ࡱ> 5@ x2bjbj22 <:XXD884C"000000NPPPPPP$RK,t60066t006h00N6N0 "( <0Cwwt4Ntw$0$ T$>+^1b000ttdElemento alloglotto nella commedia Dundo Maroje di Marin Dr~i e nella sua traduzione in italiano intitolata I nobili Ragusei Frano ale dedic gran pate della sua attivitt scientifica alla ricerca profonda e minuziosa dell'opera del suo concittadino Marin Dr~i, ossia Marino Darsa. Essendo un accanito studioso della filologia italiana, ale esamin vari aspetti dell'opus del Darsa e cos non trascur neanche la lingua delle sue opere. Nel volume 13-15 del BALM ( ale, 1971-73: 93-110) c' il suo l'articolo cui si deve il presente contributo e del cui titolo ci serviamo in questa occasione, Elemento alloglotto nelle commedie di Marin Dr~i (Marino Darsa, 1508-1567). Il testo di ale, collegandosi tematicamente con il saggio di Milan Reaetar (Reaetar, 1933), apparso quarant'anni prima e intitolato Jezik Marina Dr~ia, era molto importante perch rappresent un passo avanti rispetto a Reaetar, che constat l'uso funzionale degli elementi alloglotti nei testi darsiani, vale a dire la presenza di elementi italiani ossia toscani, veneziani, turchi, latini e addirittura croati, quando pronunciati dagli italiani. ale, infatti, seguendo un'argomentazione molto chiara, dimostr le particolari caratteristiche drammatiche e sceniche della lingua, e dell'elemento alloglotto, nelle commedie darsiane. Il Dr~i riteneva che la lingua doveva essere polivalente, allusiva e atta, sia a divertire il pubblico (e anche il lettore), sia a esprimere una severa ma giustificata critica contro l'aristocrazia ragusea. Secondo ale, anche l'elemento alloglotto, che s'incorpora allo strumento-base dell'espressione del Dr~i, adempiva alla stessa funzione, cos che non si riduceva a offrire un'illustrazione generica, ma aiutava a individualizzare i personaggi e a creare situazioni comiche. In tal caso il plurilinguismo, creatosi nelle commedie del Dr~i, non estraneo di certo al gusto della commedia del Cinquecento ( ale,1971-73: 99), contribuisce, insieme ad altri elementi espressivi, al tono comico dei suoi testi e, inoltre, rispecchia un tratto della personalit dello stesso Dr~i. Parlando per, dell'elemento alloglotto nelle commedie del Dr~i dobiamo chiarire che in questa occasione usiamo questo termine solo in riferimento agli elementi, ossia prestiti, non adattati e neanche acclimatati. Si tratta, quindi, di parole isolate e/o interi testi pronunciati in un idioma diverso dall'idioma indigeno del parlante. La posizione testuale di questo tipo di elementi alloglotti, messi sempre in evidenza per mezzo della stampa in corsivo nell'edizione dell' opera omnia del Dr~i, curata da F. ale ( ale, 1987), di cui ci serviamo pure noi, diversa dalla posizione dei prestiti adattati e/o acclimatati, di cui l'idioma raguseo abbonda e i quali il parlante medio raguseo del Cinquecento considerava parte costituente del corpus lessicale dell'idioma di Dubrovnik di quell'epoca. importante tener presente la distinzione indicata poich gli elementi che nel volume succitato sono in corsivo (parole e testi latini, toscani, tedeschi) indicano la capacit del parlante darsiano di servirsi ancora di un altro idioma. I forestierismi in forma originale designano, infatti, un passaggio, a volte anche breve, da una lingua all'altra, dovuto ad una reazione spontanea di natura culturale del parlante. I prestiti acclimatati e adattati, invece, non sono mai il segno della stessa capacit e, quindi, di una situazione di bi/plurilinguismo; essi, piuttosto, solo documentano processi di interferenze e contatti linguistici. I personaggi darsiani rappresentano, quindi, parlanti con entrambi esperienze e capacit linguistiche. In questa sede prestiamo la nostra attenzione soltanto ad una commedia del Dr~i, in particolare a Dundo Maroje. Vogliamo, infatti, analizzare la funzione di elementi alloglotti di origine neolatina, o romanza, tra cui dominano elementi toscani e quelli propri degli idiomi dell'Italia centrale. Rispetto alle ricerche precedenti, che hanno toccato lo stesso tema, la nostra ricerca riguarda l'analisi e la posizione degli elementi alloglotti nel testo originale della commedia e anche nella sua traduzione in lingua italiana. Finora si dispone di pi traduzioni italiane della commedia indicata. Secondo i dati la prima traduzione ( ale, 1970), fatta da D. Cernecca, tuttora in manoscrito. Quanto alle due traduzioni pubblicate e accessibili al pubblico, quella che oggetto del nostro studio e che metteremo a confronto con il testo originale per esaminare la posizione dell'elemento alloglotto, la traduzione fatta da Lino Carpinteri e Mariano Faraguna, alla cui uscita accenn pure F. ale ( ale, 1970). Lino Carpinteri e Mariano Faraguna pubblicarono la loro traduzione nel 1969 per metterla in scena, innanzi tutto nel Teatro Stabile di Trieste, come si vede dalla spiegazione fatta in copertina dell'edizione: il testo pubblicato non corrisponde a quello predisposto inizialmente dall'autore o dal traduttore ma il copione che gli attori hanno recitato (nelle stagioni appunto del Teatro Stabile di Trieste) cos come risultato alla conclusione dell'impegno drammaturgico e registico di chi l'ha messa in scena. Il progetto era un esperimento nella cui realizzazione furono coinvolti anche parecchi croati, tra cui primeggiava l'insigne regista Kosta Spai. La traduzione, il cui sottotitolo dice prima versione italiana di Lino Carpinteri e Mariano Faraguna dalla traduzione originale di Giovanni Felicinovich, usc col titolo di I nobili Ragusei e comprende anche le parti scritte da Mihovil Kombol e Ranko Marinkovi con cui di solito si sostituiscono le scene perdute del testo originale quando la commedia si presenta a teatro. Anche se di questa traduzione abbiamo parlato altrove (De~eljin, 2004), riteniamo doveroso ripetere alcune particolarit. Il titolo della traduzione, fatta da Carpinteri e Faraguna, I nobili Ragusei corrisponde in gran parte alle parole iniziali con cui Ragusino (ossia Pomet Trpeza nel testo originale) si rivloge nel suo prologo agli spettatori della commedia (cfr. I nobili Ragusei, titolo, e Nobili Ragusei, , apertura del prologo, Carpinteri e Faraguna, 1969, ). Per mezzo di questo vocativo usato per rivolgersi al potenziale pubblico, i traduttori subito mettono in evidenza la loro ottica di lettura del testo darsiano, nella quale il punto focale si sposta dal personaggio di Maroje, che nel testo originale sta per la falsa e corrotta nobilt ragusea, in direzione verso l'intera cittadinanza ragusea, molto eterogenea e pittoresca per uno che l'osserva da fuori, come lo fanno Carpinteri e Faraguna. La traduzione, infatti, si distanzia dal testo originale: essa non pi una critica personale piena di disperazione dolorosa e d'ironia contro gli uomini falsi, vale a dire la nobilt ragusea, ma piuttosto una storia tanto meno filosofica e tanto pi piacevole e allegra, in cui si burlano, a volte anche in modo banale, non solo le debolezze e le virt umane, riconoscibili ugualmente in ragusei e in romani di tutti i ceti, ma anche le differenze tra cittadini e paesani, tra romani e ragusei. Alla leggerezza