ࡱ> 9 bjbj1l zzz```8,<Gn  "......$G&G&G&G&G&G&G[I {K&Gz.....&G-zz..G---.z.z.$G-.$G-J -*:Ehzz$G. 1 `'PF$GG0G`FLj-vL$G-zzzzIl dogma cristologico nella tradizione scritta (con le parole) e nella tradizione non scritta (con i colori) Doc. dr. sc. Veronika Nela Gapar Teologija u Rijeci, Tizianova 15, 51 000 Rijeka vgaspar@rijeka.kbf.hr Riassuto: Nella bimillenaria storia della cristologia possiamo distinguere alcune tappe signigicative di questo sviluppo: quella patristica (II-VIII secolo), quella medievale (secolo IX-X), quella moderna (secolo XVI-XIX) e contemporanea (secolo XX). Ma la tappe patristica cristologicamente statta la pi determinante sia per lo svillupo del dogma cristologico sia per la difesa delle immagini come affermazione del realismo dellincarnazione di Ges Cristo. Perci, nella prima parte presenteremmo lo sviluppo storico del dogma cristologico. Sullargomentazione cristologica della teologia dellicona parleremo nella seconde parte dellarticolo e nella terza parte, facendo la lettura teologica di due icone cristologice (Pantocratore e Maiestas Domini), confrontiamo larte visuale con il testo base e cercheremo di accertare in quale misura la parola illustrata rende il messaggio della verit della fede, e in quale misura limmagine serve al pensiero teologico, e se e in quale misura si conformava alle discussioni teologiche durante la storia del pensiero cristiano. Parole chiavi: dogma, cristologia, concilio, tradizione, parola, limmagine/icona, teologia, Pantocratore, Maiestas Domini Introduzione Lesperienza, lannuncio, la testimonianza e la riflessione cristologica della Chiesa non si fermata con la morte di Ges Cristo, ma ha avuto una sua continuazione nella vita stessa della comunit ecclesiale, che ha progredito nella penetrazione del mistero di Ges Cristo. La prospettiva originaria della cristologia neotestamentaria era funzionale: si chiedeva e stabiliva che cosa fosse Ges per noi. Tuttavia, tramite il dinamismo di fede, tale prospettiva si evoluta in quella ontologica la cui domanda diventava: Chi Ges in se stesso e in relazione a Dio? Nella bimillenarioa storia della cristologia, vissuta dalla Cheisa sotto il segno dello Spirito Santo, possiamo distinguere alcune tappe signigicative di questo sviluppo: quella patristica (II-VIII secolo), che cristologicamente parlando statta la pi determinante; quella medievale (sec. IX-XV), che ha sistematizzato non solo laspetto ontologico, ma anche quello soteriologico dellevento Ges Cristo; quela moderna (sec. XVI.XIX) e contemporanea (sec. XX-XXI), interesate alla valorizzare dellumanit del Ges Cristo e alla ricerca di nuovi orizzonti e nuove sintesi. Noi daremo solo alcune linee di cristologia patristica, che trova la sua espressione pi compiuta nei pronunciamenti dei primi concili ecumenici. Ma la tappe patristica non statta soltanto la pi determinante per lo svillupo del dogma cristologico ma anche per la difesa delle immagini sante. Perci, dopo la presentazione dello sviluppo storico del dogma cristologico e dellargomentazione cristologica della teologia dellicona nella terza parte dellarticolo, facendo la lettura teologica di due icone cristologice, confrontiamo larte visuale con il testo base. 1. Sviluppo storico del dogma cristologico Levento unico e del tutto singolare dellIncarnazione del Figlio di Dio non significa che Ges Cristo sia in parte Dio e in parte uomo, n che sia il risutato di una confusa mescolazna di divino e di umano. Egli si fatto veramente uomo rimanendo veramente Dio. Ges Cristo vero Dio e vero uomo. La Chiesa nel corso dei primi secoli ha dovuto difendere e chiarire questa verit di fede contro eresie che la falsificavano. Furono molteplici i fattori che determinarono il prodigioso sviluppo della cristologia dei padri della Chiesa. Innanzitutto lineliminabile fides quaeren intellectum degli scrittori ecclesiastici, orientali i occidentali. In secondo luogo il dialogo serrato con la filosofia del tempo, con le correnti stoiche e platoniche e con la loro radicale opposizione alla dottrina della creazione delluomo e dellincarnazione di Dio. La novit assoluta della confessione cristina di Ges Cristo, Figlio di Dio incarnato, esigeva, infatti, una giustificazione adeguata della sua compatilibilit con il monoteismo giudaico, da una parte, e della sua superiorit nei confronti del politeismo pagano e del monoteismo filosofico greco, dallaltra parte. Questo sforzo apologetico e dialettico rappresent uno dei momenti pi qualificanti per la corretta inculturazione della fede. Un terzo fattore di approfondimento e di progresso fu il confronto interno, spesso estremamente polemico e conflittuale, tra le diverse scuole teologiche, come quella alessandrina e quella antiochena. Un ultimo elemento dato, infine, dalla lotta contro gli eretici, che negavano di volta in volta la vera divinit o la vera umanit o la realt stessa di Ges Cristo. Ma il grande dibattito della cristologia patristica si concentr sulla risposta alla contestazione metafisica della divinit di Cristo da parte dellelenismo, che non riusciva a giustificare, nellevento dellincarnazione, la trascendenza