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Immagini dell'Istria nei racconti di G. Stuparich

Giani Stuparich è stato uno dei protagonisti di una grande generazione triestina che, all'inizio dello scorso secolo, visse con intensità la crisi della civiltà europea, cogliendola da quell'osservatorio privilegiato, stimolante e al contempo contraddittorio che era Trieste, avamposto e insieme retrovia, all'inizio della sua fioritura culturale e quasi al tramonto del suo grande ruolo storico ed economico. Questa generazione, soprattutto coloro che come Giani, suo fratello Carlo e Scipio Slataper si raccolsero intorno a «La Voce» fiorentina di Prezzolino, cercò di affrontare con una severa moralità il disagio della civiltà, che sgretola la stessa fisionomia dell'individuo. Il sentimento di devozione con cui Stuparich parla dell'Istria in molte opere, dai Colloqui con mio fratello a Trieste nei miei ricordi, s'intensifica nel tempo e si esprime compiutamente nei Ricordi istriani, l'ultima opera pubblicata da Stuparich nel 1961, l'anno della morte. Un testamento spirituale che l'autore consegna ai posteri, nel quale confluiscono tanti impliciti motivi dei Racconti (1929), di Ritorneranno (1941) e de L'isola (1942). Ricordi istriani è un omaggio all'Istria, un'opera che si configura come degna conclusione di una vita operosa ed esemplare di scrittore e intellettuale. Terra inondata di luce, irrorata dal profumo salmastro del mare, che si mescola a quello dei pini appollaiati sulle costiere pietrose, terra generosa e di antiche tradizioni, l'Istria di Stuparich non è solo la terra benedetta dei giorni felici dell'infanzia e dell'adolescenza, ma è soprattutto la terra in cui si è forgiato il carattere e si sono definiti gli ideali sociali e politici sui quali l'autore ha edificato la vita.

Giani Stuparich, racconti, ricordi, Istria, Trieste

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