della commedia tradotta contribuiscono fin dal primo momento anche i nomi italiani di alcuni personaggi, Mentre, infatti, i nomi di Maroje (il quale nella traduzione prende il prenome barba rispetto a dundo del testo originale), di suo figlio Maro, di Laura, e di alcuni altri, rimangono inalterati anche nella forma nel testo tradotto, e i nomi di Petroniella, Trifone, Ugo Todesco, Camillo, Sadi Giudio e di alcuni altri sono il risultato di qualche lieve adattamento ortografico o fonetico che i nomi originali hanno subito (cfr. le forme del testo originale: Petrunjela, Trip eta, Ugo Tudeaak, Kamilo, Sadi }udio), i nomi di tre personaggi sono tradotti affinch la comicit che questi personaggi provocano nel testo originale, accentuata sempre anche dal loro nome, non si perda neanche nella traduzione. Sono i nomi di Tirapiedi (e la variante Tirapi), Bevagna e Cuntento. Tirapiedi il nome del servitore fedele del vecchio Maroje che nel originale si chiama Bok ilo e la cui massima preoccupazione di non soffrire la fame e la sete. Analizzando il significato del nome (o soprannome?) croato, che i dizionari della lingua croata non annotano come lemma, i semi componenti sono [+povero], [+aiutante], [+sofferente], [+umiliato]. A differenza di questo, il termine Tirapiedi, con cui si sostituisce il nome succitato nella traduzione italiana, annotato dai dizionari italiani e sta per designare chi al servizio di un altro e ne asseconda ogni inziativa per servilismo o allo scopo di ricavare vantaggi., (Zingarelli, s.v.). La persona di questo nome non quindi, secondo il dizionario, n povera n umiliata, ma siccome nel testo della traduzione si accentua anche il vizio di bere tanto (El se ga tir dietro un tirapi che ne ha bevesto fina el vin della Messa, cfr. Carpinteri e Faraguna, 1969: 44), la vena comica che accompagna il personaggio non si perde. Quanto al nome Bevagna, esso un equivalente pieno del nome Popiva, che lo stesso personaggio porta nel testo originale. Con la parola Cuntento Carpinteri e Faraguna traducono il nome di un umile giovanotto di nome Grubia, figlio dell'amico di Maroje, poco istruito, che gli osti romani, a cui pare poco intelligente, prendono crudelmente in giro. Nel nome croato si capisce il motivo per il quale loro si burlano del ragazzo: chi grubia ha davvero difficolt nel socializzare e nel comportarsi in corrispondenza con la situazione e interlocutore. Per capire, per, la comicit che in questo caso non si perde, bisogna conoscere anche altre opere di Carpinteri e Faraguna in cui il personaggio che porta il nome/soprannome Cuntento sempre una persona rozza, scema e tarda. A questo punto bisogna anche mettere in evidenza che il nome del personaggio centrale della commedia darsiana, Pomet Trpeza, cambiato in Ragusino nella traduzione. In questo modo i traduttori hanno trascurato alcune particolarit importanti del testo originale. Inanzi tutto, il Pomet darsiano il simbolo dell'uomo rinascimentale, dell'individuo dotato di virt la quale il prodotto della correttezza innata, della forza, della determinazione, dell'intelligenza e di altre qualit necessarie per raggiungere l'armonia umana e per realizzare l'essenza dell'uomo; Pomet , inoltre, filosofo e commentatore del Machiavelli, infine, lo stesso Dr~i ( ale, 1987: 99). Il suo equivalente italiano, Ragusino, notevolmente diverso, essendo meno filosofico, meno istruito (nella traduzione mancano molte sue osservazioni in latino) e, quindi, meno complesso; egli , infatti, pi divertente e pi domestico anche se non si inserisce del tutto nella classe di altri servitori. Persino il suo nome allude ad una lieve semplificazione. La forma del nome, in cui, secondo Migliorini si percepisce l'influsso veneziano, rappresenta, in effetti, conforme al Grande dizionario italiano dell'uso (De Mauro, XXX> 384), un registro basso di lingua, e questo cambiamento linguistico fa s che Ragusino, invece di continuare ad essere quel del tutto unico personaggio teatrale, come lo Pomet darsiano, perde il suo aspetto universale, che come raguseo avrebbe potuto avere, e diventa pi locale, rivolto innanzi tutto all'Adritico, e popolano. E con ci, in seguito, la commedia non pi un testo che parla di Maroje e degli uomini che questo personaggio rappresenta, uomini falsi, uomini a rovescio, ma piuttosto un testo che parla dei ragusei o, addirittura dei ragusini, come si vedr in seguito. L'uso della forma ragusino al posto del raguseo non causale e addita alla lingua della traduzione fatta dagli scrittori triestini. Chi conosce l'opera del Dr~i sa che tradurre le sue opere non un'impresa facile poich bisogna trasmettete in un'altra lingua la particolare espressivit comunicativa dei suoi personaggi. Essendone consapevoli, e allo stesso avendo fin dall'inizio rifiutato l'italiano standard come mezzo linguistico adatto per sostituire la lingua del Dr~i, Carpinteri e Faraguna decidettero di trovare/formare una koin. Nella prefazione alla loro traduzione ne parlano esplicitamente sottolineando che il croato 'illirico' di Marino Darsa appare come un composito insieme di costrutti e copiosissimi prestiti lessicali italiani e che nella commedia che ambientata a Roma i dialoghi al modo croato si alternano ad intere scene scritte in italiano e che questo italiano, naturalmentete sa pi di Dalmazia che non di Roma o di Toscana e proprio da esso in questa versione, si preso l'avvio per volgere in lingua nostra i dialoghi del Darsa, (Carpinteri, L. Faraguna, M., 1969: 11-12). Da questo si vede che Carpinteri e Faraguna, avendo avuto gi esperienze teatrali, tennero conto delle richieste particolari imposte dall'attivit di tradurre per il teatro e quindi della necessit di adottare un linguaggio diverso da quello delle commedie nate in Italia nello stesso tratto di tempo, il quale fosse quanto pi possibile vicino ai moduli popolareschi della Dalmazia, (Carpinteri, L. Faraguna, M., 1969:12). Questo era, infatti l'unico modo per mantenere vivo anche nella versione il marcato contrasto tra il croato d'Illiria e i dialoghi alla toscana e alla romana, sicch i traduttori si convinsero di poter legittimamente sostiruire l'idioma raguseo di radice slava (ma dalle molte fronde italiane) del testo originale con l'altra parlata ragusea, dal lessico e dal costrutto esclusivamente italiani, che accanto ad esso continuava a vivere (Carpinteri e Faraguna, 1969:12-13). Nella stessa prefazione si legge anche che le fonti a cui hanno attinto i modelli di quel linguaggio italiano, adatto a sostituire il croato del testo originale, sono varie e molteplici, e il risultato sono le antiche e, per il lettore contemporaneo, strane forme veneziane ( ale, 1970: 72). Quello che poi ci lascia alquanto sospettosi riguarda la dichiarazione di Carpintei e Faraguna che volevano servirsi della parlata ragusea, dal lessico e dal costrutto esclusivamente italiani che viveva accanto al raguseo croato, e che attinsero a diverse fonti per trovare le forme che corrispondessero a questo italiano raguseo e, inoltre, anche la constatazione di ale che il risultato della loro ricerca e della formazione dell'idioma adatto sono strane forme