di Dio con la contingenza storica di Ges. Si riteneva impossibile sia un intervento diretto e personale nella storia da parte di Dio (istanza platonica), sia laccoglienza di tale intervento divino dallesterno da parte del cosmo (istanza stoica). La teologia patristica fu un periodo vitale di difesa e di purificazione del kerygma cristologico contro il continuo e multiforme pericolo della sua degradazione. In questo laborioso passaggio dalla cristologia biblica a quella patristica si attua la trasformazione del dato biblico che porta dal kerygma al dogma. Il dogma, pertanto, si pu a ragione definire come kerygma maggiormente riflesso, charito mediante la teologia e sorretto da una coscienza ecclesiale approfondita. Si compie cos la reinterpretazione dello stesso dato biblico e della tradizione precedente, intesa come raffermazione autentica, in nuovi ambienti e in nuove situazioni culturali, del significato ontologico e funzionale/soteriologico del mistero di Ges Cristo. Le prime eresie pi che la divinit di Cristo hanno negato la sua vera umanit (docetismo gnostico). Fin dallepoca apostolica la fede cristiana ha insistitio sulla vera Incarnazione del Figlio di Dio venuto nella carne (cf 1 Gv 4, 2-3). Ma nel terzo secolo, la Chiesa ha dovuto affermare contro Paolo di Samosata, in un Concilio riunito ad Antiochia, che Ges Cristo Figlio di Dio per natura e non per adozione. Il primo Concilio Ecumenico di Nicea nel 325 profess nel suo Credo che il Figlio di Dio Generato, non creato, della stessa sostanza (homousios) del Padre, e condann Ario, il quale sosteneva che il Figlio di Dio veniva dal nulla e che sarebbe di unaltra sostanza o di unaltra essenza rispetto al Padre. Leresia neostoriana vedeva in Cristo una persona umana congiunta alla Persona divina del Figlio di Dio. In contrapposizione ad essa Cirillo di Alessandria e il terzo Concilio Ecumenico riunito a Efeso nel 431 hanno confessato che il Verbo, unendo a se stesso ipostaticamente una carne animata da unanima razionale, si fece uomo. Lumanit di Cristo non ha altro soggetto che la Persona divina del Figlio di Dio, che lha assunta e fatta sua al momento del suo concepimento. Per questo il Concilio di Efesso ha proclamato nel 431 che Maria in tutta verit divenuta Madre di Dio per il concepimento umano del Figlio di Dio nel suo seno; Madre di Dio... non certo perch la natura del Verbo o la sua divinit avesse avuto origine dalla santa Vergine, ma, poich nacque da lei il santo corpo dotato di anima razionale a cui il Verbo unito sostanzialmente, si doce che il Verbo nato secondo la carne. I monofisiti affermavano che la natura umana come tale aveva cessato di esistere in Cristo, essendo stata assunta dalla Persona divina del Figlio di Dio. Opponendosi a questa eresia, il quarto Concilio Ecumenco, a Calcedonia, nel 451, ha confessato: Seguendo i santi Padri, allunanimit noi insegniamo a confessare un solo e medesimo Figlio, il Signore nostro Ges Cristo, perfetto nella sua divinit e perfetto nella sua umanit, vero Dio e vero uomo, (composto) di anima razionale e di corpo, consostanziale al Padre per la divinit, e consostanziale a noi per lumanit, simile in tutto a noi, fuorch nel peccato (Eb 4, 15), generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinit, e in questi ultimi tempi, per noi e per la nostra salvezza, nato da Maria Vergine e Madre di Dio, secondo lumanit. Un solo e medesimo Cristo, Signore, Figlio unigenito, che noi dobbiamo riconoscere in due nature, senza separazione. La differenza delle nature non affatto negata dalla loro unione, ma piuttosto le propriet di ciascuna sono salvaguardate e riunite in una sola persona e una sola ipostasi. Dopo il Concilio di Calcedonia, alcuni fecero della natura umana di Cristo una sorta di soggetto personale. Contro costoro, il quinto Concilio Ecumenico, a Costantinopoli, nel 553, ha confessato riguardo a Cristo: vi una sola ipostasi (o Persona) ..., cio il Signore nostro Ges Cristo, Uno della Trinit. Tutto, quindi, nellumanit di Cristo deve essere attribuito alla sua Persona divina come al suo soggetto proprio, non soltanto i miracoli ma anche le sofferenze e cos pure la morte: Il Signore nostro Ges Cristo, crocifisso nella sua carne, vero Dio, Signore della gloria e Uno della Santa Trinit. La chiesa cos confessa che Ges inscindibilmente vero Dio e vero uomo. Egli veramente il Figlio di Dio che si fatto uomo, nostro fratello, senza con ci cessare dessere Dio, nostro Signore. Poich nella misteriosa unione dellIncarnazione la natura umana stata assunta, senza per questo venir annientata, la Chiesa nel corso dei secoli stata condotta a confessare la piena realt dellanima umana, con le sue operazioni di intelligenza e di volont, e del corpo umano di Cristo. Ma parallelamente ha dovuto di volta in volta rocordare che la natrua umana di Cristo appartiene in proprio alla Persona divina del Figlio di Dio che lha assunta. Tutto ci che egli e ci che egli fa in essa dervia da Uno della Trinit (Cf Gv 14, 9-10). Il Figlio di Dio, quindi, comunica alla sua umanit il suo modo personale desistere nella Trinit. Pertanto, nella sua