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izvor podataka: crosbi

Un arcivescovo del Cinquecento inquieto. Lodovico Beccadelli tra letteratura e arte (CROSBI ID 20353)

Autorska knjiga | monografija (znanstvena) | domaća recenzija

Trška, Tanja Un arcivescovo del Cinquecento inquieto. Lodovico Beccadelli tra letteratura e arte. Zagreb : Dubrovnik: Zavod za povijesne znanosti Hrvatske akademije znanosti i umjetnosti u Dubrovniku, 2021

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Trška, Tanja

talijanski

Un arcivescovo del Cinquecento inquieto. Lodovico Beccadelli tra letteratura e arte

Nel tentativo di delineare il profilo intellettuale di un ecclesiastico del Cinquecento attraverso le testimonianze del suo coinvolgimento negli avvenimenti artistici dell’epoca, fondamentali si rivelano gli spostamenti dovuti agli incarichi che Lodovico Beccadelli rivestì durante la sua carriera ecclesiastica ; essi necessariamente lo portarono a cambiare i contesti culturali all’interno dei quali si svolse la sua attività di committente, collezionista e ammiratore d’arte. Nell’atteggiamento che tenne verso i beni materiali, astenendosi dalla loro ostentazione e investendo le proprie risorse nelle proprietà ecclesiastiche (e anche familiari) che avrebbero potuto giovare alle generazioni future, Lodovico Beccadelli sembra aver fatto tesoro dei precetti di Gasparo Contarini esposti nel De officio episcopi (1517). Prescrivendo le priorità nella gestione dei fondi del buon vescovo, Contarini consigliava di investire nel lusso e nell’ornamento delle chiese solo quello che rimane del denaro dopo il soccorso ai bisognosi. I fondi a disposizione di Lodovico Beccadelli erano, appunto, diretti prima ai bisognosi – al vescovado di Ravello, all’arcidiocesi di Ragusa e alla prepositura di Prato, «luoghi d’interesse» temporaneo, in quanto furono solo tappe della sua carriera ecclesiastica. In questo senso, la pictura scelta per l’emblema dedicatogli nelle Symbolicae Quaestiones, la Carità con la fiaccola accesa, rappresenta quello che Beccadelli cercò di essere sia nell’amministrazione ecclesiastica e nel governo pastorale che negli affari privati. Il desiderio di lasciare una «memoria honorevole» alla posterità, manifestatosi nello sforzo di recuperare i beni e la gloria familiare, che si sarebbero poi nuovamente dispersi nei secoli successivi, fu pienamente compiuto proprio in quei luoghi dove egli stesso se lo sarebbe meno aspettato – tra «gli scogli di Schiavonia». La duplice percezione della figura di Lodovico Beccadelli lungo le due sponde dell’Adriatico trova spiegazione nella diversità dei rispettivi contesti sociali e culturali: sulla costa orientale egli è tuttora considerato come un grande prelato ed intellettuale, giunto a Ragusa con un carico di esperienze vissute nei maggiori centri artistici italiani, mentre sulla sponda occidentale il suo trasferimento in Dalmazia è percepito come un segno dell’eclissi della sua carriera ecclesiastica. Nel contesto della cultura figurativa in Croazia, la percezione dell’arcivescovo raguseo è motivata e giustificata soprattutto dal più rilevante segno materiale della sua presenza, la villa di Giuppana, che si stacca drasticamente dalla tradizione architettonica locale e il cui fregio dipinto rappresenta il primo esempio di affreschi di soggetto secolare sul territorio raguseo, straordinario in molti aspetti nell’insieme della cultura figurativa in Croazia. L’aura assegnatagli dalla tradizione storiografica croata ha contribuito alla creazione del mito del più illustre arcivescovo di Ragusa, un mito che sopravvive fino ai giorni nostri. D’altra parte, il suo epistolario e la frammentaria eredità materiale rivelano l’immagine di «un altro Beccadelli», in qualche senso più conforme alla percezione italiana: l’immagine