veneziane. Ci si chiede, quindi, qual tipo linguistico troveremo nella traduzione di Carpinteri e Faraguna e in che rapporto stanno la parlata ragusea di tipo italiano da cui i traduttori italiani partirono e le forme veneziane citate da ale. Per di pi, ci interessa se la scelta delle forme veneziane sia legittima e giusta, visto che nell'epoca cui risale il capolavoro darsiano l'influsso veneziano a Dubrovnik era assai indebolito e/o comunque diverso da quello durante i 150 anni circa di occupazione veneziana della citt (1205-1358), (cfr. Mulja i, 2000: 84), quando a Dubrovnik era viva ancora la lingua latina ragusea, e, inoltre, diverso dall'influsso attivo del veneziano coloniale nei comuni dell'Adriatico orientale sottomessi al dominio veneziano. vero che l'influsso veneziano nella lingua darsiana fu notato anche dal citato Reetar (Reetar, 1933:120) in riguardo alla commedia Arkulin, ma ovvio, come osservato pure da Reetar, che nel caso concreto l'elemento veneziano nella bocca del personaggio di Arkulin svolge una funzione stilistica, o pragmatica, e che quindi le caratteristiche fonetico-fonologiche della lingua servono innanzi tutto a deridere quel personaggio vanitoso, stizzoso e avaro: Nel caso di Arkulin quindi, oltre ai modi di agire, anche un particolare tipo linguistico (quello di tipo veneziano) responsabile degli effetti comici. In Dundo Maroje invece, l'uso stilistico della lingua si manifesta in modo ancora pi raffinato. Senza intenzione di ripetere le cose note, ricordiamo in breve che nel testo darsiano, di tutti i personaggi residenti a Dubrovnik e nelle zone confinanti, solo le donne (Pera e Baba Perina) e pochi uomini (D~ivo, cugino di Pera, Mazija, portalettere, e Grubiaa, figlio dell'amico di Maroje) non pronunciano neanche un forestierismo romanzo non-acclimatato. Essi, e in particolare le donne e i due giovanotti, D~ivo e Grubiaa, rappresentano la categoria di abitanti che, sia per il conservatismo, sia per la mancanza dello studio, non aveva contatti (o ne aveva pohissimi) con un altro idioma e quindi, secondo la tesi esposta sopra, questo particolare sociale aveva come risultato l'incapacit di questo gruppo di abitanti di usare un altro idioma diverso dal croato raguseo o comunque dalla loro lingua indigena. Gli altri protagonisti della commedia, vale a dire sia quelli originari delle zone dalmate che quelli residenti, o legati, a Roma, nel testo della commedia darsiana usano almeno due idiomi diversi: l'idioma indigeno (il croato di Ragusa) e uno straniero, ossia uno di tipo italiano. Questo indica che i personaggi dell'altro gruppo rappresentano addirittura persone bilingui (secondo Haugen, 1953). In seguito i personaggi bilingui, sia quelli dalle ottime conoscenze d'italiano, che quelli appena capaci di comunicare in questa lingua, possono essere suddivisi in base alla loro istruzione (istruiti vs. non-istruiti), allo stato sociale (nobili vs. plebei), alla loro L1 (italiani vs non-italiani o shciavoni), e, infine, a differenza di quello che dice Reetar, anche in base alle caratteristiche diatopiche dominanti nei loro enunciati in italiano (toscano vs. laziale vs. veneziano). Questo , quindi, un altro particolare per il quale il testo del Darsa risulta complesso dal punto di vista linguistico; esso non solo dimostra una rete di caratteristiche diatopiche italiane conosciute dal Dr~i ma dimostra persino il suo tentativo di caratterizzare i suoi personaggi anche per via di mettere in bocca ai suoi personaggi questi tratti. Siccome ci sono casi in cui lo stesso personaggio usa delle forme tipiche di dialetti diversi e distanti, per cui non facile decidere quale dialetto una certa forma debba rappresentare, forse giusto pensare che il Dr~i abbia mischiato apposta e con molta consapevolezza elementi propri di vari dialetti, soprattutto delineando i personaggi non-italiani legati alla costa dalmata. La variet di forme diatopicamente differenti particolarmente visibile nella lingua di Laura, la quale, volendo nascondere il suo legame in linea materna con la Dalmazia, parla italiano. Nei suoi enunciati si trovano delle forme puramente toscane (vo = vado, cfr. Rohlfs, 1968, 544; maravegliareste, cfr. per la /a/ atona Rohlfs, 1966, 130, per il cond. Rohlfs, 1968, 597), ma ci sono pure quelle proprie sia del toscano, e del senese in particolare, che del settentrione: il futuro contentar, parlar, cfr. Rohlfs, 1968, 587, 588; gintilomini/gintelomini, cfr.Rohlfs 1966, 130. Inoltre, nel testo darsiano notiamo la conservazione della /e/ pretonica (Laura dice desgraziata), e questo fenomeno pu essere tipico sia della Toscana (cfr. Rohlfs, 1966, 130) che del dialetto veneto (e veneto dalmata, Ursini, 1987:57), ma, siccome allo stesso tempo s' conservata la /t/ intervocalica, chiaro che si tratta di un toscanismo. Per di pi, Laura dice pure lassate, forma propria del veneziano e del Lazio nel passato (cfr. Rohlfs, 1966, 225) e, infine, tra le forme usate da Laura si nota un fenomeno proprio delle parlate settentrionali, del Lazio e della Toscana settentrionale (acoltar, cfr. Rohlfs 1966, 188). Se analizziamo questa molteplicit di forme in riguardo al fatto che la Laura darsiana, tedesca i linea paterna, visse in vari luoghi in cui si parlava un idioma romanzo, tra cui anche Cattaro, dominata da Venezia, allora si ha sensazione che l'idioletto di Laura rispecchi i giri fatti nella vita. La presenza del nesso consonantico /k/, citato sopra, e anche di altri contenenti sempre la fricativa labiodentale davanti ad una consonante occlusiva, o meno, sviluppatosi nel settentrione, ma che s'incontra in molte parti d'Italia, (Rohlfs, 1966, 188), si nota pure presso Bok ilo (aparlar, oate), Maro (faatidio, conoaco), Dundo Maroje (cognoaco), Trip eta (freachi), Popiva (acarpe) e Petrunjela (aon, sciurelle, cfr. anche Rohlfs, 1966, 165), vale a dire presso i personaggi provenienti principalmente da Dubrovnik o Cattaro, dove nell'idioma di tipo slavo, ovvero in croato, i nessi con la // prima dell'occlusiva sono frequenti. Lo stesso fenomeno fonetico si manifesta anche nelle forme di Sadi: cude e frache, quindi davanti ad una occlusiva velare, il che conforme alla tesi della presenza sporadica del fenomeno, e solo in dipendenza dalla seconda consonante, anche in altre parti d'Italia Anche nel caso di Maro non facile dire qual sia l'idioma dominante; pare infatti, che si tratti piuttosto di un idioletto dovuto a vari influssi. Vi si notano i tratti toscani: sete = siete (Rohlfs, 1966, 85 e 1968, 540) e il condizionale avereste, (cfr. Rohlfs, 1968, 597). Inoltre, Maro (come alcuni altri) usa le forme senza dittonogo (bone nove, omo) che possono essere proprie sia del toscano antico che del veneziano antico (cfr. Rohlfs, 1966, 107, 115), come pure la forma (buttega), dove la pretonica /u/ pu essere tipica sia del toscano che del veneziano coloniale. Il tratto citato poco prima, il nesso consonantico con la // seguita da un'occlusiva, (fatidio, conoco), proprio, come detto, delle parlate settentrionali e del veneziano coloniale. Per di pi, c' un altro tratto settentrionale, proprio quindi anche dell'antico veneziano, e