anima come nel suo corpo, Cristo esprime umanamente icomportamenti divini della Trinit: Il Figlio di Dio... ha lavorato con mani duomo, ha pensato con mente duomo, ha agito con volont duomo, ha amato con cuore duomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorch nel peccato. Apollinare di Laodicea sosteneva che in Cristo il Verbo aveva preso il posto dellanima o dello Spirito. Contro questo errore la Chiesa ha confessato che il Figlio eterno ha assunto anche unanima razionale umana. Lanima umana che il Figlio di Dio ha assunto dotata di una vera conoscenza umana. In quanto tale, essa non poteva di per s essere illimitata: era esercitata nelle condizioni storiche della sua esistenza nello spazio e nel tempo. Per questo il Figlio di Dio, facendosi uomo, ha potuto voler crescere in sapienza, et e grazia (Lc 2, 52) e anche doversi informare intorno a ci che nella condizione umana non si pu apprendere che attraverso lesperienza. Questo era del tutto consono alla realt del suo volontario umiliarsi nella condizione di servo (Fil 2, 7). Al tempo stesso, per, questa conoscenza veramente umana del Figlio di Dio esprimeva la vita divina della sua Persona. La natura umana del Figlio di Dio, non da s ma per la sua unione con il Verbo, conosceva e manifestava nella Persona di Cristo tutto ci che conviene a Dio. , innanzi tutto, il caso della conoscenza intima e immediata che il Figlio di Dio fatto uomo ha del Padre suo. Figlio di Dio anche nella sua conoscenza umana mostrava la penetrazione divina che egli aveva dei pensieri segreti del cuore degli uomini. La conoscenza umana di Cristo, per la sua unione alla Sapienza divina nella Persona del Verbo incarnato, fruiva in pienezza della scienza dei disegni eterni che egli era venuto a rivelare. Ci che in questo campo dice di ignorare, dichiara altrove di non avere la missione di rivelarlo. Parallelamente, la Chiesa nel sesto Concilio Ecumenico ha dichiarato che Cristo ha due volont e due operazioni naturali, divine e umane, non opposte, ma cooperanti, in modo che il Verbo fatto carne ha umanamente voluto, in obbedienza al Padre, tutto ci che ha divinamente deciso con il Padre e con lo Spirito Santo per la nostra salvezza. La volont umana di Cristo segue, senza opposizione o riluttanza, o meglio, sottoposta alla sua volont divina e onnipotente. Poich il Verbo si fatto carne assumendo una vera umanit, il corpo di Cristo era delimitato. Perci laspetto umano di Cristo pu essere rappresentato (Gal 3, 1). Nel settimo Concilio Ecumenico la Chiesa ha riconosciuto legittimo che venga raffigurato mediante venerande e sante immagini. Al tempo stesso la Chiesa ha sempre riconosciuto che nel Corpo di Ges il Verbo invisibile apparve visibilmente nella nostra carne. In realt, le caratteristiche individuali del Corpo di Cirsto esprimono la Pesona divina del Figlio di Dio. Questi ha fatto a tal punto suoi i lineamenti del suo Corpo umano che, dipinti in una santa immagine, possono essere venerati, perch il craedente che venera limmagine, venera la realt di chi in essa riprodotto. 2. Largomentazione cristologica della teologia dellicone Si era appena smorzata leco della controversia monotelita, che gi allinizio del secolo VIII scoppiava con virulenza inaudita unaltr grande disputa, quella sulle immagine. Sarebbe durata quasi un secolo e mezzo i si sarebbe protratta, cio, ben oltre le decisioni del concilio di Nicea II e avrebbe costituito lultima tappa dei grandi dibattiti cristologici della Chiesa antica. Il fondamento di una teologia dellimmagine si era psoto gi nella controversia antriariana. Per Ario, il Figlio non immagine perfetta del Padre, perch una creatura. Invece, per la retta coscienza di fede ecclesiale, espressa al concilio di Nicea 325, il Verbo, essendo consustanziale al Padre, sua immagine perfetta. La base della teologia dellimmagine data dal riconoscimento che in Ges ci rivelata la pienezza del mistero di Dio. In questo contesto il concetto di immagine analogico. Mentre nella creatura limmagine sempre inferiore al modello, in Dio, invece, modello e immagine sono tuttuno. Quindi, se il Figlio limmagine perfetta del Padre, allora noi in lui abbiamo realmente accesso al Padre e il Padre si rivelato pienamente a noi. Basilio di Cesarea ha oferto unimportante precisazione in cui distingue il concetto di ipostasi da quello di natura e sottolinea che licona del Cristo presenta gli aspetti caratteristici propri di una determinata persona o ipostsi e non della natura, umanma o divina, in quanto tale. Anche Cirillo dAlessandria offre alcuni elementi di una teologia dellimmagine sottolineando la realt dellincarnazione, per cui il Verbo incarnato immagine del Padre e con la sua vita, la sua morte e la sua risurrezione egli rivela il Padre. Massimo il Confessore confermer questa teologia dellimmagine precisando che i tatti umani del Cristo rendono visibile la persona divina del Figlio di Dio e lumaniti del Cristo diventata icona vivente, dellamore di Dio. Per cui, anche incarnato, Cristo limmagine perfetta del Padre e della sua carit verso gli uomini. Accanto a Basilio di Cesarea, Cirillo dAlessandria