fame as a director with the spiritless production we saw at La Fenice, so poorly acted and so lacking in any real sense of Renaissance values) ricevette applausi e ovazioni (The Italian production, or rather that staged in Italian by Spai, gets every inch of humour out of the situations).  Quanto agli spunti relativi alla teoria della traduzione rimandiamo a Albrecht,1998, da cui abbiamo tratto tante osservazioni utili per questo contributo.  A questo punto necessario delineare in breve la trama della commedia. Il giovane prodigo Maro da un po' di tempo si trova a Roma vivendo da gran signore e godendo delle carezze della prima cortigiana della citt grazie ai beni del padre, che, preoccupato soprattutto per i soldi che teme perduti, arriva da Dubrovnik per cercarlo. La bella amante di nome Laura viene corteggiata pure da un signore tedesco, Ugo Todesco, al cui servo, l'intelligente Ragusino, piace la serva della signora Laura, Petroniella, anche lei di Dubrovnik. Petroniella cara anche a Bevagna, servo di Maro. A Roma vengono anche altri personaggi di Dubrovnik: la giovane Pera, insieme col cugino e la sua nutrice, cerca il fidanzato Maro, mentre Barba Maroje viene cercato dal fedele amico, mercante Paulo. Allo stesso tempo ci arriva un altro croato, Gulisan, che cerca la figlia perduta di un ricchissimo nobile tedesco. Dopo una serie di peripezie e risvolti comici, si ritrovano padre e figlio facendo pace e accettando la vita di prima il figlio e la perdita delle ricchezze il secondo, tornano insieme i fidanzati Pera e Maro, si scopre che la cortigiana Laura, che accetta l'affetto di Ugo Todesco, la figlia perduta, si mettono insieme pure i loro servi, Ragusino e Petroniella.  Non a caso nel libro di J. Albrecht, che tratta la traduzione letteraria, uno dei capitoli porta il titolo Letteratura di seconda mano: cambiamenti letterari alla luce della traduzione, cfr. Albrecht, 1998.  Il sintagma nobili Ragusei presente fin dall'inizio del testo tradotto. Infatti il prologo della commedia, fatto nella versione tradotta pure da Ragusino (a differenza del Negromante nel testo originale) si apre con questo sintagma e il determinante nobile viene ripreso poi due volte di seguito, nelle due formule invocative che seguono immediatamente: Nobili Ragusei, nobile e vecchio popolo de Ragusa, nobilissimo e benevolo consesso. Nel testo originale, la parola plemenit (vale a dire nobile) appare una volta sola all'inizio e dopo seguono altri determinanti dobrostiv (benevolo), mudar (saggio): Plemeniti i dobrostivi skupe, pu e stari i mudri. Darsa, amareggiato dalla sua esperienza personale con la nobilt ragusea forse non se la sentiva di ripetere tante volte la parola nobile.  Gli autori venendo dalla zona di Trieste approfittano del fatto storico che per cent'anni,, dal 1814 al 1914, il territorio da Trieste fino alle Bocche di Cattaro, a sud di Dubrovnik, si trov riunito nello stesso stato e i suoi abitanti, sottomessi al dominio degli Asburgo, fecero esperienza di una certa omologazione culturale e civilizzatrice asburgica sicch i nemici di una volta, in quel periodo subirono lo stesso destino. Il fatto per contribui alla conoscenza mutua e approfond i rapporti di vaio tipo ormai esistenti tra gente appartenente a cerchie culturali diverse, innanzitutto venetoitaliani, croati, sloveni e tedeschi, in contatto nel territorio.  