questo vago (Rohlfs, 1968, 535, 544). In base alla co-presenza di tratti toscani da una parte e di quelli settentrionali e veneziano-coloniali dall'altra, si pu dire che il personaggio di Maro un tipico esempio di un giovanotto della famiglia benestante che aveva l'opportunit sia di studiare la lingua letteraria italiana che di venire in contatto vivo con l'idioma di tipo italiano parlato nella sua citt ed in altri centri dalmati. La chiusura della /o/ protonica in /u/, comune nel toscano, si trova per con molta frequenza anche nelle parlate settentrionali, in veneziano (cfr. Rohlfs, 1966, 131). Fuorch l'esempio citato (buttega) di Maro, questo fenomeno si manifesta nella forma usata da Petrunjela (ciurelle). La chiusura della /o/ in /u/ nella sillaba tonica si trova nelle parole messe in bocca a Petrunjela (signura, madunna), e, in due casi, a Trip eta, che communica spesso in italiano (miraculosamente, mezzugiorno). Secondo Cortelazzo la chiusura citata uno dei fenomeni caratteristici della parlaura dalmatina fin dalle commedie veneziane del Cinquecento (Cortelazzo, 1980: 206). Questo fatto induce all'ipotesi che il Dr~i potesse non solo conoscere quelle commedie ma anche essere consapevole di questa caratteristica fonetica di cui si servivano i suoi contemporanei veneziani per caratterizzare linguisticamente le persone dell'Adriatico orientale, e che, di conseguenza, anche lui, approfittando di questo stilema, volesse mettere in evidenza il legame tra la costa dalmata e alcuni personaggi: nel caso di Petrunjela la connessione percettibile in particolare modo poich essa, essendo donna e serva, poteva imparare a servirsi d'un idioma italiano soltanto tramite la padrona, ossia ascoltandola e imitandola (e come si visto, la lingua della sua padrona dimostra fenomeni diatopicamente eterogenei). L'analisi degli enunciati in lingua italiana di Trip eta, Cattarano istruito come percepibile dal suo latino maccheronico, dimostra che nel suo italiano pure si palesano tratti toscani e non-toscani. Le forme con la vocale semplice usate da lui, bone, omo, scola, sono proprie sia del toscano antico che del veneziano antico (cfr. Rohlfs, 1966, 107, 115). Nella sua parlata si nota la perdit assai costante dell'ultima vocale atona, /e/, /o/ dopo una liquida o nasale (governator, boccal, vin, stiam, ecc.) che la tipicit dell'Italia settentrionale (cfr. Rohlfs, 1966, 143, 146; Bartoli, 1906, II, 346). Altri tratti settentrionali ancora, a parte il nesso /k/ citato avanti, sono la sonorizzazione delle intervocaliche (miga, giogar cfr. Rohlfs, 1966, 197), poi /dz/ al posto della // in verzine (cfr. Rohlfs, 1966, 220 e in particolare 279), e, infine, la /c/ al posto della / / in comenzo (cfr. Rohlfs, 1966, 214, 290), e si pu dire che anche in questo caso le citate caratteristiche fonetiche ricordano indirettamente la dominazione veneziana nelle Bocche di Cattaro. Quanto al personaggio di Pomet, ci sono pochi enunciati suoi in italiano. Nei suoi lunghi monologhi permeati dalle dictae latine, egli spesso ripete le parole di altri personaggi, in particolare del suo padrone Ugo Tudeak il cui italiano sa tanto di tedesco, suo idioma materno. Negli enunciati italiani di Pomet troviamo alcuni esempi che sono propri sia dei dialetti settentrionali (la caduta delle vocali atone dopo una nasale o una liquida), oppure dei dialetti settentrinoali e del toscano, quali la forma lassa (cfr. lassar di sopra), bona (cfr. bone, nove di Maro) e desperazion (cfr. desgraziata di Laura), anche se pensiamo che l'ultima forma si debba interpretare piuttosto come fenomeno proprio delle parlate settentrionali poich vi si verifica pure la caduta dell'ultima finale dopo una nasale. La forma del condizionale usato da Pomet, potria, , per, tipica del toscano antico (cfr. Rohlfs, 1968, 594). Prese in considerazioni le forme del condizionale nel testo darsiano (cfr. anche sarebbono, montarebbono di Sadi, avereste di Maro e maravegliareste di Laura), si vede che per la terza per. plurale il Dr~i usava solo le forme del condizinale toscano (quelle in  ebbono), (Rohlfs, ibid.). La lingua dei servi, di Petrunjela, di Popiva, di Bok ilo, dimostra che la loro capacit di servirsi dell'idioma straniero (italiano) , in via di principio, il risultato dell'oportunit di accompaganre il proprio padrone e di imparare l'idioma straniero imitando o/e ripetendo le forme sentite. Questa tesi comprovata appunto dal fatto che in alcuni casi le forma usate dal personaggio-padrone sono proprie anche del personaggio-servo (cfr. sete; bone nove; la // come elemento iniziale del nesso consonantico da Maro e da Popiva). Negli enunciati dei servi, frasi brevi e sintatticamente povere, si notano innanzi tutto le espressioni che entrano nel gruppo dei giudicativi (Jernej, 1975) e servono ad espremire un sentimento (paura, sollievo, ecc.), oppure funzionano come deissi sociale (Signor!, Misser!), e verbi quasi sempre all'infinito (cfr. pochi enunciati di Bok ilo). Gli enunciati di Bok ilo confermano che lui non capace di comunicare in idioma di tipo romanzo a cui viene esposto; nelle situazioni problematiche, infatti, in cui costretto ad usare questo idioma, i suoi enunciati sregolati, che s'avviciano alle imprecazioni o bestemmie e sono rivolti a lui stesso, dimostrano lo sforzo con cui egli li produce, anche se sono assolutamente funzinonali e stilisticamente potenti. La capacit comunicativa di Popiva alquanto migliore perch lui riesce a produrre atti comunicativi pi complessi e recita le canzoncine, sicch, in base a pochi enunciati fatti in italiano, alle cui caratteristiche s' accennato prima, egli lascia l'impressione di esser capace di portare avanti la comunicazione di base in idioma italiano. Le situazioni comunicative in cui Petrunjela ricorre all'uso dell'idioma italiano sono di gran lunga pi numerose di quelle di tutti gli altri servi della commedia. La povera conoscenza dell'idioma di cui si deve servire anche qui si manifesta nell'uso consistente dei verbi all'infinito. Per il resto, le forme usate da lei rivelano un forte influsso veneto e veneziano: la chisusa della /o/ tonica in /u/; la caduta delle vocali finali dopo le liquide o nasali; la presenza della /v/ al posto della /p/ nella posizione intervocalia (averzer, cfr. Rohlfs, 1966, 207), la // al posto della /s/ davanti ad una occlusiva, l'assenza del dittongo nella sillaba libera (bone), la forma ghe (per il valore gli cfr. Rohlfs, 1968, 459; per il valore ci cfr. Rohlfs, 1968, 460; per il valore loro cfr. Rohlfs, 1968, 464), la forma ga (cfr. Rohlfs, 1968, 541), xe (cfr. Rohlfs, 1968, 540), staga (cfr. Rohlfs, 1968, 535, 542). Tra i personaggi marginali parlanti in croato (Piero, Niko, Vlaho, D~ivulin), soltanto D~ivulin dimostra la parlaura dalmatina, ovvero la chiusura della /o/ in /u/, e in pi anche la /r/ al posto della /l/ davanti alla dentale (curtellade, cfr. Rohlfs, 1966, 243). Per adempire all'obbiettivo prefisso bisogna dire qualcosa anche riguardo alla lingua dei personaggi che non provengono da Dubrovnik e dalle zone intorno, poich anche questi enunciati, in riguardo al resto del testo croato, entrano