e Massino il Confessore, prima del concilio di Nicea II, fu Giovanni Damasceno a offrire unulteriore sintesi della teologia dellicona, nei suoi tre discorsi redatti intorno al 730. Egli presenta largomento decisivo per giustificare le immagini cristiane: la realt dellincarnazione del Verbo. Alla domanda su come raffigurare linvisibile e il senza limiti, egli cos risponde: Invece, chiaro che, quando tu abbia visto che colui che incorporeo diventato uomo a causa tua, allora farai limmagine della sua forma umana; quando linvisibile sia diventato visibile per la carne, allora raffigurai limmagine di lui che stato visto; quando colui che nella sovrabbondanza della sua natura senza corpo e senza figura, incommensurabile ed intemporabe, quando colui che immenso e sussistente nella forma di Dio, si sia invece ristretto alla misura ed alla grandezza, dopo aver preso la forma di schiavo, e si sia cinto della figura del corpo, allora riproduci la sua forma su di un quadro, ed esponi alla vista colui che ha accettato di essere visto. Di lui riproduci linesprimibile condiscendenza, la nascita dalla Vergine, il Battesimo nel Giordano, la trasfigurazione sul Tabor, le sofferenze generatrici di immortalit, i miracoli-segni della sua divina natura che furono compiuti con virt divina attraverso la virt del corpo, la croce salvatrice, la sepoltura, la risurrezione, lascesa al cielo. Tutte queste cose descrivi con la parola e con i colori. quindi la stessa incarnazione che ha circoscritto il Verbo inivisibile, eterno e incommensurabile. Per questo ci pu rappresentare sia la sua immagine umana, sia la moltitudine degli eventi salvifici della sua vita. Dopo aver sottolineato la bont della materia e la sua capacit di elevare alle cose spirituali, il Giovanni Damasceno precisa che la venerazione di unimmagine non culto idolatrico, dal momento che essa diretta non alla materia, ma a colui che essa rappresenta: Infatti lonore dellimmagine passa al prototipo, dice il divino Basilio. Egli rileva lutilit dellimmagine sacra, che insegnamento, ricordo e invito allimitazione: Ci che il libro per coloro che conoscono la scrittura, questo limmagine per gli illetterati, e ci che la parola per ludito, questo anche limmagine per la vista. Giovanni Damsceno posta, infine altri due importanti argomenti della teologia dellicona: la tradizione e la santit intrinseca e quasi sacramentale dellicona. Egli riteneva che luso delle immagini facesse parte della tradizione viva, tradizione non scritta della Chiesa. Per quanto riguarda, infine, la tesi dellicona, come materia riempita di grazia, egli afferma che, come lumanit del Cristo fu portatrice di grazia e di redenzione, cos la sua icona, in quanto rappresenta colui che fonte della grazia, partecipa intrinsecamente a questa santit: In varie materie per se stesse non sono degne di venerazione, ma per lanalogia della fede esse diventano partecipi di grazia se pieno di grazia colui che raffigurato. Il concilio ecumenico di Nicea II (787) la conferma integrale del dogma cristologico di tuti i precedenti concili ekumenici. Si pu parlare di quattro parti del concilio. La prima parte dedicata alla presentazione di coloro che, opponendosi alla tradizione della Chiesa, hanno screditato le immagini, mettendo sullo stesso piano le rappresentazioni del Signore e dei suoi santi e le statue degli idoli diabolici. La seconda parte presenta lintezione del concilio di attenrersi in tutto alla divina tradizione della Chiesa, cos come essa stata illustrata dai sei precedenti concili ecumenici. A tal fine si riporta il simbolo niceno-constantinopolitano e vengono riassunte le eresie da essi condannate. La terza parte, quella pi ampia, dedicata alla difesa delle immagini sacre, e inizia un ulteriore richiamo alla tradizione: In poche parole, noi intendiamo custodire gelosamente intatte tutte le tradizioni ecclesiastiche, sia scritte che non scritte. Una di queste, in accordo con la predicazione evangelica, la pittura delle immagini. In sintesi ili contenuto di questa parte : le immagini sacre appartengono alla tradizione della Chiesa; esse confermano la vera e non fantastica incarnazione del Verbo di Dio; per questo, come la croce, le immagini di Ges Cristo, della Theotkos e dei santi debbono essere esposte nelle chiese, sulle pareti, nelle case, nelle vie; la loro visione serve a far ricordare e onorare coloro che vi sono raffigurati: non si tratta, per, di un vero culto di latria, ma di venerazione; lonore reso allimmagine passa a colui che essa rappresenta: infatti, chi venera limmagine onora la persona che essa riproduce; Quanto detto prima secondo la legittima tradizione della chiesa, per cui il concilio condanna coloro che rigettano le immagini. La quarta e ultima parte della definizione contiene quattro anatemi con altre pecisazioni: Cristo pu essere circoscritto secondo lumanit; anche le narrazioni evangeliche possono essere rappresentate; si ha il dovere di salutare le immagini del Signore e dei santi; si ha lobbligo di mantenere ogni tradizione ecclesiastica, sia scritta che non scrita. Come si vede, largomento centrale della