di un vescovo che anche nelle commissioni artistiche rimase piuttosto all’ombra di personaggi di spicco, che lasciarono un’impronta molto più profonda sulla storia ecclesiastica e culturale del Cinquecento italiano. Beccadelli sembrerebbe dunque non reggere il confronto con i grandi committenti del suo secolo, quali ad esempio il «gran cardinale» Alessandro Farnese. Tuttavia, la «corretta» immagine di Lodovico Beccadelli committente e collezionista si rivela nel suo atteggiamento verso le opere d’arte, a prescindere dal prefisso italiano o croato della loro collocazione: al centro della sua attenzione rimane sempre il valore simbolico dell’oggetto artistico. Per questo motivo, nonostante le risorse economiche che ebbe a disposizione soprattutto dopo il 1550, nonostante i contatti con i maggiori artisti del suo tempo che gli permisero di entrare in possesso di alcune opere d’arte veramente «da collezionista», rinunciò volentieri al quadro di Tiziano per consolare la madre di Cosimo Gheri, ancora addolorata tanti anni dopo la perdita del proprio figlio. Per gli stessi motivi affidò al mediocre artista ligure Pellegrino Brocardo una decorazione in forma di pittura murale, destinata a rimanere nel luogo che sapeva di dover abbandonare, ma che scelse di caricare dei valori simbolici di un ideale ambiente letterario, nell’intento di creare una propria «Academia di antichi et moderni» che ebbe il suo vero significato solo in quel preciso momento del suo percorso biografico. I possibili quesiti relativi al paragone con Tiziano, che lo ritrasse sette anni prima, non si posero infatti nel corso della creazione degli affreschi: era il loro significato quello che indusse Beccadelli a giudicarli «cose stupende in tutta la Morlachia». Allo stesso modo, la sua collezione di opere d’arte (composta prevalentemente di ritratti) non ebbe carattere omogeneo per quanto riguarda la qualità artistica, perché non fu creata allo scopo di meravigliare. Il desiderio di accumulare cose preziose e belle non era infatti il fulcro della sua attenzione, nonostante i suoi stretti rapporti con i maggiori protagonisti degli avvenimenti artistici del Cinquecento che gli avrebbero facilmente consentito di indulgere in questa passione. Le conoscenze e i rapporti con Tiziano, Michelangelo, Jacopo Sansovino, Giulio Bonasone, Bartolomeo Triachini, Giovanni Angelo Montorsoli e Giovanni Vincenzo Casali sono purtroppo testimoniate da poche opere sopravvissute fino ai nostri giorni ; tuttavia, le notizie giunteci attraverso le fonti scritte permettono di annoverare Lodovico Beccadelli tra gli ammiratori d’arte piuttosto che tra i collezionisti appassionati. L’idea guida delle sue commissioni artistiche fu sempre quella di conservare la memoria, idea che si espresse chiaramente sia nelle fabbriche «rustiche, urbane e schiavone» sacre o profane, che nella concezione ancora umanistica delle gallerie di ritratti create negli stessi luoghi, a Bologna, Pradalbino e Ragusa.

Lodovico Beccadelli, Tiziano Vecellio, Michelangelo Buonarroti, Francesco della Volpaia, Pellegrino Brocardo, Giulio Bonasone, Bartolomeo Triachini, Giovanni Angelo Montorsoli

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engleski

Archbishop of Dubrovnik Lodovico Beccadelli: between Literature and Visual Arts

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Lodovico Beccadelli, Tiziano Vecellio, Michelangelo Buonarroti, Francesco della Volpaia, Pellegrino Brocardo, Giulio Bonasone, Bartolomeo Triachini, Giovanni Angelo Montorsoli

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Podaci o izdanju

Zagreb : Dubrovnik: Zavod za povijesne znanosti Hrvatske akademije znanosti i umjetnosti u Dubrovniku

2021.

978-953-347-274-4

592

Studies in the history of Dubrovnik;

objavljeno

Povezanost rada

Povijest umjetnosti