nella categoria di elementi alloglotti. Si pensa innanzi tutto a Sadi, Kamillo e gli ostieri, oltre al Capitano e Lessandro. Sadi usa le forme toscane del condizionale (sarebboni, montarebbono) e questa la ragione per la quale la forma dell'altro tipo del condizionale, averia, si pu interpretare anche come propria della Toscana (cfr. Rohlfs, 1968, 594) piuttosto che del Settentrione (cfr. Rohlfs, 1968, 595). Toscane sono anche le forme fusse (cong. imperf. notato gi presso Dante, cfr. Rohlfs, 1968, 560), recordar (cfr. le forme di Maro citate sopra, che riflettono il futuro proprio di Siena; cfr. Rohlfs, 1968, 587), danaro (= denaro, cfr. Rohlfs, 1966, 129 per la conservazione della /a/ protonica), drieto (= dietro, cfr. Rohlfs, 1966, 322). Nella parlata di Kamilo, personaggio romano, si nota la forma sarebbe, tipica del toscano ma anche del romanesco (cfr. Rohlfs, 1968, 598), e inoltre la conoscenza di alcune forme proprie della parlata croata di Dubrovnik (Djevojka, dobra djevojka, Dubrovniko) il che dimostra i suoi contatti sociali con i parlanti di questa lingua i quali, in seguito sono confermati dalle forme italiane deviate in cui si palesa di nuovo la parlaura dalmatina (burdello); poi si notano oataria (vs. ostaria usata in un altro contesto), Rau~eo (la /~/ dovuta a quanto pare all'influsso della /~/ in croato), nisciun (cfr. Rohlfs, 1966, 288 per la presenza del /aa/; 130 per la chiusura della /e/ protonica in /i/, fenomeno tipico anche del veneto dalmata, cfr. Zamboni, 1976). Poich le forme che riflettono la pronuncia italiana a modo de schiavoni appaiono solo nelle situazioni comunicative in cui Kamilo parla alle persone provenienti dalla costa dalmata o si riferisce a loro, risulta che il Dr~i mette queste forme in bocca sua per ottenere l'effetto comico, vale a dire per dimostrare l'intenzione del Romano di prendere in giro i Dalmati. In pochi enunciati in italiano fatti dagli ostieri, si manifestano tratti ormai citati e propri delle parlate toscani (giavolo, per l'esito // del DI iniziale in latino cfr. Rohlfs, 1966, 182 , tedeaca, atecchi, cfr. Rohlfs 1966, 266, ciera, cfr. Rohlfs, 1966, 51). Anche se questi esempi dimostrano che il Dr~i non conosceva (bene) i dialetti italiani, poich ai personaggi di origine presumibilmente romanesca attribuiva caratteristiche fonematiche toscane, indubbio che nel co-testo le forme citate erano funzionali e aiutavano a distinguere, anche a livello fonetico, parlanti nativi italiani dalla gente proveniente dell'Adriatico orientale. Il fatto inoltre viene corroborato, come si sa, dalle forme deviate dello slavo (per es. Ovdi kodi, dobro vino Vino dobro, vino dobro pito, slako, pato.). Dalla presentazione, che per non esauriente, si vede che le frome alloglotte italiane sono proprie di diversi campi semantici: esse servono a denotare Il bisogno di ripassare in modo sintetico la variet di forme romanze usate dal Dr~i nella sua opera ci parso necessario perch solo cos si capisce quanto attento fosse stato Dr~i nella caratterizzazione linguistica dei suoi personaggi affinch ottenesse effetti comici pure in questo modo. E ora volgiamo la nostra attenzione alla traduzione italiana di questa commedia fatta da Carpinteri e Faraguna. Prima di esaminare la posizione di elementi alloglotti che si trovano pure nella traduzione, bisogna soffermarsi sulla lingua della traduzione e vedere perch ale parl delle strane forme veneziane. Carpinteri e Faraguna erano, a quanto pare, consapevoli del fatto che il testo darsiano rifletteva il vivo linguaggio dei cittadini di Dubrovnik dell'epoca, e perci decisero che la loro traduzione non sarebbe stata fatta in italiano standard. Riscrissero la commedia formando una koin la cui base doveva essere il dialetto veneto, poich anche il Veneto, come pure la citt di Dubrovnik, s'affaccia al mare Adriatico. Di conseguenza gli elementi veneti, di cui citeremo solo quelli pi caratteristici, sono ben percettibili nella traduzione. A livello fonematico si presenta la chiusura della /o/ in /u/ in tutte le posizioni (buccal, miracul, dunzella) come elemento tipico degli idiomi veneti in uso nell'Adriatico orientale, poi la caduta dell'ultima vocale dopo una consonante nasale o liquida, la sonorizzazione delle sorde intervocaliche (ubriago), l'affricata alveolre al posto di quella palatale (panza, cento, fazesto), l'esito palatale del grupo CL- (cesa). A livello morfologico citiamo i participi passati in esto, -isto (avesto, mettesto, sentisto), il dileguo della consonante nella desinenza del participio passato ( saveo, cressuo, menao), l'uso alterntivo del congiuntivo e del condizionale ( se qualcheduno te sentiresse averesse subito capisto; se fazeressi da metterlo n spavento, el scampara), la forma dell'articolo determinativo maschile el, e anche la preposizione in nella locuzione essere inamurato in, al posto della solita di, un fatto probabilmente dovuto alle interferenze con idiomi croati e comunque slavi dell'Adriatico. La lingua della traduzione si definisce per una koin perch oltre alle forme dalle caratteristiche appena citate, vi si trovano pure le strane forme veneziane. Si pensa innanzi tutto alla 3a persona singolare del condizionale in sse: averesse, saresse, dannaresse. Queste forme non sono attestate nei testi antichi e quindi, sono state inventate. I traduttori le avrebbero coniate su modello delle forme analogiche (in ss) del condizionale, presenti gi nel Ruzzante e anche in Goldoni (cfr. Rohlfs, 1968, 598), visto che la forma della 3a persona sg. avebbe dovuto terminare in ave, e dare, quindi, averave, sarave, dannarave. Un altro particolare proprio della koin adoperata dai traduttori riguarda la presenza di elementi tipici non solo del dialetto veneto ma anche di altri dialetti, a volte anche distanti da quello veneto, e, per di pi, vi si trovano elementi del tutto estranei al dialetto veneto ma propri del dialetto, per esempio romanesco, o addirittura della lingua standard. Per corroborare quanto detto, citiamo le forme avvivo, averessivo, ecc. nelle quali si riconosce la tendenza di unire vos enclitico alla forma verbale, un fenomeno presente in tanti dialetti meridionali (cfr. Rohlf, 1968, 452). Inoltre, la tendenza di mantenere la /e/, che normalmente cambia in /i/, (desgrazia, defensor), propria di vari dialetti italiani (cfr. Rohlfs, 1966, 130), come anche la presenza della /o/ al posto del dittongo /uo/ (cfr. Rohlfs. 