definizione nicena quello di tradizione della Chiesa. Il concilio precisa che si tratta di una tradizione non scritta. La fede cristiana non solo testimoniata dalla parola scritta, ma anche dallinsieme del vissuto non scritto, ma altrettanoto reale e legittimo. Dopo aver rigettato laccusa di idolatria sia perch stato proprio Cristo a liberarci dal furore degli idoli, sia perch non si pu paragonare licona del Signore agli idoli diabolici, il concilio dichiara solennemente che limmagine una predicazione evangelica: annuncia la vera incarnazione del Verbo e ne suscita il ricordo e la venerazione. Richiamandosi poi al famoso detto di Basilio, precisa anche che lonore reso allimmagine va a colui che essa rappresenta. C infine unultima importante affermazione come conclusione: Cristo pu essere circoscritto secondo lumanit. 3. Il dogma cristologico nelliconografia la lettura teologica Il dogma cristologico non sar definita solo ai concili, ma anche nellimmagine. Liconografia di Cristo ha avuto una svolta decisiva nel secolo 4, ai tempi di Costantino, quando il primo concilio ecumenico di Nicea nell anno 325 proclama il dogma delluguaglianza di Ges con il Padre, ed il cristianesimo, da fede tollerata diventa la religione ufficiale dellimpero. A questo punto larte paleocristiana comincia a visualizzare le definizioni dogmatiche (le verit della fede) ispirata da un sentimento di vittoria. Il Cristo sar posto sul trono imperiale, e la sua iconografia sar accordata con liconografia imperiale. Nellimpero Romano esisteva lusanza di mandare in tutte le province dellimpero unimmagine del imperatore dipinta su una tavola di legno. Fino al secolo 3 questo veniva fatto spontaneamente dagli sudditi dellimperatore, ma dalla fine del secolo 3, imperatore Diocleziano ha sancito questo costume come obbligatorio a forza di legge. Limmagine rappresentava la presenza dellimperatore. Veniva accolta con la cerimonia con la quale si usava accogliere limperatore. Il popolo, insieme ai principi, andava incontro a limmagine con le candele e lincenso. Questo costume era uguale nel secolo ottavo e nono, come nel periodo pagano del impero Romano. Siccome limperatore aveva un ruolo speciale nella Chiesa, la sua immagine poteva essere un punto di riferimento nellanalogia delle dispute trinitarie e nella controversia iconoclastica. Con laiuto di questa analogia si chiariva la identit della sostanze delle persone nella Trinit. Nelle controversie iconoclastiche con lanalogia della raffigurazione dellimperatore si spiegava la differenza tra lessenza dellimmagine e quella del prototipo. Un grande avvocato della venerazione delle immagini Giovanni Damasceno, ha trovato questa analogia da Atanasio, che laveva usata nelle dispute cristologice del Concilio di Nicea. Nel Terzo discorso contro gli Ariani Atanasio prova la divinit del Figlio scrivendo che nel Figlio si contempla la divinit del Padre. Questo si pu comprendere dallesempio dellimmagine del imperatore. Nellimmagine dellimperatore c la somiglianza e la forma dellimperatore, come nellimperatore c la somiglianza che nellimmagine. Nellimmagine la somiglianza dellimperatore inalterata, affinch colui che osserva limmagine, osservi in essa limperatore. Colui che osservi limperatore lo riconosce nellimmagine. Se limmagine dellimperatore limperatore, anche limmagine di Cristo Cristo e la glorificazione dellimmagine diventa la glorificazione di colui che vi dipinto. Nonostante si servisse dellimmagine dellimperatore come riferimento per chiarire il rapporto tra limmagine ed il prototipo, Giovanni Damasceno puntualizza la esaltazione dellimmagine di Cristo in confronto con limmagine dellimperatore. Lesaltazione dellicona di Cristo si basa sullesaltazione della persona rappresentata. Limmagine sacra contiene in se qualcosa che non esiste nellimmagine del imperatore e in nessuna immagine secolare. Damasceno dice che la grazia divina si da alla materia con lattribuzione dei nome alle immagini dipinte. Come la conchiglia dalla quale si ottiene il color porpora, la seta e labito di seta per se non hanno nessun onore, ma quando vestono limperatore, a causa della partecipazione sul suo onore, vengono onorate pure le vesti. Cosi con la materia che per se non degna di onore, ma partecipa nella grazia che riempiva la persona dipinta, per analogia della fede. Un tema, due immagini: la rappresentazione di Ges nella onnipotenza divina come Maiestas Domini (fig 1), e come Pantocratore (fig 2), ovvero La maest del Signore e Sovrano universale. A differenza dal Cristo in gloria dellicononografia occidentale il Cristo Pantocratore un tipo iconografico bizantino, che raffigura Cristo seduto sul trono come sovrano del mondo, immagine in cui convergono le idee del Dio Padre e Figlio Ges Cristo, creatore e salvatore. Questo motivo iconografico appare nel secolo 4, e nel secolo 6 sparso per tutto il mondo Cristiano. Licona di Pantokrator e posta sempre nella cupola della basilica (fig 3). Se la basilica non ha una cupola, la raffigurazione di Pantokrator si sposta al punto pi dignitoso delledificio, nella conca dellabside (fig 4). Il posto