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Un itinerario sofferto, personale e collettivo. Il destino degli istriani, vittime invincibili, nelle pagine dei testimoni

L'esodo degli istriani, un dramma personale e collettivo, è stato fissato nelle pagine di molte opere di narrativa. Cosa ha significato l'esodo per chi è rimasto? In breve, un oltraggioso "spossessamento" dell'identità, il dover assistere a un tumultuoso processo di trasformazione che ha modificato profondamente e violentemente i connotati antropologici e sociali dell'ambiente. La scrittura è diventata per molti autori istro-quarnerini un modo per lenire la ferita prodotta dall'esodo e un atto di rivendicazione e di fede nella parola scritta. La scrittura è diventata una battaglia pacifica, culturale in primis, un moto di orgoglio, un modo per dar voce a tanti «nessuno» della Storia, alla gente che nessuno calcola e che dalla Storia è stata umiliata. Il contributo è incentrato in particolare sull'analisi e il commento di opere ritenute esemplificative: Una famiglia istriana di Ester Sardoz Barlessi e Bora, scritta da Anna Maria Mori e Nelida Milani, la voce più alta della letteratura istro-quarnerina, che ha espresso esemplarmente l'atto di fede nella scrittura e nella parola che nel suo caso diventano un'arma di resistenza quotidiana.

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