1968, 107). Infine, due tratti, che sono in forte contrasto con le caratteristiche venete che formano la base della koin, assicurano la presenza della lingua standard nella traduzione e questi sono il mantenimento delle doppie e l'uso delle forme standard dei verbi essere e avere ( al poste di xe nella 3a persona sg., e anche ha al posto di ga, per es. ho da portar al posto di go da portar). A proposito di questa variet diatopica, ci si chiede se i traduttori se ne siano approfittati per la caratterizzazione dei personaggi in modo in cui lo fece il Dr~i. Si pone quindi la domanda se nella lingua di ciascun personaggio italiano si palesino i tratti caratteristici del suo idioma indigeno in modo che il personaggio si possa distinguere anche a livello linguistico da tutti gli altri personaggi, innanzi tutto quelli italiani. Nella traduzione il numero di personaggi italiani stato ridotto sicch c' Camillo e gli ostieri come romani e poi Sadi la cui provenienza sconosciuta. L'analisi degli enunciati di Sadi dimostra tratti fonematici settentrionali (l'esito /z/ in basio, cfr. Rohlfs, 1966, 287), centrali (la tendenza di conservare la /e/ protonica in besogna, cfr. Rohlfs, 1966, 130), settentrionali e centrai (il futuro stentar, cfr. Rohlfs, 1968, 587, 588. C' poco da dire della lingua di Camillo, e si potrebbe definirla all'antica, il che si vede nell'uso costante della forma messere in cui si rivela la tendenza di non dittongare la /e/ tonica e di conservare la /e/ protonica rispetto alla forma missier usata dai personaggi non-italiani (cfr. Rohlfs, 1966, , 85, 130). Per quanto invece riguarda i personaggi legati alla costa orientale dell'Adriatico, la situazione alquanto pi complessa. Innanzi tutto, per nessun personaggio di questo guppo si pu dire che parli, o che s'avvicini, ad un italiano corretto dominato dalle forme della lingua standard: I loro enunciati invece sono tutti pieni di carratteristiche proprie degli idiomi settentrionali, in particolare veneti, e in tal modo questo gruppo di protagonisti si contraddistingue dal qruppo di quegli indigeni. L'analisi attenta rivela per, che la distribuzione e la presenza delle forme venete non in correlazione con il personaggio. I personaggi umili e meno istruiti, quali servi o donne, sono caratterizzati per via di un linguaggio in cui tratti veneti (e veneto-dalmati) sono pi cospicui. Questo si vede soprattutto in Dalmazia e Cuntento, ambedue simboli di popolo di strato basso, nel cui linguaggio oltre alle forme tipiche del veneto e del veneto-dalmata (per es. la parlaura dalmatina, cfr. ivi prima), si trova la forma xe (cfr. n. 23). Quanto a due donne che nella commedia viaggiano dalla citta natia di Dubrovnik a Roma, ossia Piera e Baba, nel loro linguaggio si manifestano le stesse caratterisiche come nel linguaggio di Barba Maroje, Trifone o Ragusino (per es. l'articolo determinativo nel sintagma i occhi, oppure la forma grando/granda). Similmente l'aferesi dell'a atona si presenta da Tirapiedi e Ragusino (mazzer, mazzato); poi sia nella parlata di Trifone che di Piera che di Gian di Lopud che di Piero si manifesta la /u/ al posto della /o/ (diavulo dunzella cumpagno- cuss); in seguito, l'epentesi della nasale si trova presso Barba Maroje e Zuan (scampi scampate); inoltre, il nesso consonantico con una liquida nella posizione iniziale, cl e fl, si manifesta presso Maro e Gian di Lopud; infine, l'affricata palatale /c/ al posto di quella alveolare / /, propria dell'italiano, si trova presso Barba Maroje (abbrazzo), Trifone (zerca) e Laura (zinque, zena). Si potrebbero citare ancora i parallelismi simili, ma crediamo che bastino anche quelli indicati finora, per capire che nella traduzione, per motivi anche ovvi, non si riusciti a perservare quel modo raffinato di caratterizzazione ottenuta tramita la lingua dei personaggi che si ha nel testo originale. Dopo questa premessa necessaria per illustrare di quale tipo di koin si tratta, si dovrebbero toccare anche elementi alloglotti non acclimatati presenti nella traduzione A differenza del testo originale in cui, ripetiamolo, i personaggi non-italiani possono essere distribuiti lungo un'asse riguardo alla loro capacita di usare un altro idioma, quello italiano, cosicch da una parte dell'asse si trovano quelli dalla buona conoscenza dell'italiano (Trip eta, Maro, Laura), e dall'altra quelli assolutamente incapaci di usarlo (Pera, Baba, Grubiaa), mentre in mezzo ci sono i bilingui funzionali, bench anche tra di loro ci siano differenze notevoli (si cfr. Bok ilo e Popiva o Petrunjela), nella traduzione il numero di elementi alloglotti, la cui funzione si possa mettere a confronto con gli elementi alloglotti non-acclimatati del testo originale, notevolmente minore. Se prescindiamo dal latino e dai latinismi su cui non ci siamo soffermati neanche parlando del testo originale, nella traduzione come forestierismi prestati si presentano ancora elementi croati ed elementi di lingua tedesca, tra cui ci sono parole isolate o alcune frasi. Elementi tedeschi nella traduzione fatta da Carpinteri e Faraguna sono in prevalenza usati da Ugo Todesco e il suo servo Ragusino. Mentre il Dr~i ha cercato di dimostrare la provenienza del suo personaggio Ugo per via di alcune caratteristiche fonetiche presenti nel discorso in italiano, nel testo tradotto la manifestazione della provenienza pi manifesta dato che il personaggio parla nella propria lingua, oppure negli enunciati in koin italiana si inseriscono anche elementi tedeschi. In questo modo la caratteristica bilingue di questo personaggio non si perduta, ma risulta meno soffisticata. La novit si manifesta nell'uso di elementi tedeschi in particolare da parte di Ragusino, il quale li usa nei dialoghi con il suo padrone, e in due casi anche da parte di Paulo e Maro. Ciascuno dei due protagonisti citati ultimi pronuncia, infatti, soltanto una parola in tedesco: nel commentare l'arrivo del padre e il fatto che rimasto senza soldi Maro fa la costatazione: ruvinatti de cappotto (cappotto < Kaputt, sfinito), mentre Paulo usa la parola grobian (< Grobian, m. , villano, zotico) rivolgendosi al figlio Cuntento davanti agli ostieri e Camillo. Gli elementi tedeschi usati invece sia da Ugo che da Ragusino sono parole isolate che appartengono alla sfera materiale della vita e servono a denotare fenomeni della vita: musik (Ugo) , fotta (Ragusino) e anche azioni: /ar/ trink (Ragusino), trinken (Ragusino), oppure ci sono parole, sintagmi e frasi a cui viene affidata una funzione testuale e/o pragmatica: le forme ich (Ugo); jawohl (Ragusino) e Raus! (Ugo), Noch einmal Musik!, Ach, ach du mein Fralein!, Ja, ja trinken alles! (Ugo) servono a esprimere incitazione, delusione, accordo, amore, delusione, ordine. Dagli esempi citati si vede che Ragusino pronuncia solo parole isolate, mentre a Ugo (vale a dire parlante nativo) sono riservate anche le frasi. ovvio, inoltre, che i germanismi servono a caratterizzare sia il parlante che il referente; infatti, il vizio di Ugo di bere e di divertirsi accentuato appunto per mezzo dei germanismi, Nella traduzione anche il numero dei croatismi molto limitato. Si tratta di cinque parole che si usano come interiezioni, aimemni, joi, joimmeni, bogati e brate, la cui funzione nel testo tradotto sempre quella pragmatica, vale a dire, servono a esprimere paura, terrore, sorpresa, solidariet e amicizia. Per quanto riguarda la distribuzione di questi elementi riguardo ai personaggi, si vede che nel testo tradotto quasi tutti i personaggi legati all'Adriatico orientale pronunciano almeno un croatismo e cos ciascuno di loro, per via dell'elemento usato, comunica non solo la cornice pragmatica del proprio enunciato, ma viene anche etnicamente caratterizzato. A questa constatazione si sottraggono solo Laura, Bevagna, Paulo e Cuntento; possibile che questi protagonisti non