dellicona dentro al spazio architettonico valorizzato per gerarchia ci spiega il posto che un particolare tema cristologico occupa nella scala delle verit e valori della fede. Il Cristo Pantokrator nella cupola rappresenta la Chiesa celeste, nella cinta sotto la cupola viene rappresentato Cristo come Dio fatto uomo nella sua missione terrena. Nelledificio con la cupola, tutte le assi di supporto convergono nel punto pi alto, nel zenit della cupola: qui c il nodo dove tutto finisce, ma si pu dire che anche comincia, discendendo verso il suolo. Questo quel punto architettonico dal quale si sorge, e nel quale tutto confluisce Con questo e chiaro che nellidea non solo di ogni cristiano, ma anche di tutti coloro che hano un concetto religioso monoteistico questo posto occupato da Dio Onnipotente, Pantokrator. Rispetto allimmagine di Cristo la tradizione iconografica occidentale (fig 1) e orientale (fig 2) hanno in comune un aura a forma di croce come attributo di Ges, un attributo del Crocifisso e Risorto, il libro nella mano sinistra, che nella pagina aperta per lo pi mostra le parole dal vangelo secondo Giovanni o apocalisse: Io sono la Verita, la Via i e la Vita (Gv 10,11), o Io sono Alfa e Omega colui che che era e che viene, lOnnipotente (Apoc 1,8). In comune hanno anche il gesto di benedizione di Cristo con la mano destra, ma vi sono delle differenze nel movimento benedicente: latina la benedizione con tre dita protese e due dita piegate (mignolo e anulare), e greca con lindice e il dito medio protesi mentre il pollice, mignolo e anulare si toccano. Il Cristo Orientale era raffigurato solo di busto, mentre loccidentale, grazie allinclusione dei motivi delle visioni di Ezechiele (Ez 1,2-11) e dellApocalisse (Apoc 4, 2-7) veniva allargato: limmagine di Ges sul trono incorniciata dalla mandorla, alla quale si accostano quattro simboli dei evangelisti: angelo (Matteo), laquila (Giovanni), il leone (Marco) ed il bue (Luca). Questo sottolinea lunita del antico e Nuovo Testamento, a volte ulteriormente accentuata dai quatto profeti maggiori: Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele. In questo modo si enfatizza lunita della Vecchia con la Nuova alleanza. Raffigurando Cristo vestito nel manto imperiale seduto su un trono alto ed esaltato, i pittori sispirano alla visione di Dio dei profeti Isaia (Is 6, 1-3) e Ezechiele (Ez 1,4-11), ed alla visione di Giovanni (Apoc 4, 2-7). Limmagine del Cristo Onnipotente glorioso plasmata dalle visioni profetiche: Cristo splende come una pietra preziosa, larcobaleno celeste sopra di lui, circondato da diverse creature celesti alate, dai simboli cosmici come il sole, la luna, larcobaleno; tutto indica Cristo come sovrano del mondo e del cosmo. Gli evangelisti rappresentati in quattro forme, indicano che Cristo unisce in se tutti gli aspetti dei quattro vangeli. I teologi spiegheranno i simboli nella luce della storia della salvezza: luomo simboleggia lincarnazione della Parola di Dio nelluomo Ges, il bue sta per la sua morte conciliatoria, il leone simboleggia la risurrezione, e laquila lascensione. Come un esempio per limmagine di Cristo del tipo di Pantokrator si pu prendere limmagine di Cristo Pantokrator dalle catacombe di San Pietro e Marcellino, Roma, secolo quarto e quinto. Questo affresco una delle prime testimonianze dellarte figurativa di questo tipo, e avr un grande impatto sulle seguenti rappresentazioni di Cristo. La raffigurazione di tipo simbolico. La divinit di Cristo enfatizzata, perci lo raffigura secondo lideale iconografico di Giove. Un esempio simile la spesso riprodotta icona di Cristo Pantokrator, dalla prima met del secolo sesto, proveniente dallmonastero di Santa Caterina, sul Sinai. Lartista ha rappresentato Cristo frontalmente, con occhi aperti, ma con uno sguardo indefinito, che rende la dimensione divina di Ges, fuori del tempo e spazio. Lartista ha connesso i tratti realistici con tratti di viso astratti, rendendo cosi in un modo sottile il dogma sulle due nature di Cristo, natura divina e umana. Le raffigurazioni di Cristo Pantokrator dellantichit influiranno sulla creazione delle immagini simili: in Croazia limmagine pi anticha del Cristo Pantokrator, chiamata Deesis nella chiesa di S. Krevan a Zara (secolo 12), e laffresco Cristo in gloria (intorno allanno 1320) nella cappella si S. Stefano Re, nel arcivescovato di Zagabria. Conclusione La cristologia patristica costituisce la cerniera e lautentica base di continuit tra il Cristo biblico e il Cristo della riflessione teologica e del dogma. La cristologia conciliare da Nicea I (325) a Nicea II (787) raccoglie i contributi pi significativi della riflessione patristica su Cristo e determinarono il simbolo di fede, ancora oggi al centro della nostra professione cristologica. Fissando, poi, con le loro definizioni gli argini pi consistenti dellortodossia, essi di fatto tracciarono il cammino sicuro dello sviluppo della cristologia patristica, che non rare volte frammentaria, con non pochi momenti di pausa e di rottura. I concili rappresentano, quindi, dei punti privilegiati su suprema concentrazione cristologica e di autentico sviluppo nella continuit. Significativo al riguardo loro esplicito e mutuo richiamarsi prima di procedere a nuovi pronunciamenti. In tal modo si pongono come validi criteri interpretativi in contesto del dato biblico originario. C anche un risvolto ecumenico in questa scelta, dal momento che si tratta dei concili della Chiesa ancora sostanzialmente unita, prima dei grandi scismi dOriente (1054) e dOccidente (sec. XVI). Le definizioni dogmatiche cristologiche non esaseprano la contrapposizione tra lo statutto ontologico di Cristo e la sua funzione soteriologica, dal momento che quanto stabiliscono sullessere del Cristo lo ritengono in funzione esclusica della sua missione di salvezza. La preoccupazione ontologica, infatti, strettamente unita a quella soteriologica, dal momento che Cristo viene confessato come la salvezza delluomo, in una unit inscindibile di essere e di operare. questo il significato profondo, allo stesso tempo ontologico e soteriologico, dei pronunciamenti conciliari sullassoluta consustanzialit del Figlio col Padre, sulla sua perfetta umanit, sul riconoscimento della sua misteriosa unit di persona, sullaammissione della sua volont umana, radice dellopera redentrice, sullaffermazione della rappresentabilit della sua immagine. Totto affermato per noi e per la nostra salvezza, come dice la definizione calcedonese. quindi, nella vita trinitaria del Figlio di Dio incarnato il segreto e la riuscita della sua missione redentrice. La cristologia di questo periodo dovrebbe essere illustrata non solo dalla documentazione scritta, ma anche da quella non scritta (immagini, arte, religiosit del popolo, vita liturgica), alla quale si richiama esplicitamente e solennemente il concilio di Nicea II (787). Raffigurare nellicona laspetto umano del Cristo professare sia la realt della sua incarnazione e della sua redenzione, sia il mistero divino-umano della sua persona. Largomento centrale della definizione nicena quello di tradizione della Chiesa. Il concilio precisa che si tratta di una tradizione non scritta. La fede cristiana non solo testimoniata dalla parola scritta, ma anche dallinsieme del vissuto non scritto, ma altrettanoto reale e legittimo. Dopo aver rigettato laccusa di idolatria, il concilio dichiara solennemente che limmagine una predicazione evangelica: annuncia la vera incarnazione del Verbo e ne suscita il ricordo e la venerazione, precisando anche che lonore reso allimmagine va a colui che essa rappresenta. Cristo pu essere circoscritto secondo lumanit. Il dogma cristologico non sar definita solo ai concili, ma anche nellimmagine. Faccendo una lettura teologica di due icono del corpo glorioso di Cristo (Maiestas Domini e Pantocratore.) abbiamo visto che anche licona scrive le formule dogmatiche della cristologia, ma non con le parole, bens con le forme e i colori e esprime cos la sua onnipotenza divina e la sua funzione salvica per luomo. Un tema, due immagini: La rappresentazione di Ges nella onnipotenza divina come Maiestas Domini, e come Pantocratore. Entrambe le immagini sono presenti sia nelliconografia occidentale e quella orientale. Per, in dipendenza della lacceno della dottrina cirstologica dominante in Chese orientali, la liconografia orientale preferir Pantokratore, che esprime la glorificazione delluomo e ci permette di contemplare la natura glorificata di Cristo. Liconografia occidentale rispechier laccento della dottrina cristologica occidentale che presente lonnipotenza divina di Ges Cristo nel suo ruolo del giudice escatologico. In conclusione si pu dire che liconografia e la teologia hanno dei punti comuni ma anche dei tratti diversi. In comune hanno la partenza: la rivelazione e l'esperienza di Dio. Il punto darrivo equivalente. Per quanto riguarda l'uomo, sia la teologia che liconografia gli servono per conoscere la sua vera natura (essere limmagine di Dio) e lo istruiscono su come raggiungere/realizzare lo scopo finale. Liconografia e la teologia chiedono all'uomo non soltanto la conoscenza scibile ma anche le sue facolt spirituali e gli aprono la via verso lesperienza di Dio. Entrambe hanno un significato anagogico e nel loro compito sono consapevoli di essere sono soltanto il parlare attraverso lo specchio e lenigma con cui si vuole attraversare il ponte tra l'esistenza storica e lo stato celeste. Sa~etak U dvijetisuljetnoj povijesti kristologije mo~emo razlikovati etiri bitna razdoblja njezinog razvoja: razdoblje patristike (II-VIII stoljea), srednjovjekovno razdoblje (IX-XV stoljea), moderno razdoblje (XVI-XIX stoljea) i sadaanje razdoblje (XX-XXI stoljee). Meutim, razdoblje patristike je odlu ujue kako u razvoju kristoloakih vjerskih istina tako i u obrani atovanja svetih slika. Temelj i opravdanje kraanskog slikarstva i atovanja svete slike je slika utjelovljenoga Bogo ovjeka Isusa Krista. Nakon ato smo u prvom dijelu lanka prikazali povijesni razvoj kristoloake dogme, u drugom smo govorili o kristoloakoj argumentaciji teologije svetih slika i to potkrijepili teoloakim itanjem dviju ikona Isusa Krista: Majestas Domini i Pantokratora. Trei dio lanka posveen ovim dvjema ikonama ukazuje na odnos teoloake misli i vizualne umjetnosti i nastoji odgovoriti u kojoj je mjeri vizalna umjetnost prenosila vjerku istinu (dogmu) i bila u slu~bi odreene teoloake misli pratei teoloake rasrpave i dispute kroz povijest kraanske crkve. Jedna tema, dva slikovna govora: prikaz Isusa u bo~anskoj svemou kao Majestas Domini i kao Pantokratora, odnosno kao Bo~je veli anstvo i kao Svevladar. Premda su obadva motiva prisutna i na Istoku i na Zapadu, o it je da teoloako promialjanje o otajstvu Isusa Krista na Zapadu utje e na ikonografski motiv Majestas Domini a kristologija Istoka na bizantski ikonografski motiv Krista Pantokratora.  