Ai conoscitori dell'opus di Carpinteri e Faraguna non sfuggir il proverbio relativo ai ragusei: I ragusei, che sia nobili o sia plebei, davanti a San Biaso se cava i capei. (Carpinteri-Faraguna, 1965: 99), che, forse, rivela una opinio comunis dell'ambiente degli Autori: il rispetto per il proprio patrono una specie di nobilt del carattere.  Altri significati offerti sono: 1) Garzone o aiutante del boia che un tempo aveva il compito di tirare per i piedi gl'impiccati per abbreviare l'agonia; 2) fig. fam Chi lavora assolvendo incombenze molto misere. Cfr. Zingarelli, s.v.  Usiamo il termine italiano per comodit e anche come indicazione del diasistema. Esso include anche il referente veneziano, ovvero veneto, in particolare quando si tratta dei periodi pi antichi (per, secondo M. Deanovi, 1971-73: 1, a differenza di quanto avvenne sulla rimanente costa orientale dell'Adriatico, che per secoli fece parte della Repubblica Veneta e dove si parlava il dialetto della Serenissima, codesto idioma non mai penetrato nella indipendente Ragusa), nonch il referente pugliese romano e toscano grazie ai rapporti stretti commerciali tra la Repubblica di Dubrovnik e le rispettive regioni. }. Mulja i cita il termine toscano raguseo (di cui si rese conto gi Matteo Giulio Bartoli (cfr. Mulja i, 1971-73: 11 e n. 9), lingua di cultura che, secondo lui, prese il posto del veneziano coloniale, lingua internazionale nel Mediterraneo. . Bisogna dire che il termine italiano frequentemente viene usato al posto del sintagma lingua franca per cui ha l'accezione di veneziano coloniale o di veneziano de l de mar nonch di toscano raguseo, mentre Mulja i (1971-73: 16) usa il termine l'italiano coloniale di Dubrovnik.  Questo tratto, riportato nella n. 4 presso Mulja i (1971-73: 10), viene descritto come segue: & l's susseguita dalla c, che viene pronunciata marcatissima ed aspra, tanto, quasi, quanto l'sch dei Tedeschi nelle parole Freundschaft, Schrank, Schaube, Liebschaft.  Dubrovnik la citt dalmata in cui da sempre si sentirono pi influssi toscani, pugliesi e marchigiani che veneziani come invece fu nel resto della costa dell'Adriatico orientale. Cfr. Mulja i, 1971-73.  Nella traduzione troviamo le didascalie, ma sono le note del regista, con cui vengono indicati i cambiamenti della scena, i movimenti degli attori sul palcoscenico e il loro aspetto fisico. Inoltre, nella traduzione certe scene sono state scartate o notevolmente abbreviate (tanto per darne solo un esempio, nella traduzione il IVo atto si chiude con la scena 10 del IIIo atto; una parte della scena 11 (il monologo di Maro) apre il Vo atto della traduzione al posto del monologo di Pomet nell'originale, mentre le scene 12 e 13 mancano del tutto).  Un tratto lessicale che accenna al legame dei traduttori con l'area veneta e giuliana la parola bigolera (Che in Cattaro se chiamava Mande la bigolera, cfr. Carpinteri  Faraguna, 1969: 32). Nel dialetto veneziano bigoler (Boerio, 80) indica Quel botteghiere che fa o vende i vermicelli ed altre paste secche. Nell'area giuliana (Rosamani, 1990: 92), si annota questo lemma in funzione di un soprannome.  La forma venezianeggiante e veneta sarebbe per ciapar, per cui si capisce che in questo caso abbiamo la forma toscana con l'aferesi.  