pronunciano i citati elementi, con cui si esprimono gli indicati stati d'animo o/e attitudini, perch nelle situazioni comunicative e sociali cui loro partecipano non si vuole dare questo valore pragmatico ai loro enunciati. Questa tesi pare fondata se si osserva il quadro dei personaggi in riguardo ai croatismi usati. Se ne capisce, infatti, che solo Tirapiedi si serve di tutti i croatismi citati, vale a dire molte situazioni comunicative in cui questo personaggio umile si trova sono caraterrizzate anche da paura, terrore, sorpresa, ecc. e questo aspetto dell'enunciato si realizza (anche) per via di elementi alloglotti. Riguardo al numero delle occorrenze di ciascun elemento croato, chiaro che i pi frequenti sono elementi aimemni, joi, joimmeni, ossia quelli con cui Tirapiedi accentua la paura per il padrone e la disperazione per la fame e sete di cui soffre continuamente; l'appellativo brate usa due volte, una volta per rivolgersi a Trifone e esprimere la solidariet, quando lo sente parlare la lingua che capisce, per esprimere la solidariet e, l'altra volta per dimostrare amicizia nei confronti di Ragusino, quando questi gli offre da bere; l'appellativo bogati esprime la sorpresa di Tirapiedi quando scopre che Trifone di Cattaro. Due personaggi, Barba Maroje e Petroniella usano nella conversazione tre elementi croati: Barba Maroje esprime e corrobora le preoccupazioni per mezzo di aimemni e joi, mentre Petroniella usa le stesse parole per mettere in evidenza il piacere quando vede i suoi connazionali e quando si sente corteggiata; Barba Maroje esprime il sollievo e l'entusiasmo provati all'incontro di Trifone con l'appellativo brate, e Petroniella lo pronuncia ravvisando la persona a lei cara e, presumibilmente, (Bevagna) onesta. Tanti altri personaggi (Ragusino, Maro, Zuan, Gulisan, Piera, Baba, Biagio) per esprimere e accentuare timore, malessere, disperazione, tensione, ecc. si servono sempre dell'interiezione joi. Quattro personaggi maschi, Ragusino, i giovani ragusei Piero e Nico e il portalettere Dalmazia, usano la parola bogati per esprimere una grande sorpresa. Questo dettaglio diventa particolarmente significativo nel caso di Ragusino. Nella traduzione Ragusino cessa di essere quel personaggio del tutto particolare che nel testo originale si chiama Pomet e che sta per l'Autore stesso, poich perde la sua immagine carismatica e s'assoccia decisamente al gruppo dei dalmati, gente rozza grossolana, tra cui c' anche Tirapiedi. Questa trasformazione si rispecchia anche nel suo idioletto, privo di latinismi, tanto emblematici dell'idioletto di Pomet darsiano, e, infatti, ravvicinabile, se non addirittura identico sia in lessico che sintassi e fonematica all'idioma di altri suoi connazionali, e soprattutto di altri servi. In base a quanto esposto, possiamo dire che la posizione dell'elemento alloglotto, nell'accezione di un elemento straniero non-acclimatato, nel testo originale e nella traduzione italiana di Carpiteri e Faraguna risulta diversa. Mentre nel testo originale esiste una netta distinzione tra persinaggi che parlano solo croato, o quelli che parlano solo italiano e quelli che parlano, meglio o peggio, ambedue le lingue (e non si dimentichino neanche Pomet che padroneggia il latino e Ugo Tudeak la cui madre lingua tedesco), nel testo tradotto tutti i personaggi usano solo la koin creata dai traduttori. Inoltre, tra quelli che parlano due idiomi, quello croato di Ragusa e quello italiano, per via di un raffinato delineamento linguistico che consiste nell'attribuire caratteristiche diatopiche, inanazi tutto toscane e venete all'idioma italiano parlato dai personaggi non-italiani, s'ottiene uno spettro di idioletti, di cui ciascuno rispecchia il luogo, e spesso anche il modo in cui l'idioletto stato acquisito. Nella traduzione, invece, la caratterizzazione etnica si ottiene per mezzo di elementi alloglotti croati e tedeschi messi in bocca di coloro che parlano le rispettive lingue. In questo senso i testi prodotti dai personaggi, in cui solo qua e l si rivela qualche elemento alloglotto, non si possono considerare documenti artisticamente stilizzati del bilinguismo in modo in cui lo il testo del Dr~i. La funzione di elementi alloglotti nella traduzione Per di pi, gli autori non hanno mantenuto la precisa differenziazione delle variet diatopiche e neanche l'attribuzione di certe caratteristiche diatopiche ai singoli personaggi. In questo modo si persa la complessit linguistica del testo originale e anche la raffinatezza dell'espressione in cui l'elemento alloglotto serve piuttosto per produrre giochi di parole e particolari effetti stilistici che per creare smplici effetti comici indicando in modo banale la provenienza etnica e sociale. Riferimenti bibliografici Arcamone, Maria Giovanna, Lelemento germanico antico medievale e moderno (con esclusione dellinglese), in: Storia della lingua italiana. Vol. 3. 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Questa tesi stata smentita da V. Vinja (Vinja, 1998: 135-136) in base ad alcuni argomenti. Innanzi tutto difficile spiegare il cambiamento fonetico proposto da Skok. Per questo Vinja sostiene che la parola dundo risale alla parola donno < DOMINUS poich non si affrontano difficolt fonetiche, poi il significato di DOMINUS corrisponde meglio al largo uso della parola dundo (con cui si designa ogni maschio anziano), in seguito i derivati di DOMINUS e DOMINA spesso si usavano per indicare rapporti di parentela (diversi dal nonno il quale in Dalmazia si usava solo per indicare il padre del padre o della madre; inoltre, nell'uso odierno la parola dundo un termine urbano in Dalmazia e per indicare zio si usa l'appellativo barba/ borba/ burba; infine, la tesi confermata dal fatto che esiste l'ittionimo dundica, una specie il cui nome dapperttutto si basa sul sema signor(in)a.  Nei nomi di Petroniella e Ugo Todesco si nota la /o/ nella sillaba pretonica la quale negli idiomi veneziano-italiani della Dalmazia di solito diventa /u/, (cfr. Rohlfs, 1966, 131, 132; Zamboni, 1976:39) e cos lo stesso fenomeno s'osserva anche nei prestiti di questo tipo negli idiomi Croati della zona. Alla // dell'italiano Giudio corrisponde /~/ presente anche in prestiti francesi nelle parlate croate (cfr. appunto ~idov, poi francesismi, ~ovijalan, ~enerozan ?XXX). Si nota la mancanza delle consonanti doppie, conforme al sistema croato. Infine, si noti, tra l'altro, l'epentesi della vocale /a/ nella forma ragusea Tudeaak (rispetto alla forma todesco) per ottenere l'accettabile forma croata dell'agget. di genere maschile (si tratta del rimodellamento morfemico, cfr. Gusmani, 1993:349).  Questa la forma veneto-giuliana per la forma dell'italiano standard, contento (con la chiusura della /o/ pretonica in /u/ tipica dei dialetti veneti dell'Adriatico orientale, cfr. cfr. Rohlfs, 1966, 131, 132, Zamboni, 1976:39; per la forma cfr. Rosamani, 1990: 281).  Un buon esempio di quanto detto si trova in una maldobria del secondo libro dell'omonimo ciclo dei due autori, intitolata La battaglia di Lissa (cfr. Carpinteri e Faraguna, Prima della prima guerra, La Cittadella, Trieste, 1967; Mgs Press, 1995), in cui si parla di un chersiano di nome Cuntento, che era forte di corpo ma dalle modeste capacit intellettuali e poteva bere molto. Per questo ero spesso oggetto di derisione.  Secondo B. Migliorini, la forma Ragusino < Ragusinus, risale al periode della quarta crociata quando a Ragusa s'instaura [] la supremazia veneziana (1205-1358) e l'influenza della lingua della cancelleria, che generalizza il suffisso dalmatino (cfr. Spalatino, Cattarino) (Migliorini, 1931: 436). La forma italiana comunemente usata per la citt croata di Dubrovnik, Ragusa, e quindi anche il rispettivo aggettivo Raguseo, morfologicamente si colloca nella serie greca di nomi in eo di cui in diversi tempi e per diverse vie erano e sarebbero giunte propaggini nel lessico italiano (Migliorini, 1931: 437). Ne risulta che la forma ragusino posteriore a quella raguseo.  Secondo la fonte citata, la forma raguseo risale al 1494 e rappresenta un forma di uso comune, mentre, invece, la forma ragusino, di basso uso, stata annotata appena nel periodo 1938-40.  La traduzione fatta dalla Missoni (cfr. n. 5) in italiano standard.  Nella prefazione alla loro traduzione della commedia, Carpinteri e Faraguna citano lo studio di Matteo Giulio Bartoli (Das Dalmatische. Altoromanische Sprachreste von Veglia bis Ragusa und ihre Stellung in der Apennino-Balkanischen Romania I-II, Wien, A. Hlder, 1906) e anche alcuni testi archivistici, quali Istituzioni marittime e sanitarie della Repubblica di Ragusa, raccolte nel 1882 da Giuseppe Gelcich Imperialregio Conservatore dei Monumenti storico-artistici per i preesistiti Circoli di Ragusa e Cattaro.  Il protagonista Arkulin, cui si deve il titolo dell'opera, ogni tanto lascia sfuggirsi le forme venezianeggianti, quali, verdezzante, reluzente zorno, per zerto, caga sangue, bagnada, ecc. (cfr. Dr~i, 1987: 536-556). Negli esempi citati l'influsso veneziano a livello fonematico si percepisce nell'affricata /c/, tipica dello stadio pi antico e indicata da z, all'inizio della parola o nella posizione intervocalica (cfr. Rohlfs, 1966, 152) e nella sua copia sonora /dz/, indicata da zz all'interno della parola, oppure nella /z/ all'inizio della parola indicata da z (cfr. Rohlfs, 1966, 156), nella sonorizzazione dell'occlusiva intervocalica, /k/ > /g/, /t/ > /d/ (cfr. Rohlfs, 1966, 197, 201. Nella stessa commedia, le forme venezianeggianti (xe, zo = "gi", ecc.) sono percettibili anche presso altri personaggi.  Non si deve dimenticare che all'epoca del Dr~i i rapporti tra Dubrovnik e Venezia erano frequentemente tesi e addirittura pieni d'ostilit. Inoltre, le zone fuori Dubrovnik, quali Curzola o Bocche di Cattaro, erano sotto il dominio veneziano.  Questa scelta del personaggio s'inquadra nell'assetto sociolinguistico secondo cui le donne di regola non parlavano altro che l'idioma indigeno, vale a dire il croato, e lo stesso si pu dire anche per tutti quelli che appartenevano al cetto dei popolani non istruiti o comunque quelli non esposti alle situazioni in cui era neccessaria la conoscenza, magari solo superficiale, di un'altra lingua (cfr. Mulja i, 2000: 89).  Qui escludiamo il personaggio di Ugo Tudeaak perch non ci interessa il suo italiano scoretto che rivella la sua origine tedesca, e poi anche Gianpaulo Oligiati, banchiere, e Kapetan, perch i loro enunciati non dimostrano particolarit diatopiche importaniti. In quest'analisi non ci interessa neanche la conoscenza di latino da parte di Pomet.  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Cfr. Reaetar, 1933: 119.  Secondo Rohlfs, 1968 540, anche l'antica lingua letteraria aveva la forma sete (=siete) e questo particolare prova che iragusei benestanti e/o nobili studiavano e imparavano la lingua letteraria. Nel testo originale anche Popiva , servo di Maro, usa la stessa forma del verbo essere (sete). Questo particolare va interpretato come segno segno del suo tentativo di parlare l'idioma straniero cos come ha sentito parlare il padrone.  Come detto gi pi volte, l'assenza del dittongo in sillaba libera tipica anche della Toscana (cfr. Rohlfs, 1966, 107), ma siccome le altre caratteristiche del tipo linguistico usato da Petrunjela sono proprie solo degli idiomi italiani settentrionali, riteniamo che anche questo fenomeno vada preso come caratteristica settentrionale.  Siamo dell'opinione che in questa situazione non erroneo usare il termine l'italiano standard per pi motivi: si tratta di una traduzione fatta da autori contemporanei e inoltre la lingua della traduzione , come detto, una koin, in cui s'annullano la sincronia e la diacronia sicch accanto alle forme antiche, e quelle "all'antica" (e non verificate), ci sono anche forme dell'italiano contemporaneo e, per di pi, ci sono anche prestiti entrati in italiano nelle epoche posteriori al Dr~i o addirittura solo di recente. Per es. il croatismo bogati, che non usato nel testo del Dr~i, non citato nel dizionario del Boerio che risale alla met dell'Ottocento (cfr. Boerio, 1998), ma si trova in quelli pi recenti (cfr. Miotto, 1991: 28).  Da questa constatazione si escludono le filastrocche di Petroniella scambiate con Trifone verso la fine del terzo atto (cfr. Carpinteri e Faraguna, 1969: 80-81), e anche pochi enunciati di Cuntento e Dalmazia .  Bisogna dire che nella traduzione persino Baba, Tirapiedi,Petroniella, Piero e Zuan fanno degli enunciati in latino. A differenza delle sentenze latine del testo originale, nella traduzione i latinismi sono legati alla tradizione cristiana ed ecclesiastica, e anche alla tradizione latina in generale.  Per semplificare, riteniamo che i cinque elementi presi dagli idiomi slavi dell'Adriatico orientle siano elementi croati perch, come chiarito anche da uno dei traduttori, M. Faraguna, Dubrovnik una citt croata, e queste cinque parole sono (anche) parole della lingua croata. Inoltre, non conoscendo il croato e i suoi dialetti i traduttori non sono riusciti a capire la rafinatezza linguistica dello stile darsiano nella caratterizzazione dei personaggi, per cui da ritenere che a loro la variet linguistica dell'Adriatico orientale sia del tutto sconosciuta.  In italiano il citato germanismo stato annotato nel 1918 col significato di sfinito, esausto, morto, e la sua divulgazione dovuta all'esperienza della Grande Guerra. Cfr. Arcamone, 1994: 782  La forma grobian si usa, oltre a Trieste, ancora nel friulano e nel engadinese (cfr. Doria, 1987: 284). Sempre a Trieste e in molte zone dell'Adriatico orientale esiste anche la forma grubian.  Possiamo ipotizzare che i traduttori non abbiano voluto mettere alcun croatismo nella bocca di Laura, Paulo e Cuntento per il fatto che loro, e in particolare i due uomini, sono legati alle Bocche di Cattaro e ai dintorni, in cui vissero pure tanti ortodossi i quali, di solito, non erano croati Uno dei traduttori, M. Faraguna, ha pi volte accennato al fatto che, secondo la sua opinione, gli ortodossi Dalmati non erano croati. Inoltre, bisogna dire, che i traduttori non hanno mai usato il termine croato bensi solo slavo per indicare i personaggi provenienti dalla costa dalmata.  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