J. DUPUIS, Introduzione alla Cristologia. Piemme, Casale Monferrato (AL), 1993, p. 112.  A. AMATO, Ges il Signore. Saggio di cristologia, Edizione Dehoniane Bologna, 1999, p. 216.  Cf. R. CANTALAMESSA, La divinit di Ges Cristo dal Nuovo Testamento al Concilio di Nicea. In: Gregorianum, 62, Roma, 1981, p. 629-660.  A. AMATO, Ges il Signore. Saggio di cristologia, Edizione Dehoniane Bologna, 1999, p. 217.  A. GRILLMEIER, Ges il Cristo nella fede della Chiesa, I/1, Queriniana Brescia, 1982, p. 34.  H. DENZINGER P. HNERMANN, Enchiridion delle professioni di fede delle definizioni e dichiarazioni su questioni di fede e morale, Edizioni Dehoniane Bologna, 1995, br. 130.  H. DENZINGER P. HNERMANN, Enchiridion delle professioni di fede delle definizioni , br. 126.  H. DENZINGER P. HNERMANN, Enchiridion delle professioni di fede delle definizioni , br. 250.  H. DENZINGER P. HNERMANN, Enchiridion delle professioni di fede delle definizioni , br. 251.  H. DENZINGER P. HNERMANN, Enchiridion delle professioni di fede delle definizioni , br. 301-302.  H. DENZINGER P. HNERMANN, Enchiridion delle professioni di fede delle definizioni , br. 424.  Cf. H. DENZINGER P. HNERMANN, Enchiridion delle professioni di fede delle definizioni , br. 255.  Cf H. DENZINGER P. HNERMANN, Enchiridion delle professioni di fede delle definizioni , br. 424.  Cf. H. DENZINGER P. HNERMANN, Enchiridion delle professioni di fede delle definizioni , br. 432.  Gaudium et spes, 22,2.  Gaudium et spes, 22,2.  Cf H. DENZINGER P. HNERMANN, Enchiridion delle professioni di fede delle definizioni 5, br. 149.  Cf H. DENZINGER P. HNERMANN, Enchiridion delle professioni di fede delle definizioni , br. 475.  Cf H. DENZINGER P. HNERMANN, Enchiridion delle professioni di fede delle definizioni , br. 556-559.  H. DENZINGER P. HNERMANN, Enchiridion delle professioni di fede delle definizioni , br. 556.  Cf H. DENZINGER P. HNERMANN, Enchiridion delle professioni di fede delle definizioni , br. 504.  H. DENZINGER P. HNERMANN, Enchiridion delle professioni di fede delle definizioni , br. 600-603.  Messale Romano, Prefazio di Natale II.  H. DENZINGER P. HNERMANN, Enchiridion delle professioni di fede delle definizioni , br. 601.  Cf C. SCHNBORN, L'icn du Christ. Fondaments thologiques. Cerf, Paris, 1986, p. 248.  Cf. GIOVANNI DAMSCENO, Difesa delle immagini sacre. Citt Nuova, Roma, 1983. Cf anche S. DUVNJAK, Mjesto slike u teologiji prema govorima o slikama Ivana Damaa anina. Izvadak iz doktorske disertacije, Juki, Sarajevo, 1992.  GIOVANNI DAMSCENO, Oratio I, n. 8. U: Difesa delle immagini sacre. Citt Nuova, Roma, 1983, p. 36-37.  GIOVANNI DAMSCENO, Oratio I, n. 21. U: Difesa delle immagini sacre. Citt Nuova, Roma, 1983, p. 55.  GIOVANNI DAMSCENO, Oratio I, n. 17. U: Difesa delle immagini sacre. Citt Nuova, Roma, 1983, p. 50.  GIOVANNI DAMSCENO, Oratio I, n. 23. U: Difesa delle immagini sacre. Citt Nuova, Roma, 1983, p. 58.  Cf C. SCHNBORN, L'icn du Christ. Fondaments thologiques. Cerf, Paris, 1986, p. 191.  GIOVANNI DAMSCENO, Oratio I, n. 36. U: Difesa delle immagini sacre. Citt Nuova, Roma, 1983, p. 68.  Cf. H. DENZINGER P. HNERMANN, Enchiridion delle professioni di fede delle definizioni , br. 600-609.  BASILIO DI CESAREA, De Spiritu Sancto, 18, 45. U: PG 32 col. 149C.  Cf. H. PFEIFFER, L'immagine di Cristo nell'arte, Citt Nuova, Roma, 1986.  Cf. K. WINNEKES (ur.), Christus in der bildenden Kunst. Von den Anfngen bis zur Gegenwart. Eine Einfhrung, Mnchen, 1989., p. 23-24.  Cf. L. KOCH, Christusbild-Kaiserbild. In: Benediktinische Monatschrift, 21, Beuron/Hohenzoltlern, 1939, p. 85-105.  Cf . S. DUVNJAK, Mjesto slike u teologiji prema govorima o slikama Ivana Damaa anina, p. 114.  Cf. S. AVERINCEV, Majestas Domini i Pantokrator. In: Isus. 2000 godina povijesti vjere i kulture, Kraanska sadaanjost, Zagreb, 1999., p. 128.  Cf . S. BARBAGALLO, Iconografia liturgica del Pantokrator, P. Ateneo San Anselmo, Roma, 1996.  R. IVAN EVI, Uvod u ikonologiju. In: Leksikon ikonografije, liturgike i simbolike zapadnog kraanstva, Zagreb, 1979., pp. 36.37.  Cf. S. AVERINCEV, Majestas Domini i Pantokrator., pp. 128-129.  Cf. K. WINNEKES (ur.), Christus in der bildenden Kunst. Von den Anfngen bis zur Gegenwart. Eine Einfhrung, Mnchen, 1989., p. 24-25.  Cf A. REBI, Slika Krista. Teoloako-umjetni ki uvid u sliku Isusa Krista od njenih po etaka do danas. U: Bogoslovska smotra, 4, Zagreb, 2004, pp.1095-1097. 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