Per gli esiti diversi della G davanti a vocale palatale, DI e I (o di J dei prestiti francesi e provenzali) sia in posizione iniziale che mediana cfr. Rohlfs, 1966-68, 156, 158, 220, 277, 279. Nel veneziano antico la soluzione pi frequente era /dz/, che si conserva nel veneziano dalmata. Cfr. Ursini, 1987: 86. Per gli esiti di C davanti a vocale palatale e di TI cfr. Rohlfs, 1966-86, 152, 214, 290  Il lemma brate stato citato gi da Boerio col significato: Schiavone, dalmatino, Illirico e con l'osservazione che la voce vernacola illirica. Cfr. Boerio, 1998:98. Il lemma bogati citato da Miotto (Miotto, 1991: 28). L'assenza di questo lemma da Boerio suggerisce che il croatismo entr pi tardi nel veneziano coloniale dell'Adriatico orientale. Rosamani (Rosamani, 1990: 100) cita il soprannome Bogom che prova la presenza della forma di base bog , che in seguito diede, oltre alla forma bogati, le altre di cui il succitato Miotto (Miotto, 1991: 28) menziona la bestemmia boga, le forme ottative bogami, bogova, il verbo bogovar (bestemmiare), sostantivi bogovador (bestemmiatore), bogoveta (piccola bestemmia). Per il termine forma ottativa cfr. Garavelli, 1988: 165.  Si sa che M. Dr~i (M. Darsa) trascorse una parte della vita a Siena per motivi di studio ed ebbe dei contatti con Lorenzo il Magnifico. Cfr. ale, 1989.  La violazione della dimensione diacronica ovvia. La storia delle interferenze tra gli idiomi (e le culture) dell'Adriatico occidentale e quello orientale manifestatesi sulla costa orientale del mare troppo lunga e complessa per entrarne in merito ora. Si vuole perci solo ricordare, pur rischiando di semplificare troppo, che all'epoca del Darsa la citt di Dubrovnik teneva contatti stretti innanzitutto con le zone centromeridionali dell'Appennino, quindi con la Toscana, Il Lazio, la Puglia (cfr. Mujlja i, 1971-73), mentre l'influsso veneziano e veneto, pi sentito in Istria, nel Quarnero e in Dalmazia, si estese su tutto l'Adriatico orientale, fino alle Bocche di Cattaro, appena dopo la caduta della Serenissima, il cui potere venne sostituito da quello degli Asburgo che come centro d'irradiazione linguistica e culturale scelsero la citt di Trieste.  Nella traduzione di Carpinteri e Faraguna troviamo alcune espressioni latine (circum circa, Ite missa est!, in aeternam, consumatum est, ecc.) che nel testo originale non esistono. Sono espressioni frequenti nella koin veneta dell'Adriatico orientale, documentate e usate nelle opere dei traduttori, in particolere nella loro prosa di memoria, conosciuta sotto il nome di maldobre, proveniente dal loro primo libro di questo tipo intitolato Le Maldobr, 1967, Ed. Lint. Trieste.  Usiamo il termine lingua alta (LA) conforme alla teoria relativistica di }. Mulja i. Cfr. Mulja i, 1984. )z*,Z/49 CDD2NPTV[H^ `Lihkm\qtu(xx>zNƋgd\$a$gd\gd\,,..T.V.Z/\/00r2233444499::t;;=.=F>f>>> C CCBDDDFDHD0N2N4N6NOPPPP8P*Q:Q`QvQQ RSS۶۫۠ۗۋۋۗۗhl,hv6CJaJhv6CJaJhfghvCJaJh&` hvCJaJhNhvCJaJhvjhv0JUh 9&hv6CJaJhvCJaJh 9&hvCJaJ!jh 9&hv0JCJUaJ6S~TTTTRVTVVVXV[[[[[T\\^]z]F^H^J^L^`` `"`LiNiiijjjjjjjk`khkjklkmmm\mjmoֿﴣhKhvCJaJh 9&hv6CJaJh 9&hvCJaJ!jh 9&hv0JCJUaJh5hvCJaJ h\hv hv6h>{hvCJaJhvjhv0JUh-hvCJaJhv6CJaJhvCJaJ0ooooopHpJpdppprp.q0qXq\q^q`q$r6rrrs$sttttu uuuuuvxxxxxyPz\z| |v|||||z}}}}}} ~~"~$~&~:~\~r~h[rhvCJaJhs-hvCJaJhZhvCJaJhv6CJaJhvjhv0JUhvCJH*aJhvCJaJh 9&hvCJaJh 9&hvCJH*aJ>r~LNPR "2Έ؈  ċƋȋʋh !h%1hu hvCJaJhghvCJaJhv6CJaJhHhvCJaJhWrhvCJaJhvjhv0JUhthvCJaJhvCJaJƋȋʋdhgd)01hBP/ =!"#$% @@@ NormalCJ_HaJmHsHtH DA@D Default Paragraph FontRiR  Table Normal4 l4a (k(No List<+@< Z|c Endnote TextCJaJ>*@> Z|cEndnote ReferenceH*>@> l Footnote TextCJaJ4 @"